La Cyber-guerra uccide persone reali
“La guerra è un atto di violenza il cui obiettivo è costringere l’avversario a eseguire la nostra volontà” scriveva il generale prussiano Clausewitz nel suo trattato Della Guerra (1832).
Affermazioni che purtroppo noi, “società del progresso” ( anche se non si capisce bene verso quale progresso stiamo camminando) non possiamo smentire ma solo rafforzare considerata la piega impietosa che abbiamo impresso sia al conflitto ucraino-russo come a quello tra Israele e Hamas.
In entrambi i casi, al di là delle ipocrisie di libertà e di democrazia ventilate a gran voce, l’unico e solo obiettivo è l’annullamento brutale dell’avversario.
Non bisognerebbe mai dimenticare, ma sembra che i governi lo abbiano già fatto senza alcuno scrupolo, che la politica dovrebbe prevenire la guerra perché quando si arriva a un conflitto armato, questo segna inevitabilmente il fallimento del suo compito primario: garantire la pace e il benessere in una reciproca cooperazione.
Invece la guerra esercita ancora oggi il suo fascino perverso e gli eventi in corso confermano che sempre più spesso viene considerata come il mezzo principale per risolvere le controversie tra stati.
La morte di civili indifesi è un numero anonimo di esseri umani sacrificabili.
Perché la guerra qualunque sia la maschera perbenista con cui la si voglia rivestire è:
“…l’impiego illimitato della forza bruta” ritornando agli scritti di Clausewitz.
Una forza bruta che oggi si percepisce di più nella sua capacità distruttiva poiché anche se gli Stati combattono con meno uomini sul campo, la portata dirompente delle moderne tecnologie digitali è palese a tutti nei suoi effetti deflagranti.
La Cyber-guerra è la nuova guerra, un conflitto tra tecnologie e strumenti governati dalla tanto contestata e temuta Intelligenza Artificiale che però uccide persone reali.
È infatti trapelata la notizia che Israele usa un sistema di AI per individuare, in modo il più esatto possibile, i suoi obiettivi da attaccare.
Un sistema di intelligenza artificiale che, beffardamente, è stato chiamato Habsora, che significa Vangelo (come sempre la religione fa da scudo alla morte).
Hasbora è un softwear all’avanguardia che analizza una enorme quantità di dati che però, spesso, sono viziati da stereotipi e da pregiudizi che conducono, nell’individuazione dei terroristi di Hamas, a scambiare per essi anche civili innocenti.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: l’uccisone indiscriminata di individui indifesi.
In sostanza non un uomo ma un dispositivo digitale ha il compito di distinguere gli obiettivi militari da quelli civili.
Un compito perfettamente accettato in ambito militare, lo sbaglio rientra nei rischi, la vita umana non è una priorità.
Ma eticamente e moralmente?
Una domanda più che legittima, ma che però passa in second’ordine di fronte agli evidenti successi militari ottenuti.
Una vittoria sul campo avversario compensa di gran lunga le morti causate!
Satelliti, sensori sul campo di battaglia, sistemi di softwear , droni e robot, sono le nuove armi da combattimento, presentate come stupefacenti innovazioni tecnologiche ma nessun organo di controllo si preoccupa che queste vengano utilizzate senza freni dai governi in quanto non sottoposte a nessuna limitazione normativa anche se generano molte più vittime di quelle uccise sotto i bombardamenti.
Non si ha alcun interesse politico e militare a sottolinearlo, però basti pensare che con questi strumenti è possibile alterare i sistemi di aeroporti e ospedali causando un numero enorme di vittime senza generare alcun tipo di violenza evidente come accade con un bombardamento ma questo non vuol dire che il risultato non sia egualmente catastrofico dal punto di vista di vite umane perse.
Questa cyber-guerra, questa nuova forma di guerra rischia di celare l’uccisione indiscriminata di esseri umani poiché non essendo percepibile nella sua immediatezza non è considerata tale dalle masse, illuse così di un danno di minore entità.
Ma la cyber guerra è sempre guerra e continua a essere moralmente ed eticamente disumana.
Una questione che non sconvolge minimamente gli attuali governi in guerra, interessati esclusivamente a condurre strategie di attacco sempre più digitali e sempre più letali.
In passato, i droni utilizzati dalla CIA tra il 2004 e il 2012 hanno ucciso più di 2400 civili in Pakistan.
E in questo momento Hasbora sta uccidendo in modo sommario migliaia di civili. Nonostante l’uso dei droni ponga il problema del rispetto dei confini geografici e della violazione della sovranità nazionale, in questi ultimi decenni sempre più stati hanno investito nella costruzione dei droni da utilizzare in ambito militare, sostenuti da aziende che hanno visto nella loro realizzazione una notevole fonte di profitto.
Gli interessi economici non hanno mai perso il podio nella piramide delle priorità umane!
E infatti iRobot produce sia Roomba 700 che pulisce i pavimenti sia iRobot 710 Warrior che elimina gli ordigni dei nostri nemici.
La stessa Samsung che tutti conosciamo come produttore di cellulari ed elettrodomestici, ha prodotto un robot: SGR-A1.
Un robot dotato di videocamera per riconoscere e distinguere gli esseri umani dagli animali o oggetti che è utilizzato per sorvegliare il confine tra Sud e Nord Corea e se necessario può autonomamente attivare un’arma da fuoco di cui è dotato.
Un robot che uccide esseri umani, un robot che uccide a distanza senza che qualcuno realmente prema il grilletto.
Un essere umano muore per mano di un dispositivo digitale, ma la sua morte a chi è imputabile?
La morte di migliaia di uomini, donne e bambini, per causa di un calcolo di AI, a chi è addebitabile?
Tutte domande a cui abbiamo il dovere di rispondere, ma che invece i governi eludono abilmente pur di dotarsi di sistemi sempre più perfetti e distruttivi in modo da continuare ad alimentare “la follia della guerra in cui ogni partecipante è matto sin dall’inizio” (Paolo Sorcinelli).