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Il Manifesto di Ventotene: verso gli Stati Uniti d’Europa.

Un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali.”.

Bisogna “creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi, le libertà politiche potranno veramente avere un contenuto concreto, e non solo formale, per tutti, in quanto la massa dei cittadini avrà una indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esercitare un continuo ed efficace controllo sulla classe governante.

Altiero Spinelli, Manifesto di Ventotene.

All’inizio della Seconda Guerra Mondiale furono confinati nell’isola di Ventotene numerosi anti-fascisti tra cui Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi.I tre strinsero una grande amicizia tra loro durante la prigionia e scrissero il Manifesto di Ventotene in cui proponevano di realizzare alla fine della Guerra gli Stati Uniti d’Europa, una grande federazione europea profondamente democratica e socialista. Il testo fu scritto di nascosto ed uscì dall’isola di Ventotene attraverso l’azione di Ursula Hirschmann e Ada Rossi.

La premessa fondamentale del Manifesto è l’affermazione secondo cui “la civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della libertà, secondo il quale l’uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma un autonomo centro di vita.”. Questa visione dell’essere umano e della politica si fonda sulla razionalità critica e il libero pensiero che sono in contrasto con il dogmatismo autoritario.

Sulla base di tali principi di libertà, autonomia e giustizia, la civiltà moderna vuole di realizzare un nuovo modello di società fondato essenzialmente su due pilastri: 1) la partecipazione dei singoli cittadini alla vita dello stato; 2) l’ “eguale diritto a tutte le nazioni di organizzarsi in stati indipendenti”.

Spinelli ammette che il conflitto tra capitale e lavoro, tra i ceti abbienti e i ceti poveri ha raggiunto dopo la Prima Guerra Mondiale livelli inauditi. Tale conflitto ha causato la reazione dei settori più retrivi e conservatori della società che ha trovato piena realizzazione nei regimi totalitari attraverso il controllo poliziesco della vita dei cittadini. Il dogmatismo degli stati totalitari ha sepolto la libertà di pensiero e di critica con grave danno per la politica e per la storia.  Sottolinea che, ad un certo momento, “lo stato, da tutelatore della libertà dei cittadini, si è trasformato in padrone di sudditi tenuti a servizio, con tutte le facoltà per renderne massima l’efficienza bellica. Anche nei periodi di pace, considerati come soste per la preparazione alle inevitabili guerre successive, la volontà dei ceti militari predomina ormai in molti paesi su quella dei ceti civili, rendendo sempre più difficile il funzionamento di ordinamenti politici liberi: la scuola, la scienza, la produzione, l’organismo amministrativo sono principalmente diretti ad aumentare il potenziale bellico; le madri vengono considerate come fattrici di soldati, ed in conseguenza premiate con gli stessi criteri con le quali alle mostre si premiano le bestie prolifiche; i bambini vengono educati fin dalla più tenera età al mestiere delle armi e all’odio verso gli stranieri, le libertà individuali si riducono a nulla, dal momento che tutti sono militarizzati e continuamente chiamati a prestare servizio militare; le guerre a ripetizione costringono ad abbandonare la famiglia, l’impiego, gli averi, ed a sacrificare la vita stessa per obbiettivi di cui nessuno capisce veramente il valore; in poche giornate vengono distrutti i risultati di decenni di sforzi compiuti per aumentare il benessere collettivo”.

L’autore del Manifesto mostra di apprezzare il percorso con cui i vari popoli sono pervenuti alla formazione di stati nazionali spesso lottando contro il dominio di altri popoli. Tuttavia non manca di sottolineare come il nazionalismo abbia avuto una degenerazione nell’imperialismo. Tale degenerazione – che alcuni autori definiscono oggi come nazionalitarismo – è una ideologia guerrafondaia in cui la nazione “è (…) divenuta un’entità divina, un organismo che deve pensare solo alla propria esistenza ed al proprio sviluppo, senza in alcun modo curarsi del danno che gli altri possano risentirne. La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio di ciascuno di essi, poiché ciascuno si sente minacciato dalla potenza degli altri e considera suo «spazio vitale» territori sempre più vasti, che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza, senza dipendere da alcuno. Questa volontà di dominio non potrebbe acquetarsi che nella egemonia dello stato più forte su tutti gli altri asserviti.”.

