Il San Sebastiano di Biagio Fichera
Il culto dei santi è uno degli elementi caratterizzanti la Chiesa Cattolica e tutte quelle professioni di fede che ammettono la venerazione dei martiri.
Tra i santi più amati e venerati del cristianesimo, San Sebastiano (venerabile, dal greco) è oggetto di un culto antichissimo che si è diffuso globalmente e che attraversa tutta l’Italia, da Bolzano fino in Sicilia, la devozione per San Sebastiano è antica e radicata.
Particolarmente sentita e vissuta nella città di Acireale, che tributa il compatrono, insieme a Santa Venera, in due momenti distinti dell’anno: “A festa ranni” del 20 gennaio e le celebrazioni estive, che si svolgono nel mese di agosto.
Una devozione che ha trovato voce narrante nell’opera di Biagio Fichera, noto scrittore acese e cultore delle tradizioni e del folk siciliano: “Il culto di San Sebastiano in Italia e nel mondo”.
Risultato di una ricerca decennale, nel tomo il poeta siciliano dipinge, tramite immagini iconografiche, il significativo pregio, riconosciuto oggettivamente e storicamente, della devozione.
Una celebrazione intellettuale del martire arciere, diviene osservanza, studio e indagine inerente la vita, la leggenda e la diffusione del culto, che trovano espressione essenziale nella festa.
La giornata dedicata al santo è celebrata come un giorno festivo, infatti i festeggiamenti tradizionali prevedono alcune cerimonie pubbliche, processioni, fuochi d’artificio e momenti conviviali.
Il testo, difatti, racconta con minuzia di particolari, le diverse peculiarità celebrative, le tradizioni, il folklore attraverso una cernita tra le molteplici città e nazioni delle quali il santo è patrono.
Ad Acireale, “U rizzuteddu”, San Sebastiano, viene invocato alle prime luci dell’alba, dalla popolazione acese e dai devoti, che guidati dal capo vara, al grido di “Cu tuttu u cori, viva Sanmastianu”, iniziano la spettacolare manovra di uscita della vara, dalla Basilica Collegiale di San Sebastiano.
Il fercolo settecentesco, viene trainato a braccio dai devoti “scalzi”, ricordando l’alluvione del 1682, per la città ricevendo tributi e onorificenze, in presenza di personaggi politici ed ecclesiali, accompagnato da scampanellii e dal suggestivo spettacolo pirotecnico dei fuochi d’artificio.
Una ricorrenza talmente sentita, da rappresentare l’evento religioso più atteso dagli acesi, che con fervente trepidazione, accompagnano il “Santo che cammina” per le vie della città.
Una città che diviene un insieme compatto, un’unica entità con il santo bimartire nel giorno in cui, con palpitante fede ed esultante giubilo, il popolo di San Sebastiano rivede il suo “Capitano”, un santo, un padre, una figura familiare, che guida nelle avversità collettive e individuali i suoi devoti, che della propria città, Acireale, hanno fatto testimonianza durevole e ossequiosa dell’adorazione del Santo che “Nesci nudu e si cogghi u friddu”.
Espressione della propria fede, l’autore contribuisce “a fare conoscere la figura luminosa di San Sebastiano”, procedendo con la cautela dello storico, l’entusiasmo dell’artista e la dedizione di un’intima convinzione e certezza intellettuale della debita osservanza di un patto, un legame con la propria città e con il suo santo.