L'Opinione

L’Ageismo: se sei vecchio non vali più!

Nella nostra perenne e insensata corsa, tutti ci affanniamo senza sosta a essere parte del gigantesco parco divertimenti che è diventata la nostra società e facciamo di tutto pur di rimanerci aggrappati ma, sempre più frequentemente molti di noi vengono allontanati dai giochi e discriminati per motivi apparentemente importanti ma che in realtà rivelano il profondo vuoto morale che sta divorando le nostre esistenze. Ed è così che ipocritamente non si fa che gridare indignati e stracciarsi le vesti per ogni forma di discriminazione che relega in un angolo chi non è ritenuto degno, ma nella sostanza si continua imperterriti ad additare il presunto “diverso”.
L’occupazione primaria della nostra allegra comunità è discriminare con la leggerezza della imperante superficialità, però non solo sessismo e razzismo ci fanno sentire migliori degli altri ma anche l’Ageismo.
Che cosa? Si chiederanno in molti perché in effetti è una parola che non usiamo spesso ma che traduce un nostro costante atteggiamento discriminatorio nei confronti di chi è più anziano. Il termine fu coniato per la prima volta nel 1969 dal gerontologo Robert Neil Butler per indicare l’insieme dei pregiudizi, degli stereotipi e delle discriminazioni basati sull’età
Noi, illusi della nostra eterna giovinezza, escludiamo chi non rientra più nei canoni imposti, chi non ha più niente da offrire secondo le fredde regole della produttività economica.
Basti ricordare gli anni della pandemia, quando non si faceva altro che ripetere, non nascondendo un certo sollievo, che il virus avrebbe colpito solo i “vecchi”, palesando in modo spudorato una evidente forma di discriminazione verso gli anziani, considerati individui in declino e pertanto sacrificabili.
La giovinezza è una condizione da nutrire e mantenere a ogni costo invece la vecchiaia è un marchio infamante da guardare con disprezzo. E i grandi megafoni dei mass media mostrano sempre uomini e donne giovani perché la giovinezza è l’unica caratteristica richiesta per essere apprezzati, mentre l’età avanzata priva l’individuo del proprio valore negandogli la sua stessa identità.
La perenne ostentazione della giovinezza si è così radicata tra le pieghe della nostra dorata società che si è trasformata in una vera ossessione che impedisce di vedere veramente gli anziani per quello che sono, degli individui ancora capaci di influire positivamente con il loro prezioso bagaglio di esperienza.
Come dimenticare il vecchio pescatore Santiago di Ernest Hemingway, simbolo dell’uomo che non si arrende di fronte alle difficoltà e che lotta fino alla fine. Un uomo anziano, dal corpo avvizzito ma che ancora, attraverso gli occhi, sprizza l’energia di un giovane e che, con la sua tenacia, esprime tutta la dignità del suo coraggio e assurge a esempio di vita per tutti, giovani e non. Santiago così come il vecchio Antonio, protagonista del libro “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” di Luis Sepulveda, sono uomini che nonostante l’età avanzata, sono ancora capaci di provare sentimenti forti e totalizzanti e di affrontare tematiche esistenziali, che, in realtà, tormentano tutti, indipendentemente dall’età. Allo stesso modo i nostri anziani, quelli che dispregiativamente chiamiamo “vecchi”, hanno ancora molto da dare e da insegnare a una generazione che ha perso di vista il punto di arrivo.
Perché la vecchiaia “non è una condizione da nascondere come fosse una vergogna. Se vissuta bene è una gran bella stagione della vita” così come affermato dalla novantenne Sandra Milo.
Come darle torto, la vecchiaia è sì l’ultima fase della vita, ma al tempo stesso porta a un arricchimento interiore che dona una consapevolezza maggiore della realtà che circonda e soprattutto di se stessi. Consapevolezza che traspare in modo potente negli scatti fotografici di Rosa Saito la quale, contro ogni canone estetico convenzionale, si è imposta come modella nonostante abbia superato i settant’anni e si è affermata nel mondo della moda non per la sua bellezza ma per la sua grinta e per la sua forte personalità.
Con il suo modo sicuro di mostrarsi ha affermato se stessa e ha segnato la rivalsa di tutte quelle donne che superati i sessanta anni vengono fatte sentire inutili da una società che si rifiuta di parlare di difetti o di decadimento, una società che ha stravolto le stesse leggi della natura e ha bloccato il corso dell’esistenza in una immagine plastificata e immutabile di bellezza irreale distante dall’essenza vera di ogni essere umano.
Questa marginalizzazione degli individui in base all’età si riflette in ogni ambito lavorativo dove si tende a preferire sempre un giovane rispetto a un uomo più maturo e questo porta a ritenere sempre più persone inabili e incapaci, da ghettizzare in modo negativo perché divenute solo un peso per la società.
Eppure giovinezza e vecchiaia non sono aspetti antitetici ma complementari di una stessa esistenza poiché solo da un confronto tra generazioni può nascere un percorso di avvicinamento e di arricchimento reciproco perché è dalla diversità che scaturisce un reale miglioramento dell’intera società.

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