Nella prima parte del Manifesto, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, a suo parere, sono il prodotto del nazionalitarismo e della sovranità assoluta degli stati e nelle successive due parti immagina il processo di ricostruzione post-bellica dell’Europa. Tale processo avrebbe potuto prendere due strade: una tradizionale e una rivoluzionaria.

Per risistemazione tradizionale dell’Europa, Spinelli intende la riesumazione dei vecchi stati nazionali e di gran parte delle monarchie ancora esistenti. Questa soluzione riproporrebbe nuovamente lo scontro tra i conservatori e i progressisti, tra gli chauvinisti più accesi e i rivoluzionari comunisti. “Risorgerebbero le gelosie nazionali, e ciascuno stato di nuovo riporterebbe la soddisfazione delle proprie esigenze solo nella forza delle armi. Compito precipuo tornerebbe ad essere a più o meno breve scadenza quello di convertire i popoli in eserciti. I generali tornerebbero a comandare, i monopolisti a profittare delle autarchie, i corpi burocratici a gonfiarsi, i preti a tener docili le masse. Tutte le conquiste del primo momento si raggrinzirebbero in un nulla, di fronte alla necessità di prepararsi nuovamente alla guerra.

La via rivoluzionaria e la soluzione del problema europeo sta, invece, nella definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani: Il crollo della maggior parte degli stati del continente sotto il rullo compressore tedesco ha già accomunato la sorte dei popoli europei, che, a tutti insieme soggiaceranno al dominio hitleriano, o tutti insieme entreranno, con la caduta di questo, in una crisi rivoluzionaria in cui non si troveranno irrigiditi e distinti in solide strutture statali. Gli spiriti sono già ora molto meglio disposti che in passato ad una riorganizzazione federale dell’Europa. La dura esperienza degli ultimi decenni ha aperto gli occhi anche a chi non voleva vedere, ed ha fatto maturare molte circostanze favorevoli al nostro ideale. Tutti gli uomini ragionevoli riconoscono ormai che non si può mantenere un equilibrio di stati europei indipendenti, con la convivenza della Germania militarista a parità di condizioni degli altri paesi, nè si può spezzettare la Germania e tenerle il piede sul collo una volta che sia vinta. Alla prova, è apparso evidente che nessun paese in Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a niente valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. E’ ormai dimostrata l’inutilità, anzi la dannosità di organismi sul tipo della Società delle Nazioni, che pretendeva di garantire un diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni, e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. Assurdo è risultato il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei. Insolubili sono diventati i molteplici problemi che avvelenano la vita internazionale del continente — tracciato dei confini nelle zone di popolazione mista, difesa delle minoranze allogene, sbocco al mare dei paesi situati nell’interno, questione balcanica, questione irlandese, ecc. — che troverebbe nella Federazione Europea la più semplice soluzione -— come l’hanno trovata in passato i corrispondenti problemi degli staterelli entrati a far parte della più vasta unità nazionale avendo perso la loro acredine, col trasformarsi in problemi di. rapporti fra le diverse provincie.

Proponeva di abolire definitivamente le monarchie e procedere alla creazione “degli Stati Uniti d’Europa, i quali non possono poggiare che sulla costituzione repubblicana di tutti i paesi federati

Riteneva che fosse irrinunciabile e necessario “costituire un saldo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali; spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari; abbia gli organi e i mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli.”.

Inoltre specificava che “un’Europa libera e unita è premessa necessaria del potenziamento della civiltà moderna, di cui l’era totalitaria rappresenta un arresto. La fine di questa era farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza ed i privilegi sociali.”. Immaginava un sistema democratico che riconoscesse le libertà individuali e ampiamente i diritti sociali. Proponeva limitazioni e controlli alla proprietà privata e un robusto intervento dello stato federale nell’economia pur non accettando l’integrale collettivizzazione dei mezzi di produzioni. In questa parte emerge una fortissima diffidenza nei confronti di un mercato lasciando assolutamente libero. A differenza di Einaudi che immaginava uno Stato federale fortemente liberista, Spinelli pensava ad un federalismo sociale fondato su un’economia mista. La sua Europa doveva essere libera dal burocratismo, dal militarismo e dall’iperliberismo economico. A suo modo di vedere: “questi sono i cambiamenti necessari per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale. Su queste basi, le libertà politiche potranno veramente avere un contenuto concreto, e non solo formale, per tutti, in quanto la massa dei cittadini avrà una indipendenza ed una conoscenza sufficiente per esercitare un continuo ed efficace controllo sulla classe governante.

Per tutta la sua lunga vita, Altiero Spinelli ha sostenuto con coerenza tali idee e ha cercato di realizzarle come Commissario Europeo della Comunità Economica Europea e come deputato del Parlamento Europeo.

Il 14 febbraio 1984 propose un progetto costituzionale per gli Stati Uniti d’Europa. Il Parlamento a larghissima maggioranza approvò il progetto di un Trattato per l’Unione Europea in cui si voleva procedere all’istituzione di una vera confederazione di Stati Europei. Il Consiglio Europeo bocciò tale progetto. Si compì solo una profonda revisione dei trattati istitutivi della Cee e dell’Euratom, l’Atto Unico Europeo (1985). Nell’ultimo suo discorso al Parlamento europeo, non nascose la sua profonda delusione per il risultato raggiunto. Solo nel 1992, gli Stati Europei hanno firmato il Trattato dell’Unione Europea. Da allora l’integrazione europea è divenuta sempre più forte. Il processo si è rivelato molto più complesso di quello che si pensava e man mano sono emerse sempre maggiori resistenze e critiche all’unificazione europea e al progetto federalista. Il Trattato-Costituzione (2004-2005) è miseramente fallito ed è stato sostituito dai nuovi Trattati con i quali l’Unione Europea è e rimane un organismo ibrido a metà tra la semplice confederazione e la completa federazione. L’adesione dell’Unione Europea al sistema della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è tuttora quasi fermo. I partiti europeisti (federalisti e confederalisti) dispongono ormai di una risicata maggioranza nel Parlamento Europeo e addirittura la Gran Bretagna è uscita dall’Unione Europea.

Infine, la gestione della crisi greca e le contraddizioni della politica estera dell’Unione Europea nelle ricorrenti crisi internazionali mostrano i limiti e i gravi difetti dell’attuale assetto istituzionale. Tutti invocano una revisione profonda dei trattati, ma gli stati membri sono molto restii a procedere in tal senso. In certi momenti, anche lo slancio ideale e la passione europeista pare che sia venuta meno.

Addirittura in un articolo, Vittorio Feltri ridicolizza la prigionia degli anti-fascisti a Ventotene e riduce il valore del Manifesto redatto da Spinelli, Colorni e Rossi.

Gli anni dal 2018 ad oggi sono sicuramente quelli di maggiore crisi del sogno dell’unificazione europea e della realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. L’Unione Europea in alcuni momenti sembra che stia diventando sempre più una gigantesca Repubblica di Weimar transnazionale e rischia di collassare definitivamente forse in modo anche peggiore della Repubblica di Weimar.

Il Manifesto di Ventotene è reperibile al link http://www.altierospinelli.org/manifesto/it/manifestoit_it.html.

Le vicende che hanno portato alla stesura del Manifesto sono affrontate anche nella fiction della Rai intitolata Un mondo nuovo che ha riscosso un notevole successo in Italia.

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