Il potere dei pochi umilia i molti
Da millenni ci interroghiamo su come si può arginare il potere nelle mani di pochi uomini (Élite) a discapito delle popolazioni di tutte le latitudini del mondo. E ad oggi non abbiamo ancora risolto questa marcata disparità.
Già Platone nel libro “La Repubblica” affrontava questo argomento con rara attenzione e precisione dando ad intendere quanto sia difficile un governo giusto. Per il filosofo ateniese qualsiasi governo può degenerare e diventare nocivo per i cittadini. Nel modello platonico le forme di governo sono tre: aristocrazia, oligarchia e democrazia. Le quali dopo un buon inizio, col tempo si corrompono diventando il peggio di se stesse, infatti degenerano in timocrazia, oligarchia, tirannide e demagogia. Platone propose come soluzione a questo pericolo di dare il governo della città ai filosofi, i soli che potevano davvero pensare al bene di tutti. A questo proposito lui stesso provò per ben tre volte, andando a Siracusa a formare il monarca della città con i principi filosofici, ben diversi da quelli che conosciamo oggi, senza successo.
Osservando la storia dell’uomo in tutte le sue declinazioni in un modo o nell’altro, prima o poi anche con le migliori intenzioni il potere prende la mente degli uomini.
L’uomo ha dentro di sé dei conflitti che lo lacerano danzando tra l’altruismo e l’egoismo. Quest’ultimo lo trasporta nell’avidità, nella vanità e in un senso di onnipotenza capace di assoggettare e annientare chiunque senza limiti.
Questo è il pericolo più grande!
Nel momento che questo tipo di persone si unisco in gruppi di potere (lobby) nel campo finanziario, bancario e politico il gioco è fatto. Insieme tutte queste forze in scala globale sono capaci di mettere in ginocchio il mondo.
Mi chiedo quale possano essere le azioni deterrenti contro questo atavico e ancestrale desiderio di sottomettere l’altro? Perché ci possiamo nascondere con tonnellate di demagogia ma, questo atteggiamento umano è strisciante, è sempre lì.
Ricordiamo le varie rivoluzioni, sette segrete e gli infiniti libri, tavole rotonde che nei secoli hanno attraversato il tempo senza in realtà produrre il cambiamento radicale nell’uomo che si auspicava.
Tornando alla domanda di prima, quale pensiero, quale atteggiamento può trasformare questa abiezione oscura dentro l’uomo?
Abbiamo conosciuto attraversando la nostra cultura uomini di una coscienza elevatissima che hanno identificato il loro “Io” nell’altro, è inutile fare nomi visto che è un patrimonio universale condiviso.
Questi uomini quando appaiono nel mondo fanno cose mirabolanti e sembra che tutto possa cambiare ma, alla loro morte si ha l’impressione che l’umanità non abbia imparato nulla e ritorna nel buio.
La moltitudine degli uomini vive spesso in posizione vittima-carnefice nei confronti di chi lo governa e tutte le lezioni del passato sulla libertà s’infrangono su questo atteggiamento naturale di sottomissione.
Forse per cambiare il nostro antico senso di inadeguatezza nel mondo che ci spinge ad azioni a volte inenarrabili, dovremmo alzare la nostra coscienza umana ai livelli di quegli uomini illuminati di cui accennavo prima?
In studi recenti si è scoperto che il bosco comunica in una sorta di interdipendenza tra i suoi vari componenti. Gli alberi dialogano tra loro, così il sottobosco e i funghi hanno la funzione di recettori e distributori di informazioni per il bosco, come una sorta di internet.
Questo fa pensare, come già nell’universo, che la vita nella sua natura è interdipendente. Cioè il tutto è in relazione simbiotica e imprescindibile l’uno con l’altro .
Perché l’essere umano ha questa difficoltà profonda, tranne in alcuni casi, di cooperare con gli altri della sua specie e con il resto degli abitanti del pianeta?
Io penso che il nostro ostacolo al raggiungimento di un’armonia con noi stessi e con tutto ciò che ci circonda sia la mente. La quale ci aiuta nei suoi vari aspetti a migliorarci ad esempio nella creatività, nell’immaginazione, nella scoperta scientifica e nel costruire opere meravigliose ma, dall’altra è capace di spingerci a distruggere e devastare nella sua perversione tutto ciò che incontra.
Un altro aspetto importante da affrontare è la razza. Gli antropologici ed altri studiosi hanno affrontato nel corso dei ultimi secoli il concetto di razza su varie angolazioni. Spaziando dalla superiorità della razza, alla cultura, alle condizioni economiche o tutte messe insieme per spiegare le differenze socio-economiche e culturali tra gli uomini. E quasi sempre si arriva al punto che c’è sempre un popolo, un’etnia, un élite, perfino un quartiere di una città superiore ad un altra.
