La leggenda immortale di Federico II di Svevia
La straordinarietà di Federico II di Svevia, detto Stupor mundi, nel corso del tempo lo ha reso un personaggio leggendario al di sopra della stessa realtà.
Celebre per il suo intelletto e per la sua lungimiranza fu venerato da molti ma anche osteggiato e definito l’Anticristo da chi lo temeva, per questo quando morì, la sua morte fu circondata da un alone di mistero che inevitabilmente diede vita a numerose leggende non solo sulla sua vita ma soprattutto sulla sua morte.
Si narra che al momento in cui spirò, l’intera Puglia fu scossa da terremoti e tempeste furiose che scurirono il cielo e flagellarono tutto il territorio.
E che le stesse Sibille cominciarono a urlare a gran voce il suo nome, predicendo che Federico, dopo essere disceso agli Inferi, sarebbe ritornato trionfante alla fine dei tempi.
Ma soprattutto si cominciò a diffondere la voce, sempre più accolta come verità, che la sua morte non era stata un evento casuale, ma gli era stata preannunciata dall’ astrologo di corte, Michele Scoto.
Questo gli aveva predetto la morte “Sub fiore”: sarebbe morto se si fosse trovato in una città il cui nome conteneva la parola Fiore e vicino a una porta di ferro. Per questo si narra che il sovrano da quel momento si sia tenuto lontano da Florentia, l’antica Firenze, e da qualsiasi altra città il cui nome potesse essere collegato a un fiore.
Però al destino nessuno sfugge. Nemmeno un grande Imperatore come Federico II.
Durante una battuta di caccia, ebbe un attacco di dissenteria per cui venne portato nel piccolo comune di Fiorentino, molto più vicino della reggia di Foggia, e posto a riposo, nella sua residenza imperiale più prossima, su un letto dal quale, agonizzante, poteva vedere una porta di ferro che confinava con la parete di una torre. L’imperatore ricordando la profezia, capì che era giunta la sua ora e chiese di fare testamento.
Federico II era così amato che in molti non accettarono la sua mancanza e in tanti affermarono con sicurezza di aver visto il suo spirito aggirarsi per l’amata terra come se volesse continuare a proteggerla in eterno.
Ma molti altri, non volendo credere alla sua morte, alimentarono tantissime leggende sulla sua immortalità.
Soprattutto dopo che fu riportata alla luce l’oscura predizione di un’antica veggente: la Sibilla Eritrea, la quale aveva profetizzato con queste precise parole “Vivit, non vivit”: vive, non vive. Una profezia che rivelava come Federico sarebbe e non sarebbe vissuto, cioè avrebbe continuato a vivere oltre la morte.
Così si iniziò a credere che l’Imperatore fosse riuscito a ingannare veramente la morte, inscenandola e poi svanendo grazie all’aiuto del leggendario anello di Prete Giovanni, altra figura mitica.
Oppure che l’Imperatore si era nascosto proprio qui in Sicilia, al centro del cratere dell’Etna . Del resto essa era sempre stata considerata come una porta dell’inferno che l’Imperatore, poiché era morto scomunicato, avrebbe potuto attraversare con molta probabilità.
Ed è proprio qui alle falde dell’Etna, che un mendicante siciliano, Giovanni de Coclearia, dieci anni dopo la morte di Federico, si presentò al mondo come il vero Imperatore, approfittando dei numerosi casi di impostori che si spacciavano in ogni parte d’Italia, come tali.
Si narra che era un semplice contadino, di animo buono e per questo rispettato da tutti.
Un giorno, mentre lavorava nei campi, trovò una piccola chiave d’oro a terra e, la notte in un sogno, una voce angelica gli rivelò che la chiave apriva un tesoro nascosto in una grotta segreta sull’Etna.
Giovanni, cercò la grotta e quando la trovò, con la chiave aprì una porta nascosta e vi trovò un grande specchio. Riflettendosi capì che era lui Federico II e che aveva perso la memoria.
In effetti somigliava moltissimo all’Imperatore, tranne che per la lunghissima barba.
Così alcuni seguaci dell’Imperatore andarono a trovarlo e gli credettero.
Giovanni raccontò di essere scomparso per così tanto tempo per compiere un pellegrinaggio per purificarsi dai suoi peccati, e che per nove anni aveva così tanto sofferto ed espiato che aveva dimenticato chi fosse, ma lo specchio fatato glielo aveva ricordato.
Il popolo, felice di aver ritrovato il suo amato Imperatore, lo acclamò con entusiasmo. Anche il papa Urbano IV, fece finta di credergli ma solo per sfruttarlo nella sua guerra contro Manfredi, il figlio di Federico.
Però questi, sostenuto dalla moglie Bianca, lo vide come una minaccia al suo potere, per cui lo invitò a cenare con lui al castello Ursino, ma quando Giovanni arrivò, lo fece catturare e lo fece impiccare immediatamente insieme a dodici dei suoi seguaci, sui pali che aveva fatto porre davanti al piazzale antistante.
Giovanni fu ucciso, ma con lui non morirono le numerose leggende su Federico II alimentate dal desiderio di vederlo ancora vivo.
Si diffusero soprattutto in Germania in cui si diceva sarebbe ricomparso per riformare la Chiesa e instaurare un’epoca di giustizia e di prosperità. Infervorati da queste dicerie, i sosia si moltiplicarono a dismisura.
In seguito ne saltò fuori un altro in Renania, Dietrich Holzschulh.
Questi, mangiava con stoviglie d’oro, aveva una sua corte personale e inviava agli altri regnanti lettere bollate.
Anche se era molto giovane, Federico avrebbe dovuto avere circa 90 anni, una delegazione di alcuni Comuni lombardi andò a trovarlo e i cittadini lo acclamarono, però anche lui fu arrestato, accusato di stregoneria e eresia e arso vivo.
Anche in Olanda spuntò un altro falso Federico ma anche lui fu impiccato.
Però nonostante nessuno di questi falsi “Federici” sia sopravvissuto, il mito dello Stupor mundi sopravvisse intatto per duecento anni ancora.
Tra il XIV e il XVI secolo, altre profezie e leggende continuarono a raccontare del tanto atteso ritorno dell’Imperatore che non era mai morto ma che viveva ancora.
Leggende che hanno continuato ad alimentare il mito della montagna come luogo sacro e come rifugio di eroi, non solo in Germania ma anche qui in Sicilia nel nostro vulcano Etna, all’interno del quale secondo le credenze popolari oltre a Federico II, si sarebbe nascosto anche Re Artù.