Il fascino immortale di Verdi al Teatro Massimo “Bellini” con Rigoletto
Le melodie di Giuseppe Verdi hanno segnato la fine della pausa estiva e la riapertura al pubblico del ‘Bellini’ con gli ultimi due spettacoli della stagione 2023-24. A dominare la scena, riproponendo la versione realizzata dal teatro catanese nel 2021 per il Teatro Antico di Taormina (con Leo Nucci protagonista e regista, insieme a Placido Domingo direttore d’orchestra), è stato il famoso melodramma: “Rigoletto”.
Musica di Giuseppe Verdi su libretto di Francesco Maria Piave. Personaggi e interpreti della prima (gli artisti, tutti di alto livello, che li sostituiscono in altri turni sono tra parentesi): Rigoletto: George Gagnidze (Anooshah Golesorkhi/ Roman Burdenko), Gilda: Enkeleda Kamani (Alina Tkachuk/Federica Foresta), il Duca di Mantova: Ivan Magrì (Valerio Borgioni), Sparafucile: Ramaz Chikviladze (Valentin Azarenkov), Maddalena: Elena Belfiore (Mariam Baratashvili), Giovanna: Elena Borin, Il conte di Monterone: Luca Dall’Amico (Viktor Shevchenko), Marullo: Fabrizio Brancaccio, Matteo Borsa: Riccardo Palazzo, Il conte di Ceprano: Gianluca Failla, La contessa di Ceprano: Sonia Fortunato, un usciere di corte: Angelo Nardinocchi, un paggio della duchessa: Ylenia Lasalvatore.
Direttore d’orchestra: Jordi Bernàcer. Regia di Leo Nucci. Scene di Carlo Centolavigna. Coreografie di Giuseppe Bonanno. Costumi di Artemio Cabassi. Luci di Bruno Ciulli. Allestimento del Teatro Massimo Bellini. Direttore Allestimenti Scenici: Arcangelo Mazza. Assistente alla regia: Alessandro Idonea. Assistente alle scene: Francesca Nieddu. Assistente ai costumi: Giovanna Giorgianni. Maestro del coro: Luigi Petrozziello
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini.
Quando Giuseppe Verdi (1813-1901), nel 1851 metteva in scena Rigoletto, la prima opera della cosiddetta “Trilogia popolare”, composta anche da Il trovatore e La traviata, usciva da un periodo molto travagliato. La sua vita era segnata dalla morte, nel 1840, della moglie Margherita che aveva sposato appena quattro anni prima e da quella, nel ’37 e nel’38, di entrambi i figli da lei avuti.
Gli anni Cinquanta, e fino all’Unità, inoltre erano anni turbinosi del Risorgimento italiano in cui Verdi era coinvolto e di cui veniva considerato un simbolo (W Verdi, cioé W Vittorio Emanuele Re d’Italia, era scritto sui muri!)
Il giovane vedovo ventisettenne tre anni dopo iniziava la sua lunga, duratura relazione con il soprano Giuseppina Strepponi (1814-1897), tanto chiacchierata per i suoi molti amori e altrettanti figli illegittimi. Il loro matrimonio, celebrato segretamente, sarebbe avvenuto solo nel 1859.
Dopo “gli anni di galera”, come li definì lui stesso, Rigoletto tratto dal dramma storico di Victor Hugo Le Roi s’amuse -che Verdi riteneva «il più gran soggetto e forse il più gran dramma de’ tempi moderni. Tribolet è creazione degna di Shakespeare!» – segnava una svolta.
Aveva composto 16 opere prima della Trilogia, 9 ne avrebbe musicate dopo.
Le roi s’amuse aveva avuto la sua prima e unica rappresentazione alla’ Comédie Française’ il 5 novembre 1832.
Il protagonista Tribolet infatti veniva colpito dalla censura dell’epoca che volle vedere nel torbido Francesco I un attacco offensivo al contemporaneo re Luigi Filippo: il dramma, non poté più essere rappresentato dopo la sua ‘prima’.
Hugo, come paladino della libertà di parola, denunciò il ministero e il caso divenne celebre in Francia…ma l’autore perse la causa.
Nel 1850, quando Giuseppe Verdi cominciò a lavorare sul tema, attraverso un adattamento operistico del libretto di Piave, voleva mantenere l’ambientazione francese e intitolare l’opera La maledizione di Vallier. Cadde tuttavia anch’egli, insieme a Piave, sotto la mannaia della censura austro-ungarica – in particolare di De Gorzkowski – che negò al compositore il permesso di musicare un dramma ritenuto immorale e anti-monarchico.
Il 21 novembre 1850 la censura si pronunciava deplorando «che il Poeta Piave ed il celebre Maestro Verdi non abbiano saputo scegliere altro campo per far emergere i loro talenti, che quello, di una ributtante immoralità ed oscena trivialità, qual è l’argomento del libretto intitolato La Maledizione»
Piave e Verdi spostarono a questo punto, nel gennaio 1851, l’ambientazione a Mantova, e il 14 dello stesso mese il titolo stabilito e approvato fu Rigoletto.
Il re di Francia divenne quindi il Duca di Mantova il suo palazzo sostituiva il castello di Clos -Lucé e quello di Chambord, mentre Triboulet venne tradotto letteralmente in Rigoletto; Blanche diventava Gilda, il conte di Saint Vallier si trasformava nel conte di Monterone, Santabil e la sorella Maguelone erano Sparafucile e Maddalena. Il dramma finale si consumava a Chateau de Tournelle sulla riva della Senna anziché presso la stamberga di Sparafucile sul Mincio.
Con la mediazione di Guglielmo Brenna, segretario de La Fenice, l’opera debuttò nel teatro veneziano l’11 marzo 1851.
La trama, come è noto, si dipana in 3 atti (4 in questa edizione del 2024) tra la festa nel palazzo del libertino duca ((Questa o quella per me pari sono), la ‘maledizione’ del conte di Monterone (Quel vecchio maledivami!), la preoccupazione paterna per Gilda ((Veglia, o donna, questo fiore) innamorata segretamente del duca presentatosi sotto le mentite spoglie di uno studente povero (Gualtier Maldé… Caro nome… È il sol dell’anima, la vita è amore ) e il rapimento della fanciulla da parte dei cortigiani (Zitti zitti, moviamo a vendetta… Soccorso, padre mio!).
Esplode la rabbia del giullare tradito (Cortigiani, vil razza dannata) e il dolore del padre (Piangi fanciulla… Sì, vendetta, tremenda vendetta) di fronte alla figlia ingannata (Tutte le feste al tempio) e violata (Possente amor mi chiama).
L’incontro con Sparafucile è determinante (Pari siamo!… io la lingua, egli ha il pugnale) per la tragedia che va a prepararsi: la trappola è tesa e il duca sembra caderci. Maddalena, però, la sorella del sicario (La donna è mobile …Bella figlia dell’amore) cede anch’ella al fascino del giovane (Somiglia un Apollo quel giovine…). Il finale è noto: Gilda offre la sua vita per salvare l’amato.
Rigoletto disperato (Non morir mio tesoro pietade/mia colomba lasciarmi non dei! /Se t’involi, qui sol rimarrei. Non morire, o ch’io teco morrò!) raccoglie le ultime parole della figlia (V’ho ingannato, colpevole fui…l’amai troppo…ora muoio per lui!), mentre nella notte riecheggia la nota aria La donna è mobile: il potere senza freni, scrupoli e morale purtroppo vince sempre!
È quanto Hugo/Verdi vogliono dimostrare!
La stella della serata è senza ombra di dubbio il grande Leo Nucci (82 primavere, ma non le dimostra) che da baritono, interprete ‘storico’ del tragico giullare (replicato ben 560 volte nei più importanti teatri del mondo) si trasforma, in questa occasione. in maestro della messinscena, in regista.
Dichiara nell’intervista concessa al nostro giornale la sua emozione di lavorare ad un passo dalla casa di Bellini e il suo profondo legame con il nostro teatro, con tutte le sue componenti (conserva gelosamente una storica targa donatagli dai macchinisti!).
Contrario alle rivisitazioni alla moda, ribadisce che ha voluto costruire una regia che esalta la partitura di Verdi e la fonte di Hugo mettendo in scena il Rigoletto così come lo pensava Verdi per il rispetto che si deve “di fronte a questi geni…Il pubblico vedrà e sentirà ciò che voleva l’autore”
Scrive nelle sue note di regia: “Il mio sogno era realizzare un Rigoletto o Triboletto, come lo chiama Verdi nel manoscritto e nelle lettere, il più possibile corrispondente alla fonte letteraria del libretto, e cioè Le Roi s’amuse di Victor Hugo… Per questa produzione non ho piegato la drammaturgia a mio piacimento, ma ho cercato di capire, studiandole per anni, le intenzioni dell’autore… La partitura contiene tutto: drammaturgia e regia…Perciò qui cerchiamo di rappresentare Rigoletto come fu pensato, realizzandone quella che Verdi chiamava mise en scène… sia in Rigoletto come anche ne Le Roi s’amuse, l’uomo di potere se ne va cantando, sano e salvo. Grande coup de théâtre!”.
Il pensiero di Nucci trova concorde il direttore d’orchestra Jordi Benàcer, formatosi a Valencia e Vienna e direttore residente alla S. Francisco Opera, emozionato per il privilegio di poter collaborare con il grande baritono/regista. Ci ha dichiarato anche la sua grande soddisfazione di tornare a lavorare con la nostra orchestra diretta in passato nella Traviata: “Rigoletto è un capolavoro e una sfida; c’è tutto Verdi con la sua grande umanità… La complessa struttura dell’opera comprende coro, duetti, recitativo, arie tradizionali, caballette, polifonia”
Anche il tenore catanese Ivan Magrì (il Duca), diplomato al ‘Verdi’ di Milano e allievo di Pavarotti, ci confida il grande senso di appartenenza che lo lega al ‘Bellini’ dove ha cantato 15 anni fa e l’ammirazione per Nucci che ha creato “uno spettacolo meraviglioso, tradizionale, senza volgarità”
Questo intenso dramma di passione, tradimento, amore paterno e filiale e vendetta, pieno di ricchezza melodica e potenza drammatica, vuole sottolineare la dimensione profondamente emotiva di un ‘emarginato sociale’, e per di più deforme, in cui tutte le corde del sentimento sono presenti: è un messaggio di grande attualità.
“Rigoletto – conclude il regista – è un’opera profondamente innovativa sotto il profilo drammaturgico e musicale è un grande dramma per la sua umanità e attualità.
Certe cose non cambiano: cambia la tecnologia che abbiamo a disposizione per rappresentare, ma non l’animo umano”.
Un super spettacolo, dunque, con grandi artisti, orchestra e coro (diretto da Luigi Petrozziello) di altissimo livello, sceneggiature e colori dei costumi (di Carlo Centolavigna) di sottile raffinatezza.
Il pubblico entusiasta, accontentato da generosi bis, ha tributato dieci minuti di applausi – oltre quelli a scena aperta – e standing ovation finale per questa serata indimenticabile.
Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi