I Patrioti per l’Europa
La vittoria dei Laburisti in Gran Bretagna e la sconfitta del Rassemblement National in Francia non ferma i sovranisti in Europa. La Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen si uniscono ai Patrioti per l’Europa, il nuovo gruppo parlamentare, frutto dell’attivismo forsennato di Viktor Orbán, diventato dal primo luglio presidente di turno del Consiglio Ue. Il nuovo gruppo è sorto con 84 eurodeputati e già è diventato terzo in termini numerici: subito dopo Ppe e socialisti, e prima della destra meloniana di Ecr, ferma a 78. Un’alleanza tra partiti di estrema destra attorno all’idea di alternativa secca alla maggioranza Ursula bis. Matteo Salvini, deciso a riprendersi la scena, esulta: “I Patrioti saranno determinanti per il futuro di questa Europa”.
Ma quali sono le priorità di questa alleanza politica? In primo luogo la lotta compatta all’immigrazione; una critica complessiva alle politiche del Green Deal (che ha come obiettivo quello di trasformare l’UE in un’economia moderna, efficiente e competitiva sotto il profilo delle risorse); la difesa della sovranità degli Stati membri, incluso il diritto di veto.
Kinga Gál, prima vicepresidente ungherese del gruppo, ha dichiarato: “Il nostro obiettivo è preservare le radici giudaico-cristiane dell’Europa. Lavoreremo per la massima protezione delle frontiere esterne, opponendoci all’immigrazione irregolare e promuovendo un’Europa forte e competitiva“.
Alcune divergenze sono presenti in merito alla questione ucraina (soprattutto in relazione all’invio di aiuti militari).
I partiti europeisti stanno cercando di prendere provvedimenti contro il nuovo gruppo politico cercando di escluderne i membri da posizioni di rilievo in seno al Parlamento europeo (come ad esempio dall’incarico di vicepresidente o dalla presidenza e vicepresidenza nelle varie commissioni).
Al di là, però, del giudizio politico sulla costituzione di un’alleanza di destra europea, occorrerebbe chiedersi perché le parole patria, patrioti, nazione, siano diventate appannaggio delle destre e perché siano così divisive.
Intanto è bene ricordare che il concetto di Patria in Italia è nato in tempi relativamente recenti rispetto ad altre nazioni europee (si pensi ad esempio alla Francia) e che, anche dopo il Risorgimento e il 1861, a causa anche della “piemontesizzazione” dell’Italia, molti erano quelli che il concetto di Patria non lo capivano o non vi si riconoscevano.
Durante il Ventennio il concetto di Patria è poi diventato un concetto esclusivamente fascista. Mussolini il 4 ottobre 1922 aveva dichiarato che lo Stato fascista avrebbe diviso gli italiani in tre categorie: gli indifferenti, i simpatizzanti e i nemici; questi ultimi andavano eliminati. Non esisteva più, dunque, una Patria degli italiani, ma solo una Patria fascista. Ancora oggi nei gruppi di destra è presente una visione mitico-nostalgica del concetto di Patria (che poco tiene in considerazione un’accurata ricostruzione storica).
Riflettendo su questi temi e cercando di rispondere a questi quesiti, Vittorio Emanuele Parsi ha scritto il libro Madre Patria: un’idea per una nazione di orfani ; nel saggio l’autore esamina la complessa relazione degli italiani con la patria, influenzata dalla retorica patriottica e distorta del periodo fascista e dalla percezione di una “morte della patria” dopo la catastrofica conclusione della Seconda guerra mondiale nel 1943.
Già Galli della Loggia, riflettendo sull’8 settembre, aveva sostenuto che non era morta solo la “Patria fascista”, ma la patria nel suo complesso, nata durante il Risorgimento.
Peraltro, la divisione post-bellica tra i partiti del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), con visioni del mondo inconciliabili, aveva ostacolato la creazione di una visione unitaria dello stato.
Per Parsi il mito risorgimentale rappresenta l’elemento fondante del sentimento patriottico ma purtroppo il Fascismo e, per motivi opposti, la Resistenza, alterandone il significato, hanno contribuito a generare quelle divisioni divenute molto evidenti all’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale. Non a caso, è la stessa reticenza che incontriamo spesso quando si affronta la problematica legata all’interesse nazionale. In quel caso una delle ragioni, se non la principale, delle difficoltà ad approcciarsi con la materia è la sua pericolosa associazione al ventennio fascista, periodo nel quale, come già detto, l’interesse nazionale è stato perseguito con scelte di politica estera alquanto discutibili. Per non parlare delle scelte di politica interna.
Parsi sottolinea l’urgente necessità di una nuova concezione di Patria, e pur evidenziando il fatto che gli italiani sembrano privi di un legame con il proprio paese a causa delle politiche vergognose dal periodo degli anni Venti, ritiene che occorra liberare la Madre Patria dal suo stato di esilio.
L’autore sostiene che, senza un autentico senso di Patria, sarà impossibile riformare le istituzioni, rivitalizzare la politica, identificare organismi intermedi adatti al XXI secolo o intraprendere un processo di unificazione.
Solamente – scrive Parsi – “nell’edificazione di un sentimento che sappia nascere in modo spontaneo dal basso, potremo costruire la garanzia di una Patria saldamente nelle mani dei suoi cittadini e delle sue cittadine, di una Madre Patria che unisca e affratelli e non che divida e delegittimi gli avversari politici, le minoranze o delle parti del tutto”. Per fare ciò occorrerà superare la morte della Patria elaborandone il lutto, rifiutando negazioni e rimpianti e soprattutto facendo ricorso alla pacificazione, al ricordo del passato inteso come una risorsa per affrontare il presente e costruire il futuro.
E per questo, un invito viene rivolto anche a Giorgia Meloni, che con maggiore energia e diffusamente usa il concetto di Patria e di Nazione, allorché ne riesca a fare un argomento non divisivo “di delegittimazione degli avversari politici, cioè un’ennesima manifestazione della concezione partigiana di patria, intesa a dividere i “nostri” dai “loro”, che sarebbe inutile, dannosa e già fin troppo vista”. Renderla un patrimonio disponibile per tutti a prescindere dalla loro colorazione politica, una piattaforma per creare un sentimento nazionale cui dovrebbero partecipare tutte le forze politiche, anche quelle che richiamandosi ad un’accezione del cosmopolitismo, spesso lo utilizzano come arma contro i propri avversari di fazione, “illudendosi che la sommatoria di mille identità radicalmente vissute possa generare una qualunque unità”. Il recupero di un senso di appartenenza che si alimenti dei valori di libertà e democrazia rappresenta in questo modo l’antidoto alle derive “totalitaristiche” della Patria. Ecco perché il suo ritorno nel lessico politico italiano può essere salutato con favore a patto che si comprenda la necessità di un lavoro prepolitico e culturale in grado di condurci avanti con l’orgoglio del passato, ma anche a patto, aggiungiamo noi, che si prendano davvero, anche usando la parola antifascismo, le distanze dal fascismo.
In questo modo, ed è l’auspicio dell’autore, sarà possibile edificare una Madre Patria pacifica, ma non imbelle, in grado di fronteggiare le sfide che ci attendono nel prossimo futuro, caratterizzato sempre maggiormente da rabbia e paure che attori politici ed istituzionali deboli, potrebbero non essere in grado di affrontare.
Pina Travagliante, prof.ssa ordinario di Storia del pensiero economico
Simona Giurato, prof.ssa di Storia e Filosofia