In scena a Sala Futura “Don Giovanni involontario” di Vitaliano Brancati

In scena a Sala Futura “Don Giovanni involontario” di Vitaliano Brancati. Adattamento e regia Angelo Tosto, scene e costumi Riccardo Cappello, light designer Gaetano La Mela. Con Filippo Brazzaventre, Nicola Costa, Anita Indigeno, Marta Limoli, Giovanni Rizzuti, Valerio Santi. Produzione Teatro Stabile di Catania
Il seducente pezzo di Vitaliano Brancati, attraversa le tappe esistenziali e amorose di un compulsivo collezionista di donne fino al nonsenso e alla nausea.
Francesco Musumeci, interpretato da Fabrizio Falco, è colto dall’autore in tre momenti della sua vita: a venticinque anni nel pieno della sua furia amorosa e ossessiva, a quarantacinque quando abbandona la sposina e a cinquantotto, sul letto di morte.
Come nel modello mozartiano e nel testo di Da Ponte il protagonista si confronta con il suo ‘Leporello’ interpretato da Rosario Zappulla.
In questo lavoro, intensamente onirico, Musumeci arriva alle soglie dell’aldilà per affrontare il processo finale di quest’uomo funestato da una vita erotica sterile, ossessionato dalla furia sequenziale di sedurre le donne per poi abbandonarle, riflesso di un maschilismo patriarcale, un maschio affetto da “gallismo”, più che altro da mostrare agli altri.
La pièce teatrale, antesignana dei capolavori dell’autore siciliano – Il Bell’Antonio e Paolo il caldo – censurata in epoca fascista, rispecchia le convenzioni e gli stereotipi più diffusi all’epoca: l’uomo è simbolo di un maschilismo cronico e ostinato, virile e ossessionato dalle corna, e la donna rappresenta un’ideale prosecuzione di quella civiltà matriarcale tipica del Sud.
Fabrizio Falco, tra noia, lascivia ed esasperazione, rende a pieno con rigore e senza sbavature il proprio personaggio.
Il regista che si dichiara quasi in simbiosi con Brancati, grande interprete dello spirito dei catanesi, ama rivivere quegli anni, tra il 1950 e il 1970, un’epoca lenta e bellissima, dice nella nostra intervista, riesce a rendere il trascorrere del tempo e di ‘quel tempo’, con tutte le emozioni “che ognuno si porterà dietro”.
“Sono assolutamente certo – afferma nelle sue note di regia- che particelle di Vitaliano Brancati o quanto meno dei suoi scritti, circolino liberamente da sempre all’interno di me, come sono certo che io e una vasta rappresentanza di miei concittadini, abbiamo fatto numerose e festose scorribande all’interno della mente del nostro scrittore…”
Un lavoro ben riuscito, dichiara Nicola Costa: “Una compagnia meravigliosa, splendidi artisti”.
Uno spettacolo, in conclusione, che si propone come una riflessione sulle difficoltà di uscire da modelli patriarcali anche se, insiste Angelo Tosto, “ l’indolenza, il gallismo o la mamma che ti insegue per le scale per propinarti lo zabaglione prima che tu possa fuggire in fretta dagli amici in via Etnea per passeggiare lentamente, tutto il pomeriggio, in preda all’ozio, è materia che ci era nota anche prima di leggere Brancati… una peculiarità che riguardano esclusivamente noi, figli del cratere centrale”.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi