Il giro d’affari delle mafie in Italia è di 40mld di euro l’anno

Secondo un recente rapporto dell’Ufficio Studi della CGIA (Associazione Artigiani e Piccole imprese Mestre) le mafie italiane (Cosa Nostra, Ndragheta, Camorra, Sacra Corona Unita, altro…) possiedono un giro d’affari di circa 40 miliardi di euro l’anno. Un fatturato esorbitante che pone le organizzazioni criminali di stampo mafioso in una posizione di rilievo nel quadro economico nazionale, poco sotto società importanti come ENEL o GSE (Gestore dei Servizi Energetici) cha ha registrato un fatturato di 55,1 miliardi di euro annui.
Il rapporto della CGIA è avvalorato dalle relazioni semestrali presentate dalla DIA
(Direzione Investigativa antimafia) che confermano che le organizzazioni mafiose nel tempo “hanno trasformato i propri tratti distintivi, adattando ai mutamenti sociali nuovi modus operandi criminali, mediante competenze più raffinate, ma sempre finalizzate al controllo del territorio”.
Le organizzazioni mafiose anche se hanno avuto origine in zone specifiche del Mezzogiorno nei decenni si sono ramificate e si sono espanse in modo così capillare che oggi sono presenti in tutto il territorio italiano in modo diffusivo e pervasivo.
Con il tempo si sono evolute e sempre più spesso hanno rinunciato all’utilizzo della forza o dell’intimidazione a vantaggio di nuovi rapporti di connivenza con professionisti finanziari e tributari, attraverso i quali si sono infiltrati nel mondo imprenditoriale in modo da controllare le attività economiche delle imprese che ci sono sul territorio.
In questa maniera, le mafie, non solo trovano una via più facile per la loro attività di riciclaggio dei capitali illeciti, ma a questa si va ad aggiungere la possibilità di incrementare i profitti dai canali legali dei mercati.
Grazie ai dati di UIF (Unità di informazione Finanziaria della Banca d’Italia), insieme alle informazioni della Direzione Nazionale Antimafia e dell’Autorità giudiziaria, è emerso che circa 150mila imprese sono sospettate di essere collegate o controllate dalle organizzazioni criminali di stampo mafioso.
In Sicilia se ne stimano circa 14mila.
Oggi le mafie non sono più impegnate solo in traffici illeciti quali contrabbando, narcotraffico, prostituzione, traffico di esseri umani, ma si sono trasformate in vere organizzazioni imprenditoriali che, nell’ombra, tessono rapporti sempre più stretti con le Istituzioni in modo da potersi insinuare negli organi politici locali e poterli controllare e condizionare nelle loro scelte.
Le mafie italiane, sono ancora forti e ben radicate, nonostante la ferrea attività di repressione da parte della Magistratura e delle forze dell’ordine, grazie a quest’area grigia in cui si intrecciano relazioni di complicità e di collusione.
Relazioni che sfociano in un sistema di favori e di corruzione, specialmente nell’ambito della Pubblica Amministrazione, grazie a funzionari infedeli e corruttibili. In questo modo le mafie si infiltrano nelle gare degli appalti pubblici e dei subappalti.
Questo legame tra le mafie italiane e appalti è stato, negli anni, fondamentale per la costruzione del potere mafioso, non solo al Sud, ma in tutta Italia.
Il gettito di denaro pubblico di cui i mafiosi si sono appropriati attraverso gli appalti pubblici ha contribuito a finanziare il sistema mafioso con denaro pulito e ha permesso di accumulare ricchezza.
Gli appalti pubblici servono ai mafiosi per fornire lavoro ai loro affiliati, però è lavoro in nero e mai secondo le norme sindacali dei rapporti di lavoro. In questo modo si controlla non solo l’appalto ma anche la gestione del lavoro e la speculazione sull’acquisto delle materie prime.
Alla fine di questo percorso criminale si arriva poi a forme di corruzione nei riguardi di quei funzionari che dovrebbero controllare la qualità delle opere realizzate a fine lavori.
Ma non solo infiltrazione nella Pubblica Amministrazione, ma anche nelle Istituzioni con il voto di scambio che ha rafforzato la connivenza tra la classe politica e i gruppi mafiosi.
In Sicilia, Cosa Nostra, nonostante gli importanti arresti dei capi storici, ultimo in ordine cronologico Matteo Messina Denaro, e le numerose confische di ingenti patrimoni, è riuscita a contrastare il proprio indebolimento.
Matteo Frasca, Presidente della Corte d’Appello di Palermo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il 25 gennaio scorso, lo ha confermato dichiarando che Cosa Nostra “è ancora oggi particolarmente attiva ed economicamente florida” in quanto ha mantenuto la capacità di infiltrarsi nei settori economici e sociali ed è riuscita ad inserirsi nel settore degli appalti pubblici, nella illecita gestione dei fondi comunitari ed ha rafforzato i suoi rapporti con la politica attraverso pubblici funzionari compiacenti.
Questo perché “Cosa nostra è in grado di avvalersi di complicità e connivenze radicatesi presso ampi settori della Pubblica Amministrazione e ambienti deviati della massoneria”.
La lotta contro Cosa Nostra deve continuare ad essere forte e decisiva così come l’azione di contrasto verso tutte le mafie che operano in Italia con attività non più dichiaratamente illecite ma mascherate da una veste di legalità, ma non per questo meno pericolose del periodo delle stragi, poiché mirano a una sempre più pressante ingerenza sia nel tessuto imprenditoriale-economico locale, sia nell’ambito delle Istituzioni politiche per delegittimarle dall’interno.