Il culto di San Sebastiano
Venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e da tutte le chiese che ammettono il culto dei santi, tra le quali la Chiesa Cristiana Ortodossa, San Sebastiano (venerabile, dal greco) è oggetto di un culto antichissimo.
I dati storici, in merito alla vita e al martirio del Santo patrocinatore degli arcieri, delle forze dell’ordine e protettore delle malattie endemiche, sono esigui e limitati alle notizie riportate nel più antico calendario della chiesa romana: il “Depositio Martyrum”, confluito nel “Cronogafra” del 364 d.C, manoscritto Miniato ad opera del calligrafo Furio Dionisio Filocamo.
Vissuto sotto l’imperatore romano Diocleziano, il Santo Militare, fu cresciuto come cristiano.
Divenuto alto ufficiale dell’esercito imperiale, venne condannato a morte dallo stesso imperatore, per aver indotto la conversione di una moltitudine di gente presenti a quello che è stato definito “Il Prodigio di San Sebastiano”, quando una luce divina ne irradiò il viso, come riportato in “Passio Sancti Sebastiani”, un testo leggendario redatto da un monaco del V secolo, Arnobio il Giovane.
Il Santo subì un doppio supplizio: fu legato a un palo, trafitto da innumerevoli dardi, in un sito del Colle Paladino, e creduto morto lasciato il corpo alla mercé delle bestie selvatiche.
Riferendosi a questo iniziale supplizio, la freccia divenne emblema della sua santificazione, e innumerevoli, divennero, le rappresentazioni, soprattutto rinascimentali, per le quali San Sebastiano è divenuto il martire più raffigurato della storia.
Il Santo, il cui corpo venne miracolosamente risanato, fu condannato al flagello a morte nell’ippodromo Paladino, ed esanime, venne gettato nella Cloaca Maxima, la più grande condotta fognaria dell’antica Roma.
I resti, in seguito, furono misericordiosamente trasportate sino alle catacombe di via Appia, le Catacombe di San Sebastiano, dove fu seppellito.
Il martirio è stato inflitto il 20 gennaio 288 sui “gradus Helacabali”, i gradini di Elagabalo, un tempio pagano, dove venne eretta una chiesa in nome del martire.
Da Roma, la venerazione del Santo arciere, si divulgò mediante la distribuzione delle reliquie nell’Africa romana, in Gallia e in Germania.
La figura coraggiosa, quella di San Sebastiano, e l’atrocità inaudita della pena corporale subita, hanno contribuito alla diffusione di un culto che, oggi, attraversa tutta l’Italia.
Da Bolzano, nel Laud Tirol, dove nel 2021 sono stati creati i “biscotti di San Sebastiano“, introdotti, per richiesta delle diocesi, nella tradizione alpina, sino in Sicilia, dove è particolarmente venerato.
Nel territorio siciliano è, infatti, compatrono di varie città e comuni.
A partire dal 1414 a Melilli e in tutto il siracusano fin dal 1575, quando fu invocato contro la terribile epidemia della peste, in cui versavano molte città, e a Catania, dove, insieme a Sant’Agata, è compatrono della città etnea, la devozione per San Sebastiano è antica e radicata.
Particolarmente sentita e vissuta nella città di Acireale, che tributa il compatrono, insieme a Santa Venera, in due momenti distinti dell’anno: “A festa ranni” del 20 gennaio e le celebrazioni estive, che si svolgono nel mese di agosto.
“U rizzuteddu”, San Sebastiano, viene invocato alle prime luci dell’alba, dalla popolazione acese e dai devoti, che guidati dal capo vara, al grido di “Cu tuttu u cori, viva Sanmastianu”, iniziano la spettacolare manovra di uscita della vara, dalla Basilica Collegiale di San Sebastiano.
Il fercolo settecentesco, viene trainato a braccio dai devoti “scalzi”, ricordando l’alluvione del 1682, per la città ricevendo tributi e onorificenze, in presenza di personaggi politici ed ecclesiali, accompagnato da scampanellii e dal suggestivo spettacolo pirotecnico dei fuochi d’artificio.
Una ricorrenza talmente sentita, da rappresentare l’evento religioso più atteso dagli acesi, che con fervente trepidazione, proprio in questi giorni, hanno festeggiato “la memoria dei 500 anni di culto documentato di San Sebastiano“, in un tripudio della durata di tre giorni, con in rappresentanza di tutte le opere , i Nuri di San Sebastiano, un nudo proveniente da Florida (Siracusa), raffigurante il Santo bimartire.
Giorni, nei quali, con palpitante fede ed esultante giubilo, il popolo di San Sebastiano ha potuto rivedere il suo “Capitano”, un santo, un padre, una figura familiare, che guida nelle avversità collettive e individuali i suoi devoti, che della propria città, Acireale, hanno fatto testimonianza durevole e ossequiosa dell’adorazione del Santo che “Nesci nudu e si cogghi u friddu”.
Paolo Vasta, particolare del “Martirio di San Sebastiano” (coro Basilica San Sebastiano, Acireale).