Il fantasma del castello di Nelson a Maniace
Il castello di Maniace, suggestivo castello siciliano, donato dal re Ferdinando I di Borbone all’ammiraglio Orazio Nelson, per ricompensarlo dei servigi che aveva reso stroncando la rivolta napoletana del 1799 e impiccando l’ammiraglio Caracciolo, rappresenta momenti ed eventi storici importanti che hanno segnato la terra di Bronte.
Ma quello che rende particolare questa residenza che Horatio Nelson non ebbe mai il piacere di poter vedere poiché morì poco dopo per le ferite riportate nella battaglia di Trafalgar, è la presenza di un fantasma che si aggira per il lungo corridoio, dalle pareti verde chiaro, che dà accesso alle stanze per gli ospiti.
Lo stesso duca Alexander Nelson Hood confermò allo scrittore Robert Hichens che il corridoio era infestato e che durante la notte a volte sentiva dei rumori come dei passi di qualcuno che lo attraversava. Per questo, con suo disappunto, la servitù non dormiva mai in quella parte del castello.
Forse suggestionato da precedenti racconti o forse perché l’aveva visto veramente, quello che è certo è che lui credeva all’esistenza di un fantasma.
In effetti si cominciò a parlare della sua presenza con insistenza a partire dai primi anni del 900 quando la musicista inglese Maude Valerie White, soggiornò come ospite nelle stanze del castello.
Nelle sue memorie scrisse che, dopo aver soggiornato una prima volta senza che fosse accaduto nulla, la seconda volta che ritornò al castello, di notte, precisamente tre minuti dopo la mezzanotte, fu svegliata all’improvviso da dei forti e profondi lamenti. Terrorizzata si alzò di scatto e saltò giù dal letto. Ricordando che nella camera accanto dormiva un altro ospite, decise di aspettare qualche momento prima di svegliarlo.
I lamenti si fermarono all’improvviso dopo pochi attimi e la donna, per la paura, non riuscì a riprendere sonno fino alle prime luci dell’alba.
Il mattino seguente, con sua grande sorpresa, sia il vicino che il duca Hood le confermarono di non aver sentito nulla e che nessuno dei servitori si era lamentato per un malessere.
Però la notte seguente, sempre tre minuti dopo la mezzanotte, la musicista venne svegliata di soprassalto di nuovo dagli stessi lamenti della notte precedente.
Impaurita decise di partire il giorno dopo, ma fu trattenuta da Alexander che si offrì di dormire nella stanza accanto.
Quella notte il sonno della musicista non fu turbato da nessun lamento.
Nessuno ha mai saputo a chi appartenessero quei lamenti e per quale motivo l’anima fosse così sofferente.
Però si cominciò a dire che forse era l’anima dannata dell’abate commendatario dell’Abbazia di Maniace il cardinale Roderico Lenzuoli Borgia poi divenuto Papa Alessandro VI.
Oppure forse era l’anima inquieta di Lady Emma Hamilton, amante di Horatio Nelson, morta in povertà assoluta insieme alla loro figlia Orazia che non venne riconosciuta dai suoi eredi, e che non riuscì mai ad arrivare nel Castello del suo amato.
Chiunque sia il fantasma che si aggira, quello che è certo è che il poeta scozzese William Sharp che soggiornò negli stessi anni a Maniace, restò deluso dal fantasma.
Pronto a incontrare lo spirito inquieto di Papa Alessandro, intravide, così come lui stesso scrisse, “una specie di creatura inutile e priva di leggenda una sorta di genius loci, in qualche modo eccentrico nell’aspetto e nell’abitudine, ma del tutto inoffensiva e discreta”.
In sostanza se un fantasma c’era, non era all’altezza, una sorta di spettro di second’ordine.
Però un fantasma c’era, ne aveva sentito i lamenti la musicista White e, tra le servitù e i popolani si sussurrava da tempo la presenza di uno spettro che vagava per quel lungo corridoio.
Quello che è certo è che non è il fantasma di un papa, né quello di un guerriero saraceno o di un monaco benedettino. Forse solo un’anima persa.
Un’anima che dopo questi avvistamenti dei primi del 900 ha smesso di lamentarsi. Si presume che sia andata via, forse è riuscita a oltrepassare il confine terreno per congiungersi con la vita ultraterrena oppure ha solo deciso di non farsi più udire da orecchie umane.
Nessuno lo scoprirà mai, ma se si percorre il lungo corridoio, nel silenzio pacato, interrotto solo dal calpestio felpato dei propri passi sul vecchio tappeto rosso, non si può non sentire aleggiare intorno la presenza invisibile di tutti gli uomini e le donne illustri che lo hanno attraversato e che hanno lasciato un segno indelebile del proprio passaggio.