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I cambiamenti climatici in Sicilia: di chi è la colpa?

Dopo la lunga, caldissima estate e le sue gravi conseguenze, molteplici i danni causati dal maltempo in Sicilia. A Licata, in provincia di Agrigento, strade e case allagate per la pioggia battente e l’esondazione del fiume Salso. In provincia di Catania, come documentato da Giuseppe Caltabiano, gravi sono state le conseguenze dei cambiamenti climatici. Colpiti soprattutto Riposto, Giarre, Acireale e Aci Sant’Antonio. A Torre Archirafi, frazione di Riposto, esonda il torrente: le strade sono diventate fiumi e l’acqua ha trascinato tutto ciò che trovava sul suo percorso. Tantissimi gli interventi dei vigili del fuoco a sostegno degli abitanti.
Oggi il dibattito sugli effetti dei cambiamenti climatici occupa le pagine dei giornali e dei telegiornali poiché come dimostra Mark Maslin, con dati scientifici, il riscaldamento globale del pianeta rappresenta uno dei principali problemi del nostro tempo e investe non solo la scienza, ma anche l’economia, le usanze e i costumi individuali e collettivi, gli spostamenti delle popolazioni, la geopolitica, l’etica. Rispetto ai livelli preindustriali la temperatura media del pianeta è aumentata di 0,98° centigradi e, in mancanza di interventi, potrebbe arrivare a +1,5 ° tra il 2030 e il 2050. L’impatto del riscaldamento globale è sotto gli occhi di tutti: i ghiacciai si sciolgono mentre i registri delle maree costiere rilevano un aumento annuale medio di 3,3 millimetri del livello del mare. Il decennio 2009-2019 è stato il più caldo in assoluto. Nell’agosto del 2019, sono stati pubblicati da Nature e Nature Geoscience i risultati di tre ricerche che, basandosi su dati storici inconfutabili relativi ai ghiacciai di tutti i continenti, agli alberi, alla desertificazione, ai sedimenti, alle maree, hanno evidenziato che negli ultimi 2000 anni non c’è mai stato un periodo in cui i cambiamenti delle temperature siano stati così repentini ed estesi come negli ultimi decenni. Dal 2020 al 2024 il trend del riscaldamento è stato ancora in ascesa. Il 2024 è stato l’anno più caldo in assoluto. Gli esperti di climatologia sostengono che la causa del riscaldamento globale risieda nelle attività umane che bruciando combustibili fossili e abbattendo le foreste pluviali aggiungono enormi quantità di gas serra a quelli già presenti, naturalmente, nell’atmosfera, aumentando l’effetto serra e il riscaldamento globale. A provocare più danni è soprattutto il consumo di carbone, di petrolio e di gas che rappresentano la maggior parte delle emissioni di gas serra. Nel 2019, secondo statistiche ufficiali, le fonti fossili erano responsabili dell’83% delle emissioni totali di CO2 e la sola produzione di elettricità attraverso il carbone incideva per il 36%, anche se nel 2020 – per effetto della pandemia dal Covid-19 – le emissioni sono scese drasticamente per poi risalire nel 2022-24.
Anche l’abbattimento delle foreste provoca danni consistenti poiché gli alberi aiutano a regolare il clima assorbendo l’anidride carbonica dall’atmosfera, così come l’aumento degli allevamenti intensivi di bestiame e l’uso di fertilizzanti contenenti azoto contribuiscono ad aumentare le emissioni di gas a effetto serra.
Per contrastare questi fenomeni, l’Onu ha avviato da tempo un percorso comune con i paesi membri, attraverso accordi e protocolli d’intesa, tra cui il Protocollo di Kyoto, firmato da 180 paesi nel 1997, l’Accordo di Parigi firmato nel 2015 che sancisce un limite massimo di emissioni di gas serra con l’obiettivo di mantenere l’aumento annuale della temperatura inferiore a +1,5°, l’ Agenda Onu 2030 che pone 17 obiettivi per un pianeta più ecosostenibile e più solidale. Tra questi, la lotta all’inquinamento, allo spreco alimentare e al cambiamento climatico.
Ma occorre fare presto e occorre cambiare il modello economico. In tanti auspicano un’economia circolare e parecchi sostengono che la strada da percorrere per la decarbonizzazione sia la transizione energetica e l’uso di fonti rinnovabili. Ma in tanti si oppongono, tra cui i negazionisti, convinti che la risoluzione del cambiamento climatico sia troppo difficile e costosa. In realtà, gli economisti dimostrano che le misure contro il riscaldamento del globo ci costerebbero l’1% del Pil globale, forse ancora meno se tenessimo conto anche del risparmio dovuto al miglioramento della salute delle persone e all’espansione di una nuova economia verde. È vero però che, se non agiamo ora, nel 2050 ci costerà il 20% del Pil globale.
Spesