Kaliningrad e le vie della pace perpetua di Immanuel Kant.
“…siamo qui riuniti per deliberare sulla pace o sulla guerra, le cose più importanti della vita umana e che comportano la necessità di ben decidere per ottenere buoni risultati… vedo che voi non prestate la vostra attenzione a tutti gli oratori allo stesso modo…, e non vi è nulla di strano nel vostro comportamento: prima addirittura cacciavate via chiunque non dicesse ciò che volevate sentirvi dire. (…) E così avete ottenuto il bel risultato che i retori usano tutta la loro esperienza e la loro cultura non per presentarvi contenuti utili alla città, ma solo per riuscire a compiacervi. Ed è proprio su queste ricerca di facile consenso che si è gettata la fumana dei bei parlatori, perché tutti si sono accorti, che voi godete di più a sentire chi vi compone esortazioni di guerra di chi vi dà buoni consigli per la pace”.
(Isocrate, Sulla pace)
La regione di Kaliningrad è un’exclave della Russia sul Baltico, confinante con la Polonia, la Lituania e la Bielorussia. È al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica mondiale dopo che la Lituania ha imposto il blocco al passaggio delle merci provenienti dalla Russia e Bielorussia verso questo territorio. La Russia ha protestato e vuole procedere al blocco dell’energia elettrica nei confronti della Lituania.
Kaliningrad è la città più importante di questo territorio russo sul Baltico che nel corso dei secoli è stato sotto controllo di vari stati: la Prussia, la Polonia, l’impero zarista e l’Impero di Germania. Ai tempi del regno di Prussia la città si chiamava Konigsberg e con questo nome è divenuta celebre perché la città in cui è nato, ha vissuto, ha insegnato ed è morto Immanuel Kant (1724-1804). In questa città, il grande filosofo tedesco ha scritto un breve saggio intitolato “Sulla pace perpetua. Un progetto filosofico”, in cui ha espresso le sue idee in merito alla realizzazione della pace attraverso la creazione di un’istituzione sovranazionale universale.
Il primo a lanciare un’idea simile era stato l’Abate Saint-Pierre nel Projet pour rendre la paix perpetuelle en Europe (1715), un libro che aveva ottenuto un grande successo in tutta Europa. L’Abate formulava un progetto diplomatico per l’istituzione di un’organizzazione internazionale per mantenere la pace in Europa, realizzare un libero mercato europeo e un’alleanza militare.
Anche Kant decise di prendere parte a questo dibattito ma con un approccio totalmente diverso. Il saggio kantiano propone un progetto filosofico molto più ampio e complesso di quello proposto dall’Abate Saint-Pierre. Il saggio Sulla pace perpetua è un grande manifesto del cosmopolitismo che il filosofo dimostra di avere assorbito sia a livello culturale che morale.
Nel saggio intitolato Idea per una storia universale in un intento cosmopolitico, il filosofo sostiene che la storia abbia un carattere progressivo e che tende ad un solo fine la realizzazione della pace perpetua ossia l’istituzione di una grande organizzazione internazionale universale con lo scopo di mantenere la pace.
Secondo Kant, questa grande organizzazione deve essere strutturata secondo tre articoli:
- La Costituzione civile di ogni stato deve essere repubblicana;
- Il diritto internazionale deve essere fondato su un federalismo di liberi Stati;
- Il diritto cosmopolitico dev’essere limitato alle condizioni dell’universale ospitalità.
Questi tre articoli hanno fatto sorgere un intenso dibattito interpretativo in quanto i termini giuridici utilizzati da Kant hanno un significato diverso nel diritto attuale. Ad esempio, la repubblica di Kant ha ben poco a che vedere con le repubbliche odierne fondate sulla democrazia, l’assenza di monarchi e nobiltà. Per Kant anche uno stato retto secondo i principi del dispotismo illuminato può essere repubblica. Egli nutriva una profonda diffidenza nei confronti della democrazia e dei repubblicani. Generalmente per “democrazia” nel XVIII secolo si intendeva la democrazia diretta, mentre nel linguaggio attuale è sinonimo di democrazia rappresentativa.
