Cultura

La leggerezza delle citazioni su Facebook: il caso Voltaire

Salomone del Nord: un filosofo diventa re, oh, il nostro secolo senza dubbio lo desiderava ma quasi non osava sperarlo. Il mio principe è degno di governare gli uomini: egli sa illuminarli”. Voltaire su Federico il Grande, re di Prussia.

Gli utenti di Facebook condividono post che contengono citazioni di grandi intellettuali e di filosofi. Queste frasi colpiscono e diventano virali sul web. Spesso si tratta di false attribuzioni. In altri casi, gli utenti postano in modo ossessivo frasi di grandi intellettuali senza però esercitare un serio approfondimento sul contesto in cui furono pronunciate.

Alcuni anni fa, ad esempio, è diventata virale la citazione di un discorso di Oliver Cromwell contro il Parlamento: “In nome di Dio, andatevene! Voi siete una banda faziosa, nemica di ogni buon governo, una massa di scellerati mercenari che, al pari di Esaù, vorrebbe vendere la propria nazione per un piatto di minestra, e come, Giuda, tradire il proprio Dio per una manciata di denari. È rimasta ancora una sola virtù tra di voi? Non avete più religione del mio cavallo, l’oro è il vostro Dio. Chi di voi ha barattato la propria coscienza per denaro? V’è qualcuno tra voi che il nutra il minimo interesse per il bene della Repubblica?” Molti utenti lo hanno condiviso quasi a sbeffeggiare la nostra classe politica e il Parlamento. Purtroppo solo pochissimi hanno fatto attenzione alla data del discorso riportata nel post: il 1653. Quelle frasi facevano parte di un discorso pronunciato da Cronwell quando era Lord Protettore. In quel momento, era in corso la prima guerra anglo-olandese (1652-1654) ed in atto uno scontro tra Cromwell che esercitava un potere quasi dittatoriale e il Parlamento inglese che cercava di mantenere il suo prestigio e la sua autonomia. Proprio nel 1653, Oliver Cromwell sciolse il parlamento inglese. Nella prima parte della sua vita era stato un difensore delle prerogative del Parlamento e si era fatto sostenere dai gruppi più popolari e radicali. nella seconda parte della sua vita, assunse atteggiamenti dittatoriali, si schierò contro le richieste dei gruppi più radicali e ingaggiò un durissimo scontro con il Parlamento. È evidente che gli utenti, non facendo attenzione alla data del discorso, non hanno contestualizzato quelle parole e hanno dato un’interpretazione errata.

Di recente è comparsa su Facebook una citazione di Voltaire: “La politica è la azione di persone senza morale su persone senza memoria”. Non so dire se tale citazione sia effettivamente di Voltaire, né so indicare da quale opera sia tratta. Viene usata da molti per esprimere il proprio pessimismo politico, il disprezzo per i governanti e soprattutto per il popolo che vota determinati politici. Il nome di Voltaire è usato per dare forza al concetto, perché quella frase “l’ha detta un grande filosofo”.

Spesso capita che politici senza morale governino cittadini o sudditi senza memoria. Ma basta solo questo per dire che Voltaire ha ragione? Assolutamente no.

Se contestualizziamo la massima di Voltaire, possiamo compiere alcune riflessioni molto interessanti.

Voltaire fu un grande scrittore e divulgatore e spesso subì la persecuzione da parte del governo francese per i suoi scritti e per le sue idee. È considerato il padre della tolleranza. Fu uno degli enciclopedisti più importanti. Fu in contatto epistolare con quasi tutti i regnati dell’epoca e fu al servizio di re Luigi XV e di Federico I di Prussia. È considerato uno dei padri della Rivoluzione francese e della Rivoluzione Americana. Le sue spoglie sono state traslate al Pantheon di Parigi, santuario laico della Rivoluzione francese.

Nonostante i suoi grandissimi meriti, molti però dimenticano che Voltaire ha alcuni tratti meno nobili e comunque controversi. Com’è noto, l’Enciclopedia fu finanziata dall’ateo barone d’Holbach e fu condannata dalla Chiesa Cattolica. Va però ricordato che, a causa di questi continui attacchi, molti dei suoi compilatori abbandonarono l’impresa che fu condotta quasi in solitaria da Diderot con i finanziamenti del già citato barone d’Holbach. Potremmo dire che solo i due atei continuarono tenacemente il progetto, mentre i deisti man mano si fecero da parte.