Studi recenti affermano con certezza che le razze non esistono, c’è solo la razza umana ciò che ci differenzia sono le etnie. Gli studi recenti ci portano a datare la comparsa dell’Homo Sapiens e circa duecentomila anni fa in Africa, da un unico gruppo che nei millenni successivi ha viaggiato in tutto il mondo. Oggi con il DNA si è scoperto che lo stesso Sapiens non è puro, ci sono nel genoma percentuali anche di altri tipi di uomini tra cui il Neanderthal. Quindi parlare di superiorità tra i popoli, fino all’interno di un gruppo ristretto alla luce di queste scoperte è scientificamente errato. Ovviamente per non parlare dell’eresia della superiorità degli uomini sulle donne ma, anche viceversa. Ci troviamo sempre in una patologica convinzione che qualcuno è superiore ad un altro, non riuscendo proprio a comprendere la diversità all’interno di un sistema di cooperazione. Tutti insieme come in bosco, ognuno con la sua specificità e ruolo diventa indispensabile affinché funzioni e sia in armonia con il mondo. Basta pensare ad un qualsiasi oggetto, un auto per esempio, ogni cosa anche il più piccolo ingranaggio è al servizio di tutta la macchina.
Tornado alla domanda del perché l’uomo ha così difficoltà a riconoscere l’altro come compagno di questa avventura meravigliosa e misteriosa che è la vita e invece lo vede spesso come un nemico da schiacciare, dovremmo ricorrere alla filosofia, alla psicologia, alla scienza per dipanare questo problema?
Nel corso dei secoli studiosi di diverse discipline hanno indagato la complessità, la prevedibilità e l’imprevedibilità dell’essere umano dando diverse spiegazioni più o meno plausibili, ma il nocciolo della questione è come può l’uomo può vivere in armonia con se stesso, con i suoi simili e con la natura? Leggiamo, osserviamo e seguiamo uomini, come già ho accennato prima, che si sono elevati a una coscienza la quale ha identificato l’io nell’altro, ma è davvero raro.
Sono spesso illuminazioni individuali o di piccoli gruppi, ma quando ciò si deve tradurre in larga scala abbiamo visto ad oggi che il risultato è impossibile. La storia sembra ripetersi senza soluzione di continuità, anche se non è mai identica, con lo stesso schema. Noi esseri umani non riusciamo ad imparare dai nostri errori, dalle atrocità e dalle crudeltà che ci procuriamo l’un l’altro.
La ricerca della verità, del buon senso, il vivere bene insieme, l’onestà sono ancora importanti per la società contemporanea?
Sembra di no, nel passato credo avesse maggiore valenza.
Noi tutti vediamo che la ricchezza del mondo è sempre più nelle mani di pochi uomini a discapito di quasi tutti gli esseri viventi di questo pianeta che stanno soffrendo per l’avidità di pochi che si sentono onnipotenti, la loro ingordigia li porta ad una spietatezza e ad in cinismo che in queste dimensioni globali a memoria d’uomo non si erano mai viste.
Cosa fare? Come arginare questa deriva che sembra con un finale scontato? Può essere la nostra estinzione, in così breve tempo, visto la velocità di come stiamo fagocitando questo splendido pianeta?
Certo nessuno può dare una risposta certa, ma sicuramente il pericolo della fine dell’umanità e di altre specie sulla Terra può sembrare la strada più evidente.
Cosa dovrebbe accadere per invertire questa dinamica perversa?
Negli scritti della maggior parte dei libri sacri delle diverse culture umane si menzionano più volte dei momenti bui per l’uomo e poi una risalita. E si scrive pure in questi testi religiosi, pieni di miti ed allegorie, che ci sarà un momento nella storia dell’uomo in cui sull’orlo del baratro egli troverà dentro di sé una spinta che lo catapulterà in una rinascita spirituale collettiva che lo trascinerà a vivere in questo mondo in armonia con se stesso e con le altre specie viventi. Tutto ciò è un espediente per creare un ottimismo nella mente dell’ uomo, per placarlo dalle sue paure ancestrali di morte e di autodistruzione? Può davvero la spiritualità singola e collettiva arginare la nostra forte componente distruttiva? Lo abbiamo visto molte volte nella storia umana che dopo delle catastrofi di vario genere, l’uomo si rialza e inizia a cooperare con i suoi simili con risultati notevoli. Non c’è certamente una risposta certa e univoca su queste enormi domande, ma di sicuro non si può stare fermi davanti a questi immensi disastri soprattutto per le generazioni future. Un tempo si dava importanza alla cura del presente per preservare il futuro, ma ciò si è smarrito .
Noi siamo la razza umana che vive in un pianeta insieme ad altri esseri viventi in un sistema molto più vasto all’ interno di un universo composto da miliardi di altre esistenze come pianeti e stelle, come possiamo sentirci onnipotenti in confronto ad un Cosmo di cui non riusciamo a pensare un limite? Noi che siamo limitati dal spazio e dal tempo, siamo mortali e viviamo a volte come degli dei immortali, ci troviamo davanti ad un conflitto dentro di noi che sembra irrisolvibile.
Concludo con un pensiero, tutto questo che sta accadendo davanti ai nostri occhi mi fa venire in mente l’episodio biblico della “Torre di Babele”. L’uomo che si pone senza limiti e con arroganza provando ad avvicinarsi e sfidandolo il suo Dio, il cielo e forze più grandi di lui e che vuole dominarle a qualsiasi costo. È l’ uomo che vuole essere Dio e sappiamo la fine che ha fatto.