Altro punto che ha generato ampio dibattito è il secondo articolo in cui ricorre la locuzione “federalismo di liberi stati”. Nel saggio Kant mostra di conoscere la differenza tra confederazione e federazione perché era molto ben informato degli sviluppi normativi e costituzionali nelle Tredici colonie americane. Distingueva tra lega di popoli (Völkerbund) e repubblica universale. La prima è una confederazione in cui gli stati mantengono la loro sovranità e non è uno stato di popoli o uno stato mondiale. La seconda presuppone che gli stati rinuncino volontariamente al proprio potere e alla propria sovranità in favore di uno stato mondiale.
Nei Principi metafisici della dottrina del diritto: “Questa unione non presuppone però un potere sovrano (come in una costituzione civile), ma soltanto un’associazione (confederazione), unione che può essere disdetta in ogni tempo e che per conseguenza deve essere periodicamente rinnovata.”. E ancora: “Sotto il nome di congresso bisogna intendere qui soltanto una specie di riunione volontaria e in ogni tempo revocabile dei diversi stati, e non (come quella degli Stati Uniti) un’unione fondata sopra una costituzione pubblica e perciò indissolubile”.
Lo scopo della lega dei popoli è quello di bandire la diplomazia segreta, favorire il disarmo e di vietare che gli stati creino debito pubblico per finanziare la guerra. In tale contesto, l’uso della forza viene limitato in modo da non compromettere definitivamente la pace futura.
Gli uomini sono destinati secondo Kant ad essere separati in vari stati e a non mescolarsi, a causa della varietà delle lingue e delle religioni. Tuttavia, “con la crescita della cultura e con l’approssimarsi graduale degli esseri umani a una maggiore armonia nei princípi, all’accordo in una pace che non è creata con (l’uso della forza)” è auspicabile un riavvicinamento tra i popoli tramite la cultura, la morale e le istituzioni politiche. Nutriva un certo scetticismo nei confronti del commercio internazionale. In alcuni casi, riteneva che potesse essere un fattore di riavvicinamento tra gli stati, in altri, sosteneva apertamente che le tensioni economiche fossero la reale causa delle guerre.
Il saggio Sulla pace perpetua di Immanuel Kant è un testo fondamentale per comprendere il diritto internazionale. Tuttavia è un testo che ha creato molti contrasti interpretativi. Scuccimarra ha utilizzato la locuzione “labirinto kantiano” per sottolineare la difficoltà di interpretazione di quest’opera.
Il Presidente Woodrow Wilson, alla fine della Prima Guerra Mondiale diede attuazione pratica a questo progetto con la Società delle Nazioni. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il famoso giurista Hans Kelsen (1881-1976) scrisse in esilio negli Stati Uniti il saggio intitolato “La pace attraverso il diritto”, in cui riprendeva il discorso e riformulava nuovamente il progetto di pace perpetua di Kant alla luce del suo monismo giuridico e della tragica fine della Società delle Nazioni. Nella seconda parte del saggio, Kelsen affrontava in modo molto determinato problemi legati al diritto penale internazionale. Alla fine delle Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati fondarono l’ONU che è la più grande ed importante organizzazione internazionale presente nel mondo.
Il saggio di Kant ha generato un grandissimo dibattito anche negli ultimi vent’anni dopo il crollo del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Importanti intellettuali come Bobbio, Habermas e Rawls hanno parlato diffusamente del progetto per la pace perpetua di Kant in molte loro famose opere.
Per uno strano gioco della storia, il blocco del passaggio delle merci dalla Russia verso il baltico e l’exclave di Kanlingrad assumono un valore simbolico grandissimo. Kaliningrad, la vecchia Konigsberg è la città in cui Kant ha scritto “la pace perpetua”. Si pone veramente l’interrogativo a tutta l’umanità: procedere verso la pace perpetua o retrocedere ad una guerra mondiale o ad una guerra nucleare?