“La Gioconda” di Ponchielli: il melodramma restituito alla memoria
È in scena al Bellini, a conclusione della Stagione 2023/24, l’opera lirica di Aristide Ponchielli con libretto di Arrigo Boito: “La Gioconda”. Musica di Amilcare Ponchielli. Libretto di Arrigo Boito. Personaggi e interpreti. La Gioconda: Anna Pirozzi/Francesca Tiburzi; Laura Adorno: Anastasia Boldyreva/Chiara Mogini; Alvise Badoero: George Andguladze/Christian Saitta; La Cieca: Agostina Smimmero/Kamelia Kader; Enzo Grimaldo: Ivan Momirov/Otar Jorijkia; Bernaba: Franco Vassallo/Anooshah Golesorkhi; Zuane: Ettore Lee; Un cantore: Giovanni Palminteri; Isèpo: Nicola Pamio; Un pilota: Ettore Lee; Un barnabotto: Giovanni Palminteri.
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini. Direttore: Fabrizio Maria Carminati. Maestro del coro: Luigi Petrozziello. Regia e scene: Francesco Esposito. Costumi: Francesco Esposito e Giovanna Adelaide Giorgianni. Luci: Antonio Alario. Corpo di ballo: AltraDanza. Coreografie: Domenico Iannone. Coro di voci bianche: “InCanto”. Maestra del coro di voci bianche: Alessandra Lussi. Direttore degli allestimenti scenici: Arcangelo Mazza. Assistente alla regia: Elena Gaiani. Allestimento del Teatro Massimo Bellini.
Sopratitoli in italiano e in inglese a cura di Prescott Studio, Firenze, con Inserra Chair (Montclair State University) e ICAMus, USA.
Gran finale di stagione per il cartellone di Opere e Balletti 2024 del Teatro Massimo Bellini di Catania con uno spettacolo eccezionale, molto applaudito, che unisce la bellezza musicale alla profondità drammatica, trasportando la folta platea nella Repubblica di Venezia, una struttura di tipo comunale ( Stato da mar, Stato da terra e Dogado ) evolutasi nel tempo verso forme signorili, non in senso dinastico bensì nell’oligarchica di poche persone, non nobili di spada ma ricchissimi mercanti, che si si autoproclamavano: i nobili veneziani del Maggior Consiglio con il diritto/dovere di governare.
Dopo i fasti raggiunti nel Cinquecento Venezia avrebbe risentito della crisi europea del Seicento. A rendere ancora più tetra, misteriosa e inquieta la Serenissima nel XVII secolo, l’epoca in cui è ambientata La Gioconda, era un secondo potere occulto: il Tribunale della Santa Inquisizione contro la ‘eretica pravità’ aperto a Venezia, con non poche opposizioni, nl 1547 (e abolito poi nel 1797) che proprio nel Seicento si occupò, per il 50% dei processi, di stregoneria (accusa proditoriamente lanciata contro la Cieca).
In tale contesto si svolge l’azione del melodramma in scena nel nostro ‘Bellini’ musicato da Amilcare Ponchielli.
Nato nel cremonese in pieno clima risorgimentale, Ponchielli (1834-1886) visse in quel periodo turbinoso tra rivoluzioni e prime avvisaglie della ‘belle époque’ in cui l’Italia raggiunta l’unita stentava a ridefinirsi politicamente e culturalmente.
Sono anni di grandi sconvolgimenti politici e, sotto la spinta del positivismo, di conquiste in campo scientifico e tecnologico.
Nelle arti e in particolare in letteratura, pittura e musica, dopo il romanticismo si sarebbero sviluppate nuove correnti come il realismo, il naturalismo, il verismo e nel “fin de siècle”: simbolismo, decadentismo ed estetismo.
Anche se la scuola verista batteva alla porta, Ponchielli, esponente della “giovane scuola”, rimaneva fedele alla musica tradizionale melodica, ancora piena degli echi verdiani, sottolineando il dramma umano dei personaggi.
Negli anni ’50-’60, tra molte incertezze, qualche insuccesso e tanta amarezza il giovane musicista iniziava i suoi primi esperimenti teatrali (‘I promessi sposi’, ‘La Savoiarda’,‘Roderico Re dei Goti’) finché con ‘I promessi sposi’, revisionato da Emilio Praga, raggiunse il successo nel 1872 iniziando un felice rapporto professionale con l’editore Ricordi.
