Primo Piano

Il dibattito attuale sulla tortura

Ascesa e declino dello Stato di diritto e del diritto internazionale.

Massimo La Torre e Marina Lalatta Costerbosa, “Legalizzare la tortura? Ascesa e declino dello Stato di diritto.”, Società Editrice il Mulino, 2013, Bologna.

I media riportano casi di violenza inaudita e quasi sempre molti nelle trasmissioni televisive o anche nelle discussioni al bar o nei momenti di relax esprimono tesi estreme in materia di diritto penale: “Li dovrebbero condannare a morte!”,  “Bisogna procedere alla castrazione chimica dei pedofili!”, “Mi fanno schifo i pedofili e dovrebbero torturarli!”, “Questi terroristi sono degli assassini ed è lecito anche torturarli pur di conoscere chi sono i loro complici!”, “Bisogna gettarli in carcere e gettare la chiave. Ma non il carcere normale, il carcere al buio ed in isolamento!”. A qualcuno può sembrare che certe posizioni estreme siano solo il frutto della reazione momentanea della gente comune a fatti di violenza criminale eclatante. In realtà non è così. Anche nelle più famose e nominate università, grandi professori di diritto penale sostengono in modo molto più forbito ed argomentato tesi alquanto “estremiste”. Da qualche tempo, specie negli Stati Uniti d’America, è in corso un notevole e ampio dibattito tra i giuristi sulla reintroduzione della tortura in alcuni ristretti casi legati a gravissimi reati. Ad esempio, molti giuristi discutono sul time-ticking bomb (TTB), ossia il caso in cui la polizia abbia arrestato un terrorista coinvolto in un attentato in corso e che ci sia una bomba ad orologeria piazzata in un luogo pubblico ed affollato. I giuristi si domandano: è lecito o no torturare il terrorista per scoprire chi sono i suoi complici e sapere dove si trova la bomba per disinnescarla nel più breve tempo possibile e salvare decine o centinaia persone da una morte sicura in un luogo molto affollato?

Più in generale: è lecito o no reintrodurre la tortura in relazione ad alcune fattispecie di reato molto gravi quali il terrorismo internazionale, i crimini degli illegal enemy combatants (es. detenuti di Abu Graib e Guantanamo) o la criminalità organizzata internazionale?

Su questo delicatissimo argomento Massimo La Torre e Marina Lalatta Costerbosa hanno pubblicato il saggio intitolato “Legalizzare la tortura? Ascesa e declino dello Stato di diritto.”.

La prima parte del saggio è una storia della tortura (capitolo 1) e delle lotte che hanno portato alla sua abolizione negli ordinamenti nazionali e nei trattati internazionali (capitoli 2 e 3). Nella seconda parte, gli autori entrano nel merito del dibattito odierno che è caratterizzato da un cambio di paradigma sull’uso della tortura. (capitoli 4,5 e 6).

È un testo alquanto complesso perché gli autori vanno molto in profondità su questo delicatissimo argomento sottolineando come il diritto penale degli stati e il diritto penale internazionale siano giunti ad un momento cruciale del loro sviluppo. Soprattutto la violenza del terrorismo internazionale sta portando ad una profonda ridefinizione del concetto di pena, di stato di emergenza, di legittima difesa, delle regole di procedura specifiche a livello internazionale in queste particolari materie. Sono sorte nella letteratura penalistica sensibilità nuove molto lontane dal paradigma inaugurato da Pietro Verri e Cesare Beccaria. Il reo non è considerato più un soggetto da rieducare ma un nemico da neutralizzare ed eliminare. Si parla spesso di “diritto penale del nemico”. È in atto una profonda ridefinizione di alcuni dei capisaldi dello stato di diritto e del diritto internazionale in materia penale.

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