L'Opinione

Il “cambiamento di stato” che servirebbe nel nuovo mondo del lavoro

L’alternanza scuola-lavoro è centrale oggi per il futuro della scuola come per i ragazzi è fondamentale per l’ingresso nel mondo del lavoro. Da anni, purtroppo, vige un processo di “mediocrizzazione” del sistema scolastico posto che dal 2008 tutti gli stati europei hanno ridotto la propria spesa in istruzione. Con questa premessa capiamo come la questione dell’alternanza scuola-lavoro sia uno snodo centrale per il futuro del mondo scolastico in Italia dove imbrigliati in un sistema scolastico in continua regressione per i ragazzi diventa fondamentale il corretto ingresso nel mondo del lavoro ed in quello universitario proprio per non soccombere definitivamente nel contemporaneo mondo “ipercompetitivo”. Certo sarebbe stato più utile far fare una scelta agli studenti tra una corretta alternanza scuola-lavoro ed un adeguato orientamento universitario, il quale spesso è carente perché sempre più spesso i percorsi di alternanza si trasformano in fenomeni di sfruttamento essendo lo studente praticamente un “operaio a costo zero”. Servirebbe, al riguardo, un codice etico messo nero su bianco, incentrato sull’obiettivo di offrire agli studenti l’opportunità di conoscere il lavoro nelle sue varie articolazioni. Anche il settore della formazione professionale andrebbe riformato, con un rapporto tra retribuzione e formazione che non sia inteso come sostegno al reddito ma sia visto come un corrispettivo personalizzato ad attività d’impegno. Oggi molto faticosamente l’economia globale sembra mostrare i primi segni di ripresa ed una delle principali ragioni per cui si stanno ottenendo questi risultati è proprio la trasformazione che sta avvenendo all’interno del mondo del lavoro, soprattutto grazie alla digitalizzazione che ha portato alla nascita di nuove professioni. Il governo dovrebbe, quindi, investire in percorsi di studio che forniscano al mercato le figure professionali ricercate ed adeguate ed in tale quadro i percorsi di alternanza sarebbe proprio da migliorare poiché le attuali misure non sono state in grado di mettere a terra positivamente le potenzialità insite in questi meccanismi, che sono ancora e soltanto percorsi esclusivamente formativi. L’alternanza scuola-lavoro deve essere ripensata a partire proprio dalla sicurezza del suo profilo etico che è strettamente connesso alla crescita e all’avvicinamento dei ragazzi e delle ragazze al mondo del lavoro. Parallela, però, dovrebbe essere anche una radicale riforma del mondo del lavoro. Nel 1985 nelle conclusioni del primo “Libro Bianco” della Commissione Europea si evidenziava lo squilibrio prodotto dal “capitalismo industriale”, il cui ideale restava una economia basata su una industria senza addetti con al centro della politica la ricchezza piuttosto che il lavoro. Il pilastro portante di questo modello era e rimaneva quello della crescita progressiva ed ininterrotta della ricchezza prodotta (PIL). Ancora oggi urge correggere il funzionamento del sistema produttivo attuale, modificando la logica a cui esso si ispira, riportando, con lo stesso identico criterio, sia gli utili che è in grado di produrre che le perdite quando è costretto a subirle. Bisogna partire dall’assunto che non esiste nessun sistema al mondo in grado di garantire una crescita continua ed ininterrotta della ricchezza prodotta per cui si vede necessario apportare una rete di sicurezza che sia in grado di neutralizzare gli effetti della crisi, quando questi si manifestano. D’altronde l’idea base è quella su cui si regge il sistema assicurativo e cioè che quando il PIL cresce si accantona una quota percentuale delle ricchezze prodotte mentre quando entra in recessione il paese attinge dalle proprie risorse accantonate. Oggi purtroppo non c’è alcuna rete di protezione che ci consenta di ammortizzare gli effetti della crisi. Il sistema capitalistico, è entrato in crisi più volte e si è sempre risollevato, solo perché ha potuto contare su uno stato che si è sempre accollato i costi della ripresa. È accaduto nel 1929, con la grande crisi, che mise in ginocchio Wall Street e l’economia mondiale e si è riprodotto, di nuovo, nel 2008, con la più grande bancarotta della storia ed il fallimento della Lehman Brothers. Gli episodi che ciclicamente ritornano, dimostrano, che il sistema economico, lasciato da solo, provoca disastri e senza il salvataggio dello stato centrale, difficilmente riesce a riprendersi. Oggi l’intervento dello Stato in economia è previsto caso per caso. Ovviamente, la produzione verso l’obiettivo di un lavoro a tutti, avrebbe l’effetto di impegnare lo Stato a promuoverlo come un soggetto attivo sul mercato del lavoro. Dopo la legge Treu che liberalizzò il mercato, l’avviamento al lavoro è diventato un ibrido all’interno del quale operano, in forma scoordinate, strutture pubbliche ed imprese private, ognuna delle quali, fa “ciò che sa fare”, ma, purtroppo, tutte insieme oggettivamente non riescono a fare ciò che occorre al mercato. Lo scollamento che caratterizza il mondo della scuola e quello del lavoro è, quindi, fra i principali obiettivi che devono essere affrontati e risolti con protocolli configurati e strutture orizzontali che ne consentano la convergenza su piani di interesse comune. Occorrono riforme radicali di sistema e non “puntelli e tamponi” di falle che lasciano immutate le strutture del vecchio sistema. Il report annuale 2021 dei dati sui nuovi rapporti di lavoro, pubblicato dall’ Osservatorio del Precariato, a riguardo è stato abbastanza chiaro sebbene i suoi dati non siano per niente incoraggianti.

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