Nel 1876 debuttò alla Scala con grande successo la ‘Gioconda’, lo spettacolo in scena in questi giorni al ‘Bellini’, su libretto di ‘Tobia Gorrio, pseudonimo di Arrigo Boito (1842 -1918), uno dei maggiori esponenti della Scapigliatura, musicista e poeta, amico di Emilio Praga, di Verdi e Rossini, amante della Duse, senatore del Regno.
L’opera è tratta dal dramma “Angelo, tyran de Padoue” di Victor Hugo, una storia di amore, gelosia e sacrificio, in un contesto politico /sociale legato alle tensioni dell’epoca.
Dopo il matrimonio con la cantante Teresina Brambilla, Ponchielli si trasferiva a Milano, riprendendo con lena la sua attività nonostante le frequenti pause dovute alle ricorrenti crisi depressive.
La cattedra di composizione che ricoprì presso il Conservatorio di Milano lo avrebbe messo in contatto con allievi destinati a lasciare la loro impronta anche ne secolo successivo come, tra gli altri, Puccini e Mascagni.
Da primo compositore d’Italia tuttavia Ponchielli fu ben presto scalzato dall’avvento dell’opera verista e marginalizzato.
Unica opera a resistere in repertorio fu proprio ‘La Gioconda’, grazie all’ininterrotto favore del pubblico.
Nel gennaio del 1886, a soli 51 anni, il nostro compositore cessava di vivere.
La sua rivalutazione, dopo anni di critiche e oblio è iniziata da qualche decennio e il maestro Carminati, che ha proposto l’opera in cartellone è tra i suoi ‘laudatores’.
Fabrizio Maria Carminati dichiara nell’intervista rilasciata a Sikelian Il suo amore, condiviso dal pubblico, per quest’opera difficile e complessa da ogni punto di vista condotta da un quintetto di cantanti di alto valore, “un cast eccezionale”.
Sulla scena la bella e brava cantante Gioconda è innamorata di Enzo Grimaldo, nobile in esilio, a sua volta però segretamente innamorato di Laura che lo ricambia (“L’amo come il fulgor del creato”), moglie dell’inquisitore Alvise Badoero. Scoperto il tradimento questi medita di ucciderla, istigato dal suo corrotto ‘consigliere’ Barnaba che desidera, non ricambiato, Gioconda. Lo sposo tradito rimugina la vendetta ottenuta con qualunque mezzo (“Ecco il velen di Laura…”).
Attraverso una serie di colpi di scena tra chiese, prigioni, veleni, avventure di mare (“Cielo e mar”), ma anche cori e gioiose danze (“La danza delle ore”), il dramma giunge al suo culmine: Gioconda, consapevole della sua delusione amorosa e convinta che la cieca madre sia spirata sotto le torture dell’inquisizione sceglie la morte (“Suicidio!”) salvando generosamente la vita di Laura, la sua rivale.
Anche l’interprete principale, Anna Pirozzi, al suo debutto al ‘Bellini’, sembra contagiata dalla complessa personalità – donna profondamente umana “passionale e religiosa, forte e coraggiosa” – di Gioconda che non ha interpretato molte volte, e per lo più all’estero.
Si dichiara innamorata di questa “musica stupenda”, dell’acustica del teatro, entusiasta del maestro Carminati e del cast intero.
Un bel recupero, in conclusione, quello attuato dal teatro Massimo ‘Bellini’.
“Un’occasione unica per questo titolo -ha con noi commentato lo storico della musica Marco Terga – fondamentale ma non frequente… che si pone tra due epoche…tra Verdi e Puccini”
Uno spettacolo gradevole, scorrevole e vivo, con una scenografia curata sin nei minimi particolari, con orchestra, coro e corpo di ballo di gran livello.
L’intensità drammatica del testo che si fonde con la melodia lirica, esprimendo a tutto tondo le emozioni e i conflitti interiori dei personaggi, ha incantato il folto pubblico che ha risposto con lunghissimi applausi anche a scena aperta.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi