Intervista a Francesco Bavastrelli, “operaio dell’arte”
Un nuovo pittore emergente si affaccia sul panorama artistico messinese. Gli abbiamo ceduto la parola e, ai nostri microfoni, ha raccontato la sua arte e se stesso con scanzonata allegria e con l’ambizione di chi usa il talento per trasmettere anima, emozioni e arte a tutti – nessuno escluso – perché “l’arte è di tutti, indistintamente”.
Quando inizia ad approcciarsi all’arte? Ci racconti la sua genesi.
Si inizia sempre da piccoli, poi si lavora e si riprende da dove si è lasciato. Fino a che ho rispolverato questa passione, scoprendo che le mie opere piacevano. Ho allora iniziato a dipingere quadri per gli amici. È stato questo il mio approccio all’arte.
Quali sono gli stili pittorici che caratterizzano le sue opere?
Credo di non avere uno stile preconfezionato. Mi muovo in base alla giornata, seguo l’ispirazione. Mi lascio trascinare dalla voglia di esprimere ciò che ho in mente. Sono state tante le opere pittoriche che mi hanno influenzato, dall’astrattismo alla pop art, passando da forme d’arte molto esasperate, anche il dripping e il Burri, che usava molto il fuoco. Tutti spunti che mi hanno spinto ad intraprendere questa strada.
Lei ha fatto riferimento all’astrattismo. Di cosa si tratta? Glielo chiedo in qualità di tecnico, di addetto ai lavori.
Le darò una risposta stringata, ma comprensibile a tutti. Tengo molto ad arrivare a più persone possibili. Il termine deriva da “astrarre”, ossia levare la realtà dall’opera che si sta realizzando. Oggi, la produzione di questo genere di opere pittoriche e plastiche si basa su tre principi, che sono:
- la quantità del colore
- la posizione del colore
- il movimento.
Non ha paura di non essere compreso con le sue opere che spesso tagliano fuori la realtà?
Sempre. Chi è artista ha sempre chiaro questo concetto. Tuttavia, il rischio e il proporre opere innovative sono ciò che fa apprezzare l’artista. In fin dei conti, sono le opere che si pensa siano fuori dalle menti, quelle che poi colpiscono, proprio perché non rientrano in ciò che si vede normalmente.
Dove si rinviene l’unicità dei suoi lavori artistici?
L’astrattismo permette di usare il colore e la cosa più importante per l’artista è proprio il gioco di colori. Questo ha caratterizzato molto lʼespressione artistica, che differisce da quella degli altri artisti, i quali ripercorrono anche il dolore o i momenti bui della vita. Io se sto bene dipingo, se sto male faccio altro. La pittura è un modo per esprimere la gioia. I miei quadri hanno colori accesi e brillanti che esprimono il senso della vita.
Lei ama la spettacolarizzazione. Che significato ha per lei stupire il pubblico?
Non vado molto volentieri alle mostre degli altri, perché mi annoio, tranne che non si tratti di una esposizione particolarmente ispirante. Penso che, in qualsiasi parte d’Italia, la cultura debba essere spettacolare, anche la presentazione di un libro deve rappresentare un momento di spettacolo. Quindi, mi è nata l’esigenza di realizzare per la mia prima mostra personale un evento che lasciasse la gente contenta di vedere qualcosa che non aveva mai visto. Così è nato “Astrattamente”, una performance con una ballerina che con i colori ha creato una texture.
Lei è un fiume di idee. Sbaglio nel dire che il mondo dovrebbe risplendere di arte a cominciare dalla sua città?
L’arte, in qualche modo, dovrebbe migliorare l’animo delle persone, però in Italia aiuta molto anche a fare cassa o, forse, qui ancora manca un sistema rappresentativo dell’arte come forma di monetizzazione. Però, sta di fatto che l’originalità paga, Io vediamo con le varie installazioni che al Nord hanno portato 500 mila visitatori. A Milano, la riqualificazione urbana ha coinvolto grandi artisti. Qui, al Sud, siamo invece molto indietro anche se è doveroso menzionare Napoli, dove – nella via dei Quartieri Spagnoli – è nato un museo grandissimo e bello con una direttrice milanese. Il nostro, qui a Messina, è un modo troppo provinciale di esporre temi eppure abbiamo molte piazze, strade, angoli che andrebbero riqualificati. Con l’aiuto dei social diventa poi facile la divulgazione, basterebbe un semplice selfie per ottenere un grande ritorno d’immagine.
Quale crede sia l’utilità dell’arte?
L’arte ha sempre una funzione importante, di attrazione ma anche di unione tra l’utile e il bello. L’arte è di tutti, anche di chi non ha un titolo di studio. È a beneficio di tanti e fino a quando penseremo che è dei pochi scadremo di qualità. Quando si posiziona una installazione o si compie un intervento di riqualificazione urbana sono le masse a formare la folla di visitatori, non certo soltanto la gente ricca, o solo quella colta. Si è sempre voluto relegare l’arte nel contenitore della cultura. È, piuttosto, strettamente connessa al passaparola e alla Rete.
Dopo la sua prima personale del 24 aprile scorso, quali sono i suoi progetti?
Dopo la grande affluenza ricevuta e l’alto gradimento dei tanti visitatori sono assolutamente soddisfatto. Presto, a Messina, ritornerà “Notte d’arte” e piazze, palazzi istituzionali e luoghi storici della città saranno teatro delle più varie forme d’arte. Se decideranno di invitarmi, allora sarà questo il mio prossimo obiettivo. Sono sempre pronto a partecipare ad eventi d’arte!
“Nemo propheta in patria”. Crede che Messina le riconoscerà meriti?
Mi farebbe piacere dedicare qualcosa alla mia città. Chissà… Io sono qui e aspetto.