Il Rito del caffè tradizionale candidato a diventare Patrimonio dell’umanità
Il Caffè con l'iniziale maiuscola
Il Rito del caffè italiano tradizionale, inteso come vera e propria arte, merita la candidatura a patrimonio culturale immateriale dell’umanità. A pensarlo il gruppo di lavoro Unesco del Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), che ha perfezionato la decisione con votazione unanime. La documentazione è stata inviata alla Commissione Nazionale dell’Unesco, che dovrà decidere se avviare il procedimento di inserimento. Ad oggi, si è conclusa l’istruttoria delle proposte di candidatura per cui il Rito del caffè espresso italiano tradizionale di fatto risulta già inserito nell’Inventario dei Prodotti agroalimentari italiani (Inpai). Il Gruppo di lavoro UNESCO del Mipaaf (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) ha, quindi, deciso all’unanimità di proporre le candidature e di inviare nel patrimonio immateriale dell’umanità un elemento che ha importanti risvolti culturali, sociali, storici e di tradizione. La priorità è stata determinata dalla presentazione della proposta ai primi del 2019. La presentazione delle candidature scadrà il 31 marzo, secondo il termine stabilito, dopodiché l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura sarà chiamata a pronunciarsi sulla proposta di candidatura.
Che il Rito del caffè espresso all’italiana meriti l’iniziale maiuscola lo dimostrano le centinaia di richieste di tazzine giornaliere, ordinate nei bar di tutta Italia, e i chili di “oro in grani” che si consumano, a gentile richiesta, tutti i giorni. Un momento conviviale da vivere in solitaria, o in compagnia durante la pausa e il relax. Tra i più gettonati gli espressi del mattino, a colazione, per imprimere una sferzata di energia alla giornata. Per non parlare del dopo pranzo e degli innumerevoli patiti del caffè che lo consumano prima di andare a dormire.
Anche in Sicilia il Rito è d’eccezione. Abbiamo realizzato un viaggio da Catania a Messina, attraverso il Caffè Europa, che prima del Covid-19 consumava dai 10 ai 15 chili di caffè al giorno, e Il Cavallino Caffè che, nell’era prepandemica, vantava una media giornaliera di 300 caffè somministrati alla clientela. Due esempi di realtà siciliane in cui l’arte del caffè passa da varie fasi: dalla macinatura compiuta a regola d’arte, alla tostatura realizzata a puntino, al grado di umidità condizionante di un ottima riuscita, ad un “buon polso” – come ci ha riferito Junior Cavallino – per regolare la perfezione dell’avvitamento. Eppoi la miscela, che è elemento fondamentale. I locali si avvalgono, entrambi, di miscele tipiche del territorio in cui operano (Torrisi e Barbera) per inebriare la clientela e pervadere le loro papille gustative con l’aroma intenso e deciso del Sud. Un consiglio proviene dagli addetti ai lavori: i torrefattori di zona sono da preferire per la rapidità dei servizi di manutenzione della macchina da caffè e del macinino, che costituiscono punti cardine per il buon caffè made in Italy.