Come tutti i principali illuministi della sua epoca e molti filosofi di epoche precedenti, Voltaire collaborò con alcuni regnanti dell’epoca. Questa particolare fase storica è denominata dispotismo illuminato, locuzione introdotta nel XIX secolo dallo storico Wilhelm Roscher. Durante il XVIII secolo, i monarchi si circondavano di illuministi famosi e cercavano di realizzare le loro proposte di riforma nell’agricoltura, nell’industria, nell’amministrazione e nella finanza pubblica. Il dispotismo illuminato è spesso sintetizzato nella frase: “Tutto per il popolo, niente attraverso il popolo”.

Il principale esponente di questo modello politico fu Federico il Grande di Prussia. Era un grande ammiratore della cultura francese e ammirava gli Enciclopedisti. Nutriva una profonda ammirazione per Voltaire, che si recò a Berlino una prima volta nel 1740 e ricambiò gli apprezzamenti con queste parole: “Salomone del Nord: un filosofo diventa re, oh, il nostro secolo senza dubbio lo desiderava ma quasi non osava sperarlo. Il mio principe è degno di governare gli uomini: egli sa illuminarli” (Schieder, Federico il Grande,pag. 108). Federico era molto colto e in una sua pubblicazione intitolata Anti-Machiavelli, a parole, prometteva di agire secondo la Ragione e la Giustizia e quindi in modo opposto al Principe di Niccolò Machiavelli.

 “In poche altre occasioni la dicotomia del carattere di Federico emerse in modo tanto stridente come in quei giorni.”. Mentre Voltaire lo elogiava nelle sue Odi, “i più intelligenti tra diplomatici che osservavano da vicino il principe ereditario avevano intuito da tempo che da Federico non bisognava aspettarsi soltanto la promozione delle arti, bensì il vero oggetto dei suoi sogni era la gloria militare.” (p. 109). Il re riteneva che la Prussia non avesse coesione interna e che fosse necessario intraprendere una politica militare espansionistica. Senza di questo, il regno sarebbe stato destinato alla subalternità e alla dissoluzione. Già nel 1737, un diplomatico scriveva che l’unico desiderio del sovrano era quello di avviare una grande Guerra. Ciò avvenne con la conquista della Slesia.

Federico, nonostante tutto, ammirava Voltaire a tal punto che lo chiamò presso il suo regno e lo nominò suo ciambellano. Per un certo periodo (1749-1752) Voltaire cercò di applicare le proprie idee attraverso il re, ma ben presto i due litigarono. Il re fece addirittura arrestare il filosofo che riuscì ad espatriare.

Per tutta la vita, il filosofo francese cercò di convincere i regnanti dell’epoca della bontà delle sue idee, ma con scarso successo. Era convinto che quella del dispotismo illuminato fosse l’unica strada per riformare lo stato. Non credeva nella democrazia, era molto sospettoso verso le forme repubblicane, dava per scontato che nel mondo fossero inevitabili le disuguaglianze economiche. Sebbene fosse contrario alla guerra, sbeffeggiava il Progetto per la pace perpetua in cui l’Abate Saint-Pierre proponeva la creazione di un’organizzazione internazionale per mantenere la pace.

Come leggere la frase i Voltaire? È l’ammissione della sconfitta del dispotismo illuminato? Assolutamente no. Voltaire e quasi tutti gli altri illuministi non conoscevano altre strade per proporre e realizzare riforme. Era un’ammissione di pessimismo politico? Un atteggiamento del genere sarebbe tipico di Thomas Hobbes che nel Leviathan citava la frase “homo homini lupus”.

A distanza di tre secoli, possiamo affermare che Federico di Prussia più che un despota illuminato fu soprattutto uno spietato despota guerrafondaio. Sicuramente è vero che attuò numerose riforme, ma è anche assolutamente vero che Federico il Grande è il fondatore del militarismo prussiano da cui discende il militarismo tedesco che unito al nazionalismo del XX secolo è stato causa di ben due guerre mondiali. Tra gli ammiratori di Federico il Grande, c’era anche Adolf Hitler che pensava di realizzare la grande Germania verso Est e cercò di realizzare questo progetto con l’invasione dell’Unione Sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale.

Nel trattato intitolato La guerra di von Clausewitz, Federico è annoverato tra i più grandi condottieri della storia, un genio della strategia e della tattica.

