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La federazione europea secondo Luigi Einaudi

Colmare il vuoto ideale dell’Europa con l’azione operosa verso la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa.

La forza delle idee è ancora oggi la forza che alla lunga guida il mondo”.

L. Einaudi

Luigi Einaudi (1874-1961) pronunciò nella giornata del 29 luglio 1947 un importante discorso all’Assemblea Costituente sulla ratifica del trattato di pace. Nella parte introduttiva manifestava di riallacciarsi ad un discorso tenuto in precedenza da Benedetto Croce e di volgere la sua attenzione verso il futuro. Il passato era noto e terribile a tutti: l’Europa era da secoli divisa in stati e staterelli in cui si avvicendavano i tentativi egemonici dei re o le azioni seminatrici di discordie da parte dell’impero britannico. A questa Europa politicamente divisa, il futuro presidente della Repubblica opponeva l’unità ideale dell’Europa definita da Dante, Kant e Mazzini.

Passava poi a fare un breve excursus degli eventi che avevano portato alla Prima e alla Seconda Guerra Mondiale. In particolare, compiva un’analisi dell’azione della Società delle Nazioni che era miseramente crollata con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.  Secondo la sua opinione, questa organizzazione internazionale era fallita perché aveva una struttura confederale che lasciava pressocché intatta la sovranità degli stati membri: “…la Società delle Nazioni nasceva colpita a morte irrimediabilmente dallo stesso vizio capitale che aveva tolto valore alla Lega anfizionica greca, al Sacro Romano Impero ed alla Santa Alleanza: Il vizio era chiaro: La Società delle Nazioni era una lega di stati indipendenti ognuno dei quali serbava intatti un esercito proprio, un regime doganale autonomo ed una rappresentanza sovrana sia presso gli altri stati sia presso la lega medesima. Era facile prevedere, come a me accadde di prevedere nel 1917, quando la Società delle Nazioni era un mero proposito di Wilson, e quando in Italia il più rumoroso promotore della sua fondazione era colui che, divenuto poscia dittatore, tanto operò per distruggere la costituita società; era facile, dico, prevedere che essa era nata morta. L’esperienza storica tante volte ripetuta dimostra che le mere società di nazioni, le federazioni di stati sovrani sono impotenti ad impedire, anzi per lo più sono fomentatrici di guerre tra gli stessi stati sovrani federati; e presto diventano consessi vaniloquenti, alla cui ombra si tramano e si preparano guerre e si compiono manovre necessarie ad addormentare il nemico ed a meglio opprimerlo”.

Sosteneva che le ragioni scatenanti le due Guerre Mondiali non erano di natura economica. La causa dei conflitti era nel mito della sovranità assoluta degli stati: “Questo mito funesto è il vero generatore delle guerre; desso arma gli stati per la conquista dello spazio vitale; desso pronuncia la scomunica contro gli emigranti dei paesi poveri; desso crea le barriere doganali e, impoverendo i popoli, li spinge ad immaginare che, ritornando all’economia predatoria dei selvaggi essi possano conquistare ricchezza e potenza.

Nel XIX secolo la tesi della sovranità assoluta gli stati era stata portata alle estreme conseguenze da Heinrich von Treitschke (1834-1896), un filosofo tedesco ultranazionalista che sosteneva che lo stato è sovrano perché “signore della guerra”.

A causa della presenza di tali intendimenti e tesi, a Einaudi la storia dell’Europa si mostrava come una grande guerra civile, null’altro che guerre di religione. Con tono mistico simile a Mazzini, considerava la guerra contro Hitler una lotta tra Dio e Satana, tra il Bene e il Male: “All’Attila redivivo [Hitler] il metodo della forza non riuscì; chè gli europei erano troppo amanti di libertà per non tentare ogni via per resistere al brutale dominio della forza; e troppi popoli al mondo discendono dagli europei e serbano l’ideale cristiano del libero perfezionamento individuale e dell’elevazione autonoma di ogni uomo verso Dio per non sentire nell’animo profondo l’orrore verso chi alzava il grido inumano dell’ossequi verso ideali bestiali di razza, di sangue, di dominazione degli uomini eletti venuti su dalla terra generatrice di esseri autoctoni e della foresta primitiva.”.

