Il mito della ninfa Ciane
Le ninfe, splendide creature divine legate al mondo naturale, hanno popolato la storia mitica della Sicilia con le loro vicende intrecciate con la realtà dei nostri luoghi.
E Ciane, ninfa fluviale dagli occhi cristallini come la fonte di cui era custode, è la ninfa che, secondo un’antica leggenda, si trasformò nel fiume Ciane che bagna il territorio di Siracusa.
Tutto accadde durante il famoso rapimento di Persefone nei pressi del lago di Pergusa.
Ciane era una delle sue ancelle, ma fu solo lei che si oppose alla brutalità del rapimento.
La Ninfa, vedendo il Carro di Ade sopraggiungere di corsa e avvicinarsi alla sua fonte, si parò davanti al cocchio del Dio e, impavida, sostenne il suo sguardo, allargò le braccia per fermarlo e, per nulla intimorita, pronunciò parole molto dure contro di lui.
Ade non sarebbe mai dovuto passare con la forza, poiché se avesse amato veramente Persefone non l’avrebbe rapita o terrorizzata ma l’avrebbe corteggiata e chiesta in sposa così come aveva fatto con lei il suo amato Anapo.
Ma Ade non si lasciò intimorire, fiero del suo potere, si scurì in volto per la collera, sollevò lo scettro regale e, incitati i terribili cavalli, lo tuffò fino in fondo alla fonte, violandola e aprendo un varco fino al Tartaro, dove sprofondò con il suo cocchio.
Ciane per il profondo dolore di non essere riuscita a evitare che il dio rapisse la sua amata amica e di essere stata violata e disprezzata come la sua stessa fonte, si sciolse in lacrime fino a trasformarsi e a dissolversi in quelle acque di cui era stata la divinità.
Una trasformazione descritta nelle Metamorfosi di Ovidio come una mirabile fusione del suo corpo con le acque a lei sacre.
Tutto del suo corpo si tramutò in acque cristalline, prima i capelli, poi le dita, le mani, i piedi e dopo le spalle, la schiena e il petto si sciolsero in rivoli sottili infine l’acqua prese il posto del sangue nelle vene e non restò più nulla che si potesse stringere tra le mani.
Un passaggio di particolare intensità che, secoli dopo, fisserà nei suoi versi della raccolta Alcyone anche il poeta D’Annunzio:
“Io fui Ciane, azzurra come l’aria, l’acqua sorgiva mi restò negli occhi, la lenta corrente mi levigò”.
In questo modo, doloroso e meraviglioso al tempo stesso, nacque il fiume Ciane le cui acque hanno un colore particolarmente turchino, (Cyanos in greco vuol dire turchino) infatti i capelli della ninfa, che furono i primi a liquefarsi, erano proprio celesti.
In realtà questo colore bluastro delle acque del fiume è determinato dal Papiro che cresce nei suoi fondali
Ma questa leggenda non finisce con il dissolvimento della Ninfa.
Ciane nonostante non fosse più fisicamente presente, volle comunque dare un ultimo aiuto a Cerere la madre di Persefone. Quando questa si avvicinò alla fonte disperata in cerca della figlia, fece risalire a galla sulla superficie delle acque cristalline la cintura che Persefone aveva perso durante la concitazione del rapimento, in modo che Cerere potesse capire che cosa era successo.
Ma anche il giovane Anapo si disperò. Dopo aver assistito impotente alla trasformazione della sua amata, corse alla fonte sperando di poterla riportare a sé, ma le acque scivolavano fluide tra le sue dita.
Senza più speranze, pianse con così tanto dolore che gli dei ebbero pietà di lui, allora Zeus lo trasformò in fiume in modo da potersi ricongiungere alla sua amata Ciane, infatti ancora oggi al termine del suo percorso, il fiume Anapo mescola le sue acque a quelle del fiume Ciane, per poi versarsi insieme nel Porto Grande di Siracusa.
Un mito che ha attraversato i secoli ed è giunto fino ai giorni nostri a narrarci della profondità dell’amicizia femminile, ma anche della determinazione di una giovane donna che si oppose al potere sacrale di un dio, che sfidò la sua prepotenza mascolina contrapponendo la sua dignità di donna e quella della sua amica.
Ciane diventa così simbolo di ogni donna che non si lascia soggiogare come è confermato da un’altra leggenda su di lei che, fanciulla, fu violata dal padre ubriaco Cianippo.
Quando scoppiò la peste in città e l’oracolo di Apollo predisse che l’epidemia si sarebbe placata solo con il sacrificio di un reo di incesto, Ciane non esitò, uccise il padre provando che era colpevole con l’anello che gli aveva sottratto durante la violenza, e poi si uccise anche lei.
Ma questo mito è anche simbolo eterno della forza del vero amore che riesce a resistere al di là della materialità dei corpi e che si trasforma e trascende da sentimento umano a valore divino.