Già solo questo dovrebbe mettere in guardia tutti rispetto a tutti quegli intellettuali che parlano di dispotismo illuminato, governo dei migliori, governo illuminato, uomo della provvidenza, genio politico, condottiero. Spesso gli intellettuali si lasciano abbindolare da certi politici. Altre volte, invece, cercano di ottenere privilegi e posti di prestigio divenendo i più servili mercenari di politici assassini e/o di dittatori. Allo stesso tempo, i despoti amano spesso circondarsi di intellettuali alla moda per due motivi: 1) per non sembrare troppo despoti e nascondere assassini e massacri; 2) per comprare l’appoggio degli intellettuali in modo da accreditarsi presso i benpensanti e ricoprire la corazza insanguinata di una vernice di vaga idealità. I despoti spesso cercano di nascondere il loro machiavellismo e di sembrare illuminati o addirittura illuministi.

Le complesse vicende di Voltaire con Federico di Prussia e quelle di altri illuministi con altri regnanti dimostrano la debolezza del dispotismo illuminato. Nonostante tutte le importanti riforme realizzate in tutta Europa con l’influenza degli Illuministi, nel 1789 scoppiò la Rivoluzione francese che spazzò via l’Ancien Regime e portò anche alla decapitazione di re Luigi XVI. Le rivendicazioni popolari portate avanti dai Giacobini furono represse con la reazione termidoriana a cui seguì il colpo di Stato di Napoleone. È sicuramente vero che questo monarca incarnò e diffuse gli ideali dell’Illuminismo, ma è vero che trasformò la Repubblica in un Impero in cui l’imperatore si atteggiava come Cesare, Carlo Magno, Alessandro e un po’ da despota illuminato. A Napoleone va il merito di avere realizzato il Codice civile e il Codice Penale, ma è anche vero che nella sua esperienza politica sono presenti quasi tutti gli elementi dei dittatori e dei caudillos del XIX e del XX secolo. Sicuramente Voltaire non avrebbe approvato le elezioni né la restaurazione del potere della Chiesa Cattolica in Francia dopo l’ondata di scristianizzazione di giacobini. Man mano, Voltaire e Rousseau furono santificati e sepolti nel Pantheon di Parigi, santuario laico della Rivoluzione francese. Quasi sicuramente Rousseau si sarebbe rifiutato di riposare accanto a Voltaire e quest’ultimo non avrebbe certo gradito la presenza di Marat. Ma siccome massoneria e intellettuali hanno mitizzato questi personaggi, il Pantheon è il luogo di questa santificazione.

Durante il XX secolo, il Presidente Wilson e i vincitori della Prima Guerra Mondiale hanno fondato la Società delle Nazioni traendo ispirazione dal Progetto per la pace perpetua dell’Abate Saint-Pierre e dal saggio intitolato Sulla pace perpetua. Un progetto filosofico di Immanuel Kant. Voltaire conosceva l’opera dell’Abate Saint-Pierre e la rifiutò in modo categorico in un suo breve scritto. Riteneva che un tale progetto fosse assolutamente irrealizzabile. Era convinto che per evitare le guerre fosse più efficace diffondere la cultura, il cosmopolitismo e soprattutto la tolleranza.

Anche Wilson fu presentato e ammirato per un certo periodo come re-filosofo… Sicuramente quasi tutti lo ritenevano l’erede della tradizione dell’Illuminismo, della Rivoluzione francese e della Rivoluzione americana. Eppure, Voltaire è molto lontano dal progetto della pace perpetua, dalla democrazia e dal repubblicanesimo. Disprezzava il popolo in fondo… In molte sue frasi emerge un’amarezza profonda nei confronti dell’umanità. A parole, credeva nella Ragione e nel potere della filosofia, nei fatti detestava il popolo, preferiva circondarsi di nobili e farsi accreditare presso monarchi assoluti solo perché si professavano suoi ammiratori. Il filosofo della tolleranza amava alquanto essere sempre sotto i riflettori e detestava anche il successo di altri illuministi. Probabilmente molti suoi critici e nemici non vedevano tanto il genio filosofico quanto la presunzione di un individuo estremamente colto ma molto egocentrico e narciso. Qualcuno avrebbe potuto considerarlo come un ingrato che dopo avere ricevuto incarichi e soldi dal re sputava nel piatto in cui aveva mangiato.

La vita di Voltaire è un caso emblematico dei controversi rapporti tra filosofi e potenti. Facile disprezzare i politici senza morale e i popoli senza memoria… Gli intellettuali dovrebbero fare spesso un esame di coscienza sulle azioni e sulle omissioni da loro compiute a tutte le latitudini del globo.  In vita molti intellettuali ne hanno combinate di tutti i colori, da morti spesso i loro corpi sono serviti da giustificare veri e propri santuari laici come il Pantheon di Parigi.

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