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I nuovi schiavi

La crisi economica porta i lavoratori ad accettare condizioni di lavoro durissime e molto pesanti. Nel linguaggio comune spesso si dice che certe persone lavorano come schiavi o che determinati condizioni di lavoro siano da schiavitù. Talvolta si dice che qualche imprenditore sia un negriero. Non sempre però è chiaro il significato di ciò che si dice.
Lo schiavo è un individuo che non è un soggetto giuridico e non ha alcun diritto. È una proprietà di un altro soggetto che lo può vendere al mercato. Nell’antichità si era schiavi per nascita (il figlio di uno schiavo è automaticamente schiavo), per debiti (chi gli uomini liberi che non onoravano i propri debiti venivano ridotti in schiavitù) per guerra (alla fine delle operazioni belliche i vinti erano ridotte in schiavitù e le loro donne erano usate come concubine o schiave sessuali). Negli ultimi due secoli, la schiavitù è stata abolita.
Sorge spontanea una domanda: ma la schiavitù esiste ancora nell’epoca globalizzata?
Kevin Bales è convinto che la schiavitù esista ancora e ha avviato ricerche su questo delicatissimo argomento. Nel suo libro intitolato I nuovi schiavi distingue la schiavitù antica dalla schiavitù moderna.
Secondo l’autore nell’antichità il numero degli schiavi non era molto elevato ma il loro valore era notevole. L’acquisto di uno schiavo comportava un notevole esborso economico. Il proprietario vantava un vero e proprio diritto di proprietà sullo schiavo. Usualmente la discriminante etnica giocava un grande ruolo: lo schiavo proveniva da un’etnia diversa da quella del padrone, e – possibilmente – tale etnia aveva perso una guerra. Lo schiavo non permetteva grandi guadagni e veniva usato per tutta la vita nei lavori più duri e faticosi. Nell’economia della globalizzazione, la schiavitù esisterebbe ugualmente, ma con caratteri profondamente diversi. Innanzitutto, c’è un numero enorme di potenziali schiavi che hanno un valore assai modesto sul mercato. Solo in un ristretto numero di casi, gli sfruttatori esercitano un possesso sullo sfruttato come avveniva nell’antichità. Spesso approfittano della situazione di debito dello sfruttato imponendogli delle condizioni di lavoro molto dure. Capita che lo sfruttatore anticipi delle somme allo sfruttato che in cambio lavorerà gratis per un certo periodo presso chi gli ha dato i soldi. Talvolta i rapporti di schiavitù sono mascherati da contratti astrattamente in linea con il diritto, ma che non vengono mai rispettati.
Kevin Bales ha individuato stati in cui ancora esiste esplicitamente la schiavitù (Mali). Ritiene che ci siano forme di sfruttamento nell’ambito del settore domestico, nello sfruttamento delle donne come schiave del sesso, nella produzione di beni e merci di grande consumo nei paesi occidentali, nell’agricoltura. Il business della schiavitù coinvolge il crimine organizzato, imprenditori di dubbia fama, imprese fornitrici di grandi marchi internazionali, le multinazionali. Strettamente connesso all’argomento della schiavitù è anche il delicatissimo tema della tratta di esseri umani.
Secondo l’autore è necessario analizzare il fenomeno del neo-schiavismo e cercare di combatterlo. Allo stesso tempo, qualcuno propone di reintrodurre qualche forma di schiavitù. Enrico Verga ha pubblicato un articolo dal titolo molto eloquente: “Reintrodurre la schiavitù è o no un’opzione per la società moderna?”. (https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/01/26/reintrodurre-schiavitu-societa-moderna/). L’articolo sembra avere avuto una certa risonanza sul web (https://www.tempi.it/reintrodurre-la-schiavitu-con-regolare-contratto/ e https://andreaspinosa.com/sulla-reintroduzione-della-schiavitu/). Addirittura, alcuni sostengono che Robert Nozick abbia affrontato una questione simile nel suo libro più famoso intitolato Anarchia, stato, utopia, in cui pare che si sia dichiarato favorevole a forme di schiavitù volontaria.
Infine, va tenuto in considerazione che l’accesso al credito, alla pensione, ai documenti avviene tramite tecnologie informatiche. Coloro che non riusciranno ad avere accesso all’identità digitale giuridica ed economica saranno dei morti civili privi di diritti, di residenza, di assistenza sanitaria, di pensione e di accesso al credito e quindi dei potenziali nuovi schiavi.
Sembra che il mercato sia diventato l’unico criterio di riferimento possibile. Non c’è più il mondo di Adam Smith in cui esseri razionali cooperavano per la massimizzazione del profitto in nome di un’empatia universale. Il capitalismo globale sembra un luogo di una competizione selvaggia. Pertanto, i vincitori sono proprietari dei loro corpi e proprietari di tutte le tipologie di beni. Per conseguenza, i perdenti vengono confinati in situazioni di precarietà o in un nuovo stato di schiavitù.

K. Bales, I nuovi schiavi. La merce umana nell’economia globale, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2000.

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