Politica

Il centrosinistra ritrova un’unità momentanea per fermare lo “spacca-Italia”

Leader e rappresentanti dei partiti progressisti insieme ai sindacati e al mondo dell’associazionismo per depositare in Cassazione il quesito referendario contro la legge Calderoli sull’autonomia regionale

Lo si potrebbe definire un evento storico, se non fosse che la storia in questo paese tende spesso a ripetersi, nel bene e nel male. Eppure, vedere davanti al “Palazzaccio” di Piazza Cavour a Roma schierati fianco a fianco in un inedito rassemblement le principali figure del centro-sinistra italiano – da Elly Schlein del PD a Giuseppe Conte del Movimento 5 Stelle, da Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana a Maria Elena Boschi di Italia Viva, insieme ai leader di Verdi, +Europa, sindacati e associazioni varie – ha suscitato più di un sussulto e qualche amara considerazione sull’ironia della sorte.

L’occasione era di quelle che rivelano il peso e le contraddizioni della posta in gioco: la consegna in Corte di Cassazione delle 34 firme necessarie per depositare il quesito referendario che chiede l’abrogazione della contestatissima legge quadro sull’autonomia differenziata, fortemente voluta dal ministro leghista Roberto Calderoli e approvata dalle Camere lo scorso febbraio tra mille polemiche. Una legge che secondo i suoi critici, oggi improvvisamente riuniti, rappresenta un pericolo mortale per l’unità del paese, destinata a creare un’Italia a due (o più) velocità, con regioni di serie A e di serie B in base alla loro ricchezza e capacità fiscale. Uno “spacca-Italia”, come l’ha incisivamente definito l’ex premier Conte.

Di fronte a quella che viene percepita come una minaccia esistenziale ai valori fondativi della Repubblica, le diversità di vedute e le rivalità anche aspre che attraversano il composito arcipelago progressista sono state almeno per un giorno archiviate. “Una bella giornata”, l’ha definita raggiante Elly Schlein, “che dimostra come su battaglie così delicate ed essenziali sappiamo e vogliamo fare fronte comune, senza rinunciare alla nostra identità ma mettendo avanti ciò che ci unisce”.

La neo-segretaria del PD, che ha di fatto orchestrato la mobilitazione referendaria, incassa un primo successo nella sua opera di ricostruzione di un campo largo delle forze di opposizione. Con l’eccezione, prevedibile, del Terzo Polo di Calenda e Renzi: se il leader di Italia Viva non ha fatto mancare il suo endorsement, pur senza partecipare fisicamente, quello di Azione ha sparato ad alzo zero contro “un’accozzaglia populista e filo-putiniana con una spruzzata di centrino opportunista che non serve a nulla”.

Ma al di là delle polemiche, l’adesione tanto larga quanto inattesa alla battaglia contro l’autonomia ha un indubbio valore simbolico e politico. Veder sfilare sotto le telecamere, fianco a fianco, esponenti di diverse generazioni, estrazioni e culture politiche – da Rosy Bindi a Elly Schlein, da Maurizio Landini a Angelo Bonelli, da Maria Elena Boschi a Giuseppe Conte – è uno spettacolo che non può non colpire in un paese abituato a divisioni e rivalità nel campo del centro-sinistra. Quasi viene da chiedersi se non sia un miraggio o una trovata pubblicitaria, tale è la sensazione di inedito e di “strano ma vero” che suscita questa improvvisa armonia. Che sia davvero l’inizio di una nuova era di unità e collaborazione o solo una tregua temporanea dettata dalle circostanze, lo scopriremo solo vivendo.

Certo, come ha tenuto subito a precisare la leader dem, non si tratta di erigere un muro contro la destra o di una mera convergenza tattica in vista di scadenze elettorali: “La nostra – ha spiegato – vuole essere un’alleanza in positivo, basata su valori condivisi e obiettivi concreti di cambiamento e non solo sulla contrapposizione agli avversari”. Anche se poi il peso dei “contro” – contro la differenziazione dei diritti su base regionale, contro lo svuotamento del principio di solidarietà nazionale, contro il rischio secessionista strisciante – appare al momento preponderante rispetto ai “per” nel cementare il fronte referendario.

Già sul tema, cruciale, del sostegno militare all’Ucraina, ad esempio, le posizioni di Schlein risultano difficilmente conciliabili con quelle più tiepide se non ostili di M5S e sinistra radicale. Lo stesso Conte ha lamentato “una continua escalation militare che porta solo nuovi lutti e non avvicina la pace”. Per non parlare delle divergenze su temi economici e industriali tra l’ala liberale e draghiana del PD e quella massimalista di Fratoianni e Bonelli, o sulle politiche migratorie e di sicurezza tra progressisti e grillini.

Contraddizioni e differenze destinate probabilmente a riemergere già nei prossimi passaggi della battaglia referendaria. A partire dalla campagna di raccolta delle 500mila firme necessarie entro fine settembre per portare la proposta al voto. Una sfida organizzativa e logistica non da poco, specie in estate, sulla quale i promotori puntano molto per allargare e consolidare il consenso popolare. Con l’incognita della partecipazione di Italia Viva, che per voce della Boschi ha già annunciato che su altri quesiti, a partire dal Jobs Act, si schiererà “ovviamente dalla parte opposta”.

Ma per Elly Schlein, che ieri ha incassato anche l’endorsement della segretaria del PD europeo Zdeňka Čižinská (“una donna coraggiosa che sta ricostruendo un’alternativa credibile”), l’imperativo è guardare avanti. Oltre il referendum di oggi, verso l’obiettivo di domani: costruire una proposta di governo convincente e maggioritaria per le elezioni del 2027, senza disperdere il patrimonio di mobilitazione e unità che faticosamente sembra ritrovato. La popolarità della neo-leader, i sondaggi incoraggianti, l’entusiasmo seguito alla vittoria dei laburisti di Starmer nel Regno Unito sono segnali che vanno in questa direzione.

Ma il percorso non sarà facile né scontato. Come ha ammesso Riccardo Magi di +Europa, la via referendaria è “doverosa per un’opposizione seria”, ma tutt’altro che in discesa. E l’estate militante che si annuncia, tra gazebo, feste dell’Unità e campagna firme, sarà un primo banco di prova per consolidare la ritrovata intesa tra le anime progressiste e trasformarla in qualcosa di più di un’alleanza contro. Solo così Elly Schlein potrà ambire a diventare davvero la federatrice di un nuovo Ulivo. Ammesso che nel frattempo i distinguo dei Calendiani, le fughe in avanti dei 5Stelle o le sirene di Renzi non facciano deragliare di nuovo il convoglio. Perché in politica, si sa, l’andatura di un cavallo di razza si misura sul lungo tratto. Non ai nastri di partenza.

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