L'Opinione

Il NO è NO!

Il no è no!

Sono solo due sillabe, niente di più, ma racchiudono in sé la ferma determinazione di una donna a non volere un rapporto sessuale.

Eppure sono due sillabe che certi “maschi” impregnati di arrogante mascolinità fanno finta di non comprendere e, con l’arroganza di chi si crede in diritto di poter disporre a proprio piacimento del corpo di una donna che, nel loro bruto ebetismo vedono solo come una femmina, si avventano come bestie selvatiche e lo divorano fameliche, affondando senza pietà le loro zanne con una brutalità tale da lasciare delle cicatrici profonde che non si rimargineranno mai.

Ma loro questi “maschi” fieri del loro machismo, di aver dimostrato di essere dei veri maschi, perché in questi casi sarebbe una vera eresia definirli uomini, calpestano ogni dignità pur di esibire la propria virilità e per soddisfare il loro smisurato ego. Hanno bisogno di mostrarla a tutti, nei video che registrano e che poi inviano agli amici, altri “maschi” tossici quanto loro, in modo che rimanga impressa nel tempo e nei ricordi come una prova evidente e inconfutabile.

Loro sono i “maschi alfa”, sanno quello che una donna vuole, sanno quello che lei desidera anche quando afferma il contrario.

Perché le parole delle donne non contano, i loro sentimenti sono granelli sparuti di polvere di fronte alla loro magnificente mascolinità che niente e nessuno può mettere in discussione.

Loro sono i “maschi alfa” che guardano le femmine come a delle prede da catturare, da condividere con il branco di cui fanno parte, convinti di una loro presunta superiorità.

Loro sono quei maschi che si scambiano messaggi baldanzosi tra di loro facendo a gara a chi è stato più macho, a chi ha dimostrato di essere stato il più prepotente nel mantenere il proprio dominio sulla preda, ma che poi tremano e manifestano tutta la loro insulsa vigliaccheria di fronte alle prime difficoltà.

Incapaci di assumersi le proprie responsabilità, del resto come potrebbero, non sono uomini ma solo “maschi”, piangono davanti al giudice fingendo di non comprendere  la gravità delle loro azioni, ma tentano in modo vergognoso di convincere della propria innocenza dimenticandosi completamente della loro così tanto esibita mascolinità, mostrando per l’ennesima volta la loro totale mancanza di rispetto nei riguardi della  donna offesa dalla loro brutalità e abusata come un oggetto con cui giocare per puro divertimento per qualche ora e poi buttare via come una scarpa vecchia.

Questi “maschi” sono però figli della nostra società, di una società che sembra aver perso di vista la rotta di navigazione dell’esistenza, in cui, nonostante non si faccia altro che parlare di parità di genere e di rispetto, questa corrente di sensibilizzazione continua a rimanere in superficie, galleggia come una foglia appassita e si decompone senza riuscire a scendere in profondità. 

Le logiche di mercato non lo permettono.

Se da un lato ci si indigna tutte le volte che accadono eventi così efferati, dall’altro si continua a mercificare il corpo della donna nelle pubblicità, nelle reti televisive, sui social e nella vita di tutti i giorni.

La donna è trattata come un oggetto di piacere, che deve piacere a ogni costo, con il suo corpo in bella vista che deve essere sempre perfetto, esente da difetti, a una donna non sono mai perdonati i capelli bianchi, le rughe o la cellulite.

Il corpo femminile deve sempre e comunque suscitare desiderio sessuale. La sua immagine è ciò che conta, la sua intelligenza o le sue competenze professionali, ebbene sì, ce le abbiamo pure noi, non sono appannaggio esclusivo degli uomini, sono sempre in secondo piano.

Questa povertà culturale che contraddistingue la quotidianità, impedisce un reale progresso umano e infetta costantemente il nostro presente.

Lo dimostrano i continui femminicidi, gli stupri sempre più violenti e un ripetersi di molestie particolarmente generalizzate come se rientrassero in forme di comportamento abituali.

Per comprendere quanta aggressività e sopraffazione impregna il nostro quotidiano non è necessario citare l’ennesima efferatezza compiutasi in questi giorni a Palermo o l’ignominia delle frasi, irripetibili e indegne, che i sei “maschi” si sono scambiati tra di loro. Sono circolate fin troppo sui social e sui giornali con la solita morbosità che ci contraddistingue, finendo per umiliare e ferire ancora una volta la vittima.

Ricordiamoci, però, che uno sdegno momentaneo non basta se poi, quando i riflettori si saranno spenti per lasciare posto a un’altra violenza, si continuerà a mettere i corpi delle donne dietro a delle belle vetrine, per ammirarle come manichini da esposizione.

Più che ergerci a giudici implacabili e augurare la pena capitale o la legge del taglione, dobbiamo fermarci tutti a riflettere per educare noi stessi e le nuove generazioni a una maggiore tolleranza e rispetto reciproco e per sradicare ogni forma di ottuso maschilismo, frutto di una cultura oramai obsoleta e arretrata.

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