E proclamava: “…diciamo alto che noi riusciremo a salvarci dalla terza guerra mondiale solo se noi impugneremo per la salvezza e l’unificazione dell’Europa invece della spada di Satana, la spada di Dio; e cioè, invece della idea della dominazione colla forza bruta, l’idea eterna della volontaria cooperazione per il bene comune. (…) Nella nuova era atomica, guerra vuol dire distruzione non forse della razza umana (…) ma certamente di quell’umanesimo per cui soltanto agli uomini è consentito essere al mondo.”.

Proponeva ai suoi interlocutori di imbracciare la Spada di Dio per volare più in alto e realizzare un nuovo primato spirituale dell’Italia nel mondo, che si incarnavano nella predicazione di Mazzini delle idee di fratellanza, di cooperazione, di libertà. Si opponeva esplicitamente al giolittismo e alla dittatura fascista.

Richiamava persino Machiavelli, che viene considerato come un fine esperto di dottrine politiche in grado di smascherare i falsi idoli del nazionalismo, della sovranità assoluta degli stati e del totalitarismo.

Proponeva in modo molto forte la creazione degli Stati Uniti d’Europa. Dalle sue parole traspare che egli dava per scontato l’unità culturale e politica dell’Europa e i fondamenti teorici e ideali del futuro Stato Europeo. Stimolava all’azione concreta e operosa per colmare il vuoto ideale in cui si era ridotta l’Europa.

Se noi non sapremo farci portatore di un ideale umano e moderno nell’Europa d’oggi, smarrita ed incerta sulla via da percorrere, noi siamo perduti e con noi è perduta l’Europa. Esiste, in questo nostro vecchio continente, un vuoto ideale spaventoso. Quella bomba atomica, di cui tanto paventiamo, vive purtroppo in ognuno di noi. Non della bomba atomica dobbiamo sovratutto aver timore, ma delle forze malvage le quali ne scatenarono l’uso. A questo scatenamento noi dobbiamo opporci e la sola via d’azione che si apre dinanzi è la predicazione della buona novella. Quale sia questa buona novella sappiamo: è l’ideai di libertò contro l’intolleranza, della cooperazione contro la forza bruta. L’ Europa che l’Italia auspica, per la cui attuazione essa deve lottare, non è un’Europa chiusa contro nessuno, è un’Europa aperta a tutti, un’Europa nella quale gli uomini possano liberamente far valere i loro contrastanti ideali e nella quale le maggioranze rispettino le minoranze e ne promuovano esse medesimi i fini…”.

Ribadiva che era necessario rinunciare a parte della sovranità nazionale per realizzare un Parlamento europeo composto di due Camere: una composta di deputati eletti in numero proporzionale alla popolazione dei vari stati europei ed un’altra in cui rappresentare gli stati. In tale modo, proponeva di incamminarsi immediatamente in un processo di unificazione di stampo federale.: “Questo è l’unico ideale per cui valga la pena di lavorare; l’unico ideale capace a salvare la vera indipendenza dei popoli, la quale non consiste nelle armi, nelle barriere doganali, nella limitazione dei sistemi ferroviari, fluviali, portuali, elettrici e simili al territorio nazionale, bensì nella scuola, nelle arti, nei costumi, nelle istituzioni culturali, in tutto ciò che dà vita allo spirito e da sì che ogni popolo sappia contribuire qualcosa alla vita spirituale degli altri popoli. Ma alla conquista di una ricca varietà di vite nazionali liberamenti operanti nel quadro della unificata vita europea, noi non arriveremo mai se qualcuno dei popoli europei non se ne faccia banditore.

Si domandava: “Utopia la nascita di un’Europa aperta a tutti i popoli decisi ad informare la propria condotta all’ideale? Forse è Utopia. Ma ormai la scelta è soltanto fra l’Utopia e la morte, fra l’Utopia e la legge della giungla.

Il discorso citato nell’articolo è reperibile in AA.VV., Federazione europea, La Nuova Italia, Firenze, 1948, 37-50.

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