“Il leone d’inverno” al Brancati: Medioevo prossimo venturo

È in scena al Teatro della Città “Vitaliano Brancati” Il leone d’inverno (The Lion in Winter) di James Goldman con la regia di Nicasio Anzelmo. Iinterpreti: Viola Graziosi: Eleonora di Aquitania, moglie di Enrico II; Maximilian Nisi: Enrico II, Re d’Inghilterra; Francesco Di Cesare (Goffredo, il figlio di mezzo); Sofia Graiani (Alais, sorella di Filippo e amante di Enrico); Davide Ingannamorte (Giovanni, il figlio più giovane); Davide Pandolfo (Riccardo Cuor di Leone, il figlio maggiore); Giulio Tropea (Filippo, Re di Francia). Le scene e i costumi sono di Vincenzo La Mendola, le musiche originali di Giovanni Zappalorto e Andrea Nicolini. Produzione del Teatro della Città
L’inizio del primo millennio sembra caratterizzato dalla presenza dominante degli uomini del Nord, i Normanni, quei Vichinghi che partendo dalla Norvegia e dalla Svezia, e penetrando in Europa attraverso le foci dei fiumi, riuscirono – anche con la protezione papale, dopo una diplomatica conversione – ad insediarsi nei gangli vitali del potere da Sud a Nord, creando potenti monarchie nelle due più importanti isole: Sicilia e Inghilterra.
Gli Altavilla, in particolare, con il Gran conte Ruggero diedero vita, cacciando i Musulmani nel 1060, al grande ‘Regnum Siciliae’ che sfocerà nell’impero Svevo di Federico II, figlio della grande Costanza cantata da Dante (che del secondo vento di Soave generò ‘l terzo e l’ultima possanza).
Pochi anni dopo, nel 1066, Guglielmo il Conquistatore uccidendo nella battaglia di Hastings il re sassone Aroldo II, conquistava l’Inghilterra cingendone la corona.
L’isola sarebbe rimasta normanna fino alla morte del nipote Stefano I nel 1154.
Enrico II (1133-1189) – il primo della dinastia dei Plantageneti – si inserisce in questo momento particolare della storia inglese.
La pièce prende inizio nella vigilia di Natale del 1183.
Non esistendo il diritto di primogenitura, Enrico deve scegliere chi dei figli suoi e della moglie, Eleonora d’Aquitania, (Riccardo, Goffredo e Giovanni) sarà il sovrano dopo la sua morte (“Io devo sapere, prima di morire, chi siederà al mio posto… Ho costruito un impero e devo essere sicuro che durerà per sempre. Ho messo insieme l’Inghilterra e ci ho aggiunto metà della Francia. In mille anni nessuno è stato più potente”).
La situazione crea contrasti e/o alleanze tra i figli, scontri violenti con Eleonora che è tenuta prigioniera nella Torre, e con Filippo di Francia che pretende il matrimonio della sorella Alais con il supposto erede e successore.
In questo nucleo centrale si intrecciano forti pulsioni: amore, sesso (“È il sesso ad essere protagonista nella storia” dirà Eleonora), nostalgia, vendetta, tradimento, cinismo, crudeltà e senso della morte.
Il quarantaquattrenne “leone” Enrico si sente infatti in pieno “inverno” e vicino alla fine (morirà 8 anni dopo), anche se si considera ancora tanto forte da riuscire a tenere le redini del suo regno e da sperare di avere un ulteriore figlio dall’amante Alais/futura nuora (“Enrico primo Plantageneto, re a ventun anni, il soldato più valoroso di un’epoca valorosa.. Guidava bene i suoi uomini, amava la giustizia, e per trent’anni ha governato un impero grande come quello di Carlomagno. Per amore ha sposato una donna leggendaria…Voi non siete miei figli! Vi rinnego”).
Ma deve fare i conti con la vera stratega: Eleonora, la potente duchessa d’Aquitania, (“Essere prigioniera, murata là dentro quando si è conosciuto il mondo… non so come ce l’ho fatta a sopravvivere…Enrico aveva diciotto anni quando ci incontrammo e io ero regina di Francia. Enrico scese giù dal Nord, a Parigi, con una mente come quella di Aristotele e un corpo come il peccato mortale. Abbiamo mandato all’aria i dieci Comandamenti. In tre mesi abbiamo ottenuto l’annullamento da Luigi e in primavera, a maggio, non lontano di qui ci sposammo. Il giovane Conte Enrico e la sua Contessa. Tre anni dopo io ero la regina…! Io ti ho amato! Tu non sai cosa è il vuoto).
Un pericoloso contendente, forte della sua giovane età, è anche Filippo, il re di Francia: “Non posso perdere, Enrico. Io ho tempo davanti a me. Guardate voi, invece”.
“Il materiale storico sul regno di Enrico è notevole per quanto riguarda battaglie, complotti, guerre, trattati e alleanze”, spiega il regista Anzelmo Nicasio concedendo un’intervista al nostro giornale, ma la pièce in scena, scritta nella seconda metà del Novecento, benché basata su fatti storici, è inventata. Vuole essere un pretesto per capire le passioni che si scatenano in una famiglia quando si devono affrontare problemi patrimoniali.
Enrico più che con i figli si fronteggia con Eleonora, tenuta prigioniera, che assiste (storia nella storia) al tradimento del re con Alais. Il quadro, continua il regista, è complicato a vari livelli, è una storia molto forte e a tinte violente quella tra il sovrano e la moglie che lo ha amato e lo ama ancora…e forse anche lui, avido di vendetta, è sensibile a questo sentimento tramutato in odio. O forse è tutto un gioco ‘amoroso’ per non annoiarsi, per passare il tempo. Alla fine il risultato sarà una nuova distribuzione dei poteri all’interno del regno, soprattutto nelle mani di Eleonora.
La pièce lascia pensare a molte cose, conclude; per questo il teatro è importante, anzi necessario: perché fa riflettere.
Nella scena finale Enrico accompagna la ‘ripudiata’ Eleonora verso la nave, ma conservando nel cuore il desiderio di vita e forse di amore: “Sai, dice Enrico, spero che noi non moriremo; Lo spero anch’io, risponde la donna; Credi che sia possibile?” conclude il sovrano.
Eccellenti i protagonisti Maximilian Nisi e Viola Graziosi, entrambi provenienti da ottime scuole e accademie, con molti anni di esperienza e non solo teatrale; entrambi vincitori di numerosi premi. Nisi, allievo di Strehler e Ronconi, dal 2024 è Direttore Artistico del Festival Teatrale di Borgio Verezzi. La Graziosi, oltre i numerosissimi riconoscimenti, è stata insignita addirittura del titolo di Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana per il suo ‘percorso artistico che unisce ricerca, eleganza e impegno culturale, elevando l’arte dell’attore a veicolo di memoria, conoscenza e bellezza’.
Un grande lavoro, “Il leone d’inverno” magistralmente diretto e splendidamente interpretato.
È anche da considerare un grande monito sulla crudeltà e la smania di potere che domina la politica.
Una voce molto attuale, in questo momento storico in cui soffiano venti di guerra, è quella di Eleonora:
“C’è sempre un pugnale. Tutti abbiamo un pugnale. Siamo nel 1183 eppure siamo dei barbari. E lo mostriamo… noi siano l’origine delle guerre. Non le forze della storia, né i tempi, né la giustizia, né la mancanza di giustizia, né religioni, né idee, né altre forme di governo. Gli assassini siamo noi. Noi alimentiamo la guerra. La portiamo dentro di noi, come la sifilide. Corpi morti marciscono nei campi e nei fiumi perché quelli vivi sono marci. Ma, non possiamo semplicemente amarci un poco? È così che comincia la pace. Abbiamo tante ragioni per amarci. Abbiamo tante possibilità, figli miei, potremmo cambiare il mondo”.
Video e foto di Lorenzo Davide Sgroi