L'Opinione

Il diritto di aborto non si tocca!

“A restare incinte siamo noi donne, a partorire siamo noi donne e a morire partorendo o abortendo siamo sempre noi donne, ecco perché la scelta tocca noi”!
E siamo tutte concordi con le parole dette da Oriana Fallaci per sottolineare quanto sia inalienabile questo nostro diritto di decidere se interrompere o meno la gravidanza.
Un diritto conquistato dopo anni di lotte, che ci rende libere di scegliere ma che in questi giorni è stato indegnamente degradato a motivo di scontri politici che soddisfano solamente gli egoistici interessi di partiti che hanno dimostrato per l’ennesima volta con quanta superficialità affrontino le questioni di noi donne.
Il diritto di aborto è stato sbattuto sulla piazza pubblica senza alcun rispetto per il doloroso percorso emotivo e psicologico che ogni donna affronta quando giunge a una decisione così estrema.
L’arroganza di certa politica che si crede in diritto di sentenziare a proprio piacimento ha mostrato il suo volto nella polemica nata in conseguenza dell’istituzione di una stanza per l’ascolto delle donne incinte al Sant’Anna di Torino. Un nuovo strumento offerto alle donne in gravidanza che si trovano in difficoltà, per supportarle e permettere loro di parlare dei propri problemi in piena libertà senza alcun obbligo, ma solamente per essere aiutate ad avere una maggiore consapevolezza.
Sostanzialmente si è tentato rendere operativo l’articolo 5 della legge 194 del 1978 che prescrive di esaminare le possibili soluzioni dei problemi e di aiutare la donna a rimuovere le cause che hanno determinato la sua decisione di interrompere la gravidanza.
Una iniziativa “scandalosa” che ha miracolosamente risvegliato le coscienze addormentate di numerosi paladini e paladine dei diritti femminili che, dopo anni di politiche di colpevole ignavia e di totale disinteresse per le reali problematiche che le donne si trovano a dover affrontare nel nostro paese, hanno levato in alto le loro protese, inorriditi di fronte a un’azione, a loro dire, così liberticida e si sono riscoperti strenui sostenitori del diritto delle donne di abortire in piena libertà.
Eppure se ci voltiamo indietro non troviamo niente di tutto ciò, solo un assolato deserto di mancate proposte e altrettante soluzioni mai messe in pratica che ci hanno inesorabilmente portato a una drammatica e vergognosa situazione di degrado sanitario nei confronti delle donne che scelgono di abortire.
Con la consueta tracotanza, che contraddistingue sempre chi non solo non ha fatto nulla ma non ha neanche niente da proporre, è stato messo in atto il solito, squallido giochetto delle accuse tacciando l’iniziativa come una inaccettabile umiliazione nei confronti delle donne e come una violenza psicologica nei loro confronti.
E ci si è volutamente dimenticati delle continue e quotidiane umiliazioni e violenze psicologiche che sono costrette a patire le donne che decidono di esercitare questo loro diritto.
Questo accade tutte le volte che si recano in ospedale per abortire e incontrano solo indifferenza se non ostilità da parte di un personale medico obiettore di coscienza che non è stato rimosso per l’inefficienza del servizio sanitario e per la strafottente incompetenza del ministero preposto.
O quando non trovano nella propria città una struttura pubblica in grado di permettere loro di abortire e devono spostarsi a proprie spese nel centro più vicino.
Questo è il vero oscurantismo da medioevo in cui sono costrette a vivere le donne, lasciate sole con le proprie paure e incertezze!
Invece di preoccuparsi di queste problematiche che affliggono da decenni, è stato ritenuto molto più proficuo, per sé stessi e per gli interessi di partito, ergersi a improvvisati difensori di un diritto che non si è mai veramente tutelato e assicurato.
Questo nostro diritto di aborto è stato vergognosamente strumentalizzato, la nostra sofferenza di donne ferite dalla nostra stessa decisione è stata banalizzata e privata della sua dignità più intima e personale.
Per l’ennesima volta la nostra libertà è stata barattata da una politica distante e assente che, per quanto declami a gran voce il nostro diritto di scelta, in realtà nasconde la più totale mancanza di sostegno sociale ed economico.
Forse la stanza dell’ascolto di Torino non è la soluzione perfetta per risolvere ogni problema, ma di certo non è una stanza di coercizione in cui viene negato il diritto ad abortire. Forse però -l’esperimento è appena partito e non si possono trarre conclusioni- ascoltare una donna in difficoltà potrebbe fare la differenza, potrebbe farla sentire meno sola, potrebbe aiutarla a comprendere le sue reali paure e quindi potrebbe essere aiutata a essere libera davvero di scegliere per se stessa.
Invece, mentre la classe politica si sollazza nelle solite vuote e inconcludenti cialtronerie e mentre noi, cittadini costantemente coinvolti in queste sterili diatribe, ci accaloriamo a imporre il nostro insindacabile punto di vista, tutti abbiamo relegato a un angolo il dolore, profondo e intimo, di ogni donna che si trova costretta a decidere della propria maternità.

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