Il culto del dio Fidius: dal Quirinale al porto saraceno di Catania
Del culto di questo dio ne parlano anticamente Livio, Sesto Pompeo, Varrone, Catone, Dionisio Halicarnasseo, Ovidio, Plauto, Virgilio, Fulgenzio il Grammatico; a Roma vi erano due templi dedicati al dio Fidius; uno era situato sul colle del Quirinale ed uno nell’isola Tiberina. Rispetto al culto del dio Fidius dice Dominique Brighel:
“Georges Dumezil ha sovente messo in relazione Mitra e Dius Fidius: ma, se è indubitabilmente una divinità di tipo mitriaco, Dius Fidius non è che una figura minore, che non è per nulla paragonabile a quella di Jupiter, e sarebbe errato affermare che Jupiter, in rapporto a Dius Fidius, rappresenterebbe il solo aspetto Varuniano della prima funzione. In realtà, Jupiter ricomprende anche ciò che rappresenta Dius Fidius: è il Dio del Giuramento, della Fides. Infatti, lo Jupiter latino ribadisce nella sua Persona tratti Varuniani accanto a tratti Mitriaci, altrimenti detto, la distinzione Varuna/Mitra non è più pertinente per analizzare questa figura essenziale dell’universo religioso dei romani.” (1)
Sul culto del Dio Fidius a Roma parla Enrico Montanari:
“Tuttavia, nel caso romano, una connessione funzionale con la Fides non riguarda il nostro personaggio in quanto “Scevola” (il monco), ma anche in quanto Mucio. Un dato sembra deporre in favore di una correlazione, probabilmente arcaica, dei Mucii con Dius Fidius, ossia con la personificazione divina della Sovranità Giuridica” a Roma. Quando Varrone descrive le Quattuor Regiones di Roma in cui si svolgeva la Processione degli Argei, allorchè tratta la terza (la collina) trascrivendo ex Argeorum Sacrificiis, osserva che uno dei colli sui quali esisteva un Sacrario degli Argei, si chiamava Collis Mucialis e su di esso sorgeva il tempio di Dius Fidius. Questa correlazione Mucii-Dius Fidius ci sembra caratterizzante anche perché, fra i cinque colli della Regio Collina, quello che ospitava i Tempi del Dius Fidius era il solo che non fosse denominante da un dio.” (2)
Sui poteri del dio Fidius parla Marco Abbruzzesi:
“ […] I Sacerdotes Bidentalium esercitavano funzioni connesse con il fulmine ed in effetti Semo Sancus è ricordato come una divinità che aveva il potere di scagliare fulmini [ quelli che cadevano di giorno], inoltre, il Bidental era il luogo sacro dove cadeva un fulmine o dove un fulmine uccideva un uomo. Infine, dall’area della chiesa di S. Silvestro fu rinvenuta un’epigrafe con dedica a Juppiter Fulgurator, forse da associare a questo culto.” (3)
Ed ancora:
“In questa fase, il tempio di Semo Sancus Dius Fidius, secondo la notizia di Dionigi di Alicarnasso, dopo la realizzazione di Tarquinio il Superbo [Cecchi 2009, p. 45], fu Consecratus nel 466 a.C. dal console Spurio Postumio Albino come starebbe anche ad indicare un’epigrafe con il nome di quest’ultimo in seguito ad un Senaconsulto.” (4)
“Inoltre nella fase mediorepubblicana, è attestato un intervento nel tempio di Semo Sancus [Palombi 1966, pp. 37 ss]: furono, infatti, collocati nel 329 a.C. all’interno dell’edificio, degli Orbes Aenei ricavati dai beni di Vitruvius Vaccus posti in vendita dopo la sua condanna a morte.” (5)
Sul rapporto tra il dio Fidius e le altre divinità parla Marco Galdi:
“I Semones erano un’altra classe di divinità, il cui significato sfuggiva agli stessi Romani. Varrone li considerava come Semidei. Il Grammatico Fulgenzio, interpretando erroneamente il vocabolario, scriveva: ‘ Semones Dii fuerunt dicti, quos nec caelo adscribebant ob meriti paupertatem, sicut sunt Priapus, Hippona, Vertumnus, nec terrenos eos deputare volebant pro gratiae veneratione.’ Bizzarria etimologica cfr. semi-) di nessun valore. Tra i Semones troviamo ricordati la Salus Semonia e Semo Sancus Dius Fidius che dipende in qualche modo da Dius, cioè da una divinità sovrana, poi congiunta o confusa con Iuppiter), e forse la Dea Dia degli Arvali.” (6)
Ed ancora:
“Abbiamo già avuto occasione di ricordare Iuppiter Elicius e Iuppiter Fulguro Fulgurator. A proposito di Iuppiter Elicius bisogna aggiungere che il luogo colpito dal fulmine (fulgiritus) era considerato Religiosus, ossia sacro, quod eum Deus sibi vindicasse videtur. Aveva luogo allora una Publica Procuratio, o cerimonia fatta per allontanare il temuto influsso di Prodigia: i Pontefici circondavano di un Puteal il luogo consacrato dalla presenza del Dio, e un Bidental, ossia il sacrificio di un agnello, poneva fine alla cerimonia del Fulmen Conditum. Il Recinto o Puteal, ond’era circondato il luogo colpito dal fulmine, serviva ad impedire che venisse calpestato. Iuppiter era altresì custode del diritto e del giuramento. La formula Medius-Fidius (Me Dius Fidius), che assunse anche valore di scongiuro, sta a provare lo schietto stampo romano della divinità. Sotto la protezione di Dius Fidius era posto il santuario della Fedeltà (Fides) presso il Sacello di Iuppiter Lapis sul colle palatino.” (7)
La Triade Romana Primitiva [ Iuppiter Grabovius – Mars Grabovius – Vosionus Grabovius ] assegna alla prima funzione Iuppiter ( cone Varuna e Odinn) e Dius Fidius ( come Mitra e Tyr); alla seconda Mars […]; alla terza Quirinus […].” (8)
Del Dio Fidio parla ancora Vincenzo Cartari Reggiano nel suo libro Imagini De Gli Dei Antichi:
“ […] del Dio Fidio dé Romani, perché come quello [ Giove Horcio ] guardava il giuramento,che fosse vero, & giusto, così questo era sopra al servar la fede, & per questo era dorato, % trovasi fra le cose antiche di Roma fatto in questa guisa Egli è un pezzo di marmo intagliato a modo di fenestra, ove sono scolpite tre figure dal mezo in su, delle quali l’una, che è dalla banda destra, è di huomo in habito pacifico, & ha lettere a canto, che dicono HONOR: l’altra dalla sinistra parte è di donna del nel medesimo habito, con una corona di Lauro in capo, & con lettere, che dicono VERITAS. Queste due figure si danno la mano destra l’un con l‘altra, tra le quali è la terza del fanciullo, che ha la faccia bella, & honesta, cui sono intagliate sopra il capo due parole DIUS FIDIUS.” (9) Nella immagine sottostante la tavola di marmo di cui parla V. Cartari Reggiano.
Publio Vittore trattando delle religioni a Roma parla del tempio di questo dio, che secondo lui, fu edificato sul colle Quirinale da Marcello, e dell’origine di questo culto a Roma:
“Divo Fidio – Santo & Fidio erano Dei dei Sabini, i quali essi venendo a stare a Roma, portarono da casa loro insieme con tutti i loro arnesi sul monte Quirinale. & Dicevano che in parole questa deità era in tre Deità: ma in tutti era una sola Deità. Edificato per tanto un tempio solo a essi tre: si appellavano con un solo nome di Santo.” (10)
A Roma vi era forse un altro santuario o altare (ara) dedicato a Semo Sancus sull’Isola del Tevere, vicino al tempio di Iupiter Iurarius, oltre quello situato sul colle Quirinale. Questo altare recava l’iscrizione vista e travisata da S. Giustino (Semoni Sanco Deo, letta come: Simoni Deo Sancto), ed è stato scoperto nell’isola Tiberina nel mese di luglio del 1574. L’altare si è conservato nella Galleria Lapidaria dei Musei Vaticani, primo scomparto. Lanciani avanza l’ipotesi che, mentre il santuario sul Quirinale era di origine sabina, quello sull’isola Tiberina era latino.
Sulla funzione di “Archivio” del tempio del dio Fidio posto sul colle del Quirinale dei documenti inerenti i trattati internazionali parla Mela Albana:
“Uno fra i più antichi trattati di cui si ha notizia, quello stipulato da Tarquinio con Gabii iscritto su uno scudo di legno coperto dal cuoio del bue sacrificato per il giuramento, si trovava nel tempio di Dius Fidius, cioè Sancus, sul Quirinale. Non appaiono casuali né l’uso del materiale, in verità unico, su cui sono in-cise le formule, né la scelta del luogo dove è conservato il prezioso documento:il primo era dettato da precise circostanze rituali, la seconda dalla funzione di Dius Fidius che, come Iuppiter, presiedeva ai giuramenti, e quindi ai foedera.” (11)
IL CULTO ED IL TEMPIO DEL DIO FIDIUS A CATANIA
La presenza del culto del dio Fidio a Catania e l’esistenza di un tempio, con specifiche caratteristiche architettoniche di forma triangolare i cui resti erano esistenti fino al XVI secolo, a lui dedicato nell’area che, oggi, è prospiciente il porto di Catania, pongono più di un interrogativo sulla presenza di questo culto religioso a Catania, attribuibile inizialmente, secondo alcuni autori, ai Siculi tenendo conto del loro arrivo in Sicilia nella data che viene dai più ritenuta la più attendibile: il 1050 a.C..
Della presenza del tempio e del culto del dio Fidio a Catania parla Vincenzo Bondice:
“Fu venerato questo Dio, che presiedeva ai Giuramenti della Bona Fede. Catania sia che lo abbia ricevuto dai Romani, sia che lo abbia conosciuto dai Calcidesi suoi fondatori, egli è certo che un tempio di Fidio eresse, secondo Grossi e Carrera, nel luogo vicino al Porto Saraceno, detto dell’Arcora, dai vicini acquedotti arcuati come osserva Amico. Era questo tempio grandioso anzi massimo chiamato dall’Arcangelo, di forma triangolare. Esistono molti avanzi sotterranei, il resto fu rovesciato al suolo per ordine di Govanni Vega Viceré di Sicilia nella occasione di costruirsi le mura attorno la città. Ci rapporta Fazello che nel 1554 scavandosi il lido del Porto Saraceno presso questo tempio, fu rinvenuta una lapide marmorea dedicata al Dio Fidio, cui i Greci chiamavano Trinomio, perché con tre nomi appellato, e ci assicura, che questa lapide, dove era anche sculta l’immagine di questo dio, fu trasportata a Palermo nel palagio di Alfonzo Roys, che con massimo piacere in quei tempi ammiravasi dagli intendenti di archeologia.” (12)
Del tempio del Dio Fidio a Catania parla il Carrera, che al proposito così:
“Trattar dovendosi del tempio di Fidio Dio, ch’hebbe tre nomi, riverito da’ Catanesi farò principio dall’autorità del Fazello, che in tal modo si legge. Nuper anno salutis 1554. Mense maio apud Catana in sodiendo littore apud Portum cognomento Saracenum, in tabula marmorea quadripedati Fidius apud Graecos trinomius veteris superstizionis deus tribus his nominis appellatur Semipater, Fidius, & Sanctus, & his alijs Honor, Veritas, & Amor sub tribus imaginibus sculptus fuit repertus. Honor scilicet, & Veritas manus dexteras iugentes, ille aperto capite, haec pallio vittata, & Amor medius adolescens utrumque complectens. Huius festum nonis iunij Romani celebrabant, per hunc iurabant, seque obligabant dicentes, Medius Fidius, de quo in sexto fastorum libro fu sé scribt Ovidius, & Plautus in Asinaria.”. I versi d’Ovidio son questi.
Quaerebam nonas Sancto, Fidio ne referrem,
An tibi Semipater, tunc mihi Sanctus ait.
Cuicumque ex illis dederis. Ego munus habebo;
Nomina terna fero; sic voluere Cures
Il luogo di Plauto è tale. Nam Fidius Deus est, qui fidei praest, dum dicitur per Deus Credis, iurato mihi. Il medesimo Fazello nell’additione dell’opera facendo ricordo dell’istessa statua del Dio Fidio trasportata in Palermo così dice. Fidius is marmoreus Panormum postea exportatus in aedibus Alphonsi Roys Siciliae Prothonotarij, & totius antiquitatis studiosissimi maxima cum voluptate ab erudis hodie cernitur. L’Arcangelo, nella cui fanciullezza fu trovato il marmo, narra che nel lito del Porto Saracino era una torre, tempio triangolare antichissimo; questo edificio da Govanni di Vega Viceré di Sicilia fu spianato per fondarvi la nuova muraglia, la qual’hoggi si vede, A’ fortezza della città, della qual torre, o’ Tempio ( ei dice) infino al presente ne son rimaste grandissime moli di pietre buttate in mare presso la muraglia. Dir si può, che nella torre vi stesse il Tempio, o’ Sacrario del Dio Fidio; tal fù quel di Pallade nel castello di Troia, del quale se ne ricorda Virgilio. Ma ne sopra citati versi d’Ovidio i testi più corretti in vece di Sancto, e Semipater hanno Sanco, e Semicaper. Di qua ritruovo Hercole Sanco, e Fidio Semone Sanco; dicesi ancor Sango dal dio dé Sabini; l’asserisce il Rhodigino a’ fede di Dionisio di Halicarnasseo, nel cui testo, se non è scorretto, si legge Samo. I Greci lo dicon Pistio, e dinota l’istesso, che Fidio, ma la prolazione delle parole Medius Fidius è quasi la forma del giuramento, del che mi riserbo a’ dirne altro nel 3. Libro.” (13)
Del tempio del dio Fidio parla anche Vito Amico, riportando quanto scrive il Fazello:
“Scrive il Fazello che nel mese di maggio dell’anno 1554, mentre si stava scavando nel Porto Saraceno, in prossimità della spiaggia, fu rinvenuta una tavola marmorea, della dimensione di quattro piedi, votiva dei devoti dell’antica superstizione verso gli dei, ovvero idoli, dov’erano scolpite tre immagini ornate da questa iscrizione: Amore, Onore, Verità. L’Onore e la Verità si tenevano per mano, il primo con il capo scoperto e l’altra cinta da pudica veste. L’Amore, posto al centro dei due, si abbracciava ad entrambi. Sul ritrovamento di questa tavola marmorea ci siamo soffermati altrove e fra le tante interpretazioni abbiamo a torto criticata quella di Giorgio Gualterio.” (14)
Del dio Fidio parla anche Giovanni Florio Castelli:
“Tempio di Fidio – Icone di Santa Maria la Lettera – Fidio Dio della Fede; questo Dio aveva similmente culto in Catania. Il tempio di forma triangolare era in quel sito di città, che anticamente si chiamava dell’Arcora. Dice Arcangelo che era un Tempio Grandioso. Il Viceré di Sicilia Giovanni Vega lo fece atterrare, onde costruirsi le mura della città. Ciò avvenne nell’anno 1552. Era il tempio ove al presente si vede sulle sue mura eretto il Palazzo Vescovile a levante. Vi fu eretta una bellissima Icone consacrata a Maria Santissima la Lettera. Oggi è stata decorata ed abbellita con fregiate pietre calcaree e attira la pubblica venerazione e devozione. Museo – Fazello scrive che facendosi dei scavi ove era il tempio fu rinvenuta una lapide marmorea dedicata al Dio Fidio con la immagine di lui sculta. Fu trasferita a Palermo nel palagio del sig. Alfonzo Roys Antiquario Generale di Sicilia.” (15)
Ed ancora sul dio Fidio scrive Mariano Foti:
“Scendendo per via Porticello, troviamo a destra, a oriente del Palazzo Arcivescovile, un Tempietto dedicato alla ‘ Madonna della Lettera’. L’Effige Mariana che vi si venera si deve al delicato pennello del Sacerdote Francesco Gramignani che la dipinse ad olio nel 1764. Dove ora sorge questa sacra Icone, c’era anticamente il tempio di Fidio, fatto abbattere dal Viceré Vega nel 1552 proprio in vista della edificazione delle mura cittadine. Lo conferma anche un reperto archeologico. Infatti, da scavi effettuati sul posto nel maggio del 1554, venne alla luce, come scrive il Fazello, ‘ Una tavola di marmo larga circa quattro piedi, su cui erano effiggiati in altorilievo l’Onore, la Verità e l’Amore: era l’avanzo di un’edicola al Dio Fidio, divinità greco-italica, che presiedeva ai giuramenti’. Quel culto avveniva al Porticello perché i partenti non dimenticassero le promesse fatte. Dius Fidius era un appellativo di […] (Zeus Pistios) cui era attribuita la tutela della fedeltà; era anche identificato con Semo Sancus divinità umbro-sabina.” (16)
Le mura esterne del palazzo arcivescovile di Catania nelle quali è incastonata l’edicola della Madonna della Lettera, nel luogo dove sorgeva il tempio del dio Fidio
Primo piano dell’edicola della Madonna della Lettera
Il quadro raffigurante la Madonna della Lettera
LA SPECIFICA CARATTERISTICA ARCHITETTONICA TRIANGOLARE: ELEMENTO DISTINTIVO DEL TEMPIO DEL DIO FIDIO?
Una costante architettonica che viene riportata nei lavori in cui si parla di templi del dio Fidio, è la forma triangolare che avevano tali costruzioni; questa caratteristica induce considerare con attenzione le notizie che parlano di costruzioni triangolari, potenzialmente collegabili ad un tempio del dio Fidio. Di una di tali costruzione esistenti sul Monte Cardillo, oggi in territorio di Misterbianco, parla Ignazio Paternò Principe di Biscari:
“Nell’uscire dalla Terra di Misterbianco sulla destra della strada, che porta in Catania, si vede un Monte di acuta figura, volgarmente chiamato Monte Cardillo. Se il Viaggiatore vorrà durar la fatica di farne la salita, troverà sulla cima di esso gli avanzi di edificio triangolare, costrutto di grosse pietre quadrate, oggi nella maggior parte levate; di cui non restano, che circa 12. Palmi di elevazione. Ogni facciata è di 30 palmi, ed ha due angoli acuti, ed il terzo tagliato. Non si osserva in questo residuo vestigio alcuno di porta, che forse fu tant’alta, che v’abbisognava una scala posticcia. Faccia il Viaggiatore le sue riflessioni, a quale uso avesse potuto essere impiegato questo edificio; e nello stesso tempo goderà la più superba veduta, scoprendosi gran tratto del mediterraneo dell’Isola.” (17)
Di una costruzione molto antica avente le stesse caratteristiche architettoniche triangolari parlano Vincenzo Epifanio e Alberto Gulli, di un rinvenimento a Lentini, avvenuto il 30 novembre 1542, documentato da un codice che tratta della cronaca siciliana del XVI secolo:
In la chitati di Lentini roynau grandissima quantitati di casi et palacsi, premaxime in lo quarteri di lo Tiruni et di Castellonovo; dictu castellu quasi tuctu roynao. Foro morti in numero di persuni septanta et chuj. In lo dicto quarteri di lo Tiruni undi e lu castellu roynau parti, et premaxime una turri triangolari maxima; la mitati roynau tucta et la mitati restao abbuccata: la quali si dichia essiri antiquissima et edificata innanti Ruma.” (18)
I resti della costruzione triangolare sul monte Cardillo di cui parla il Biscari in un disegno di Houel
BIBLIOGRAFIA
- Dominique Briquel – Sul buon uso del comparativismo indoeuropeo – in Esploratori del pensiero umano – Georges Dumezil e Mircea Eliade – a cura di Julien Ries e Natale Spineto – Jaca Book – Milano 2000 – p. 42.
- Enrico Montanari – Georges Dumezil e la religione romanaarcaica – in Esploratori del pensiero umano Georges Dumezil e Mircea Eliade – a cura di Julien Ries e Natale Spineto Jaca Book – Milano 2000 – p. 91.
- Marco Abbruzzesi – La ricostruzione dell’assetto topografico della VI Regio Augustea di Roma dal periodo repubblicano all’età tardoantica tesi di dottorato di ricerca in storia antica, relatrice Prof.ssa Francesca Generini – Università di Bologna 2013 p. 47.
- Marco Abbruzzesi, cit. p. 49.
- Marco Abbruzzesi, cit. , p.56.
- Marco Galdi – La religione dei Romani – in Storia delle religioni – quinta edizione riveduta a cura di Giuseppe Castellani S.I. – U.T.E.T. – Torino 1962 vol. II – pp. 596-597.
- Marco Galdi, cit., pp. 610-611.
- Marco Galdi, cit., p.669.
- Vincenzo Cartari Reggiano – Imagini De Gli Dei Delli Antichi – Padova 1615 – p. 143.
- Publio Vittore – Delle Religioni & Dé Luoghi di Roma.
- Mela Albana – I luoghi della memoria a Roma: Templi e Archivi – Annali della Facoltà di Scienze della Formazione Un. CT. – pp. 16-17.
- Vincenzo Bondice – Gli antichi monumenti di Catania – Estratto dal giornale “ Il mondo del culto 1859 e 1860” – Palermo 1860 – pp. 21-22.
- Pietro Carrera – Delle Memorie Historiche della Città di Catania – Catania MDCXXXIX – vol. primo, pp. 49-50.
- Vito Amico – Catana Illustrata – traduzione di Vincenzo Di Maria – Carmelo Tringale Ed. – Catania 1990 – vol. II, pp. 281-282.
- Giovanni Florio Castelli – memorie storiche intorno la distruzione dei vetusti monumenti in Catania – Catania 1866 – pp. 17-18.
- Mariano Foti – Civitas – Scuola Salesiana del Libro – Catania 1974 – pp. 187-188.
- Ignazio Paternò Principe di Biscari – Viaggio per tutte le antichità della Sicilia – Nella Stamperia Simoniana – Napoli MDCCLXXXI – pp. 61-62.
- Vincenzo Epifanio- Alberto Gulli – Cronaca Siciliana del secolo XVI – Dal Codice della Biblioteca Comunale di Catania – Palermo 1902, p. 165.
Bibliografia Generale
- Mario Attilio Levi – Ercole e Semo Sanco (Properzio, IV, 9,70 ss.) – Napoli – Macchiaroli – 1989 –
- – E. Jannettaz – Étude sur Semo Sanctus Didius – Parigi – 1885 –
- – G. Wissowa in Roschers Lexicon – Semo Sancus – Religion und Kultus der RömerMunich – 1912 –
- – Plinio Naturalis Historia XVIII –
- – Roland G. Kent – “Studi nelle tabelle iguvine” – in filologia classica – 1920
- – Renato Del Ponte – Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica – ECIG – Genova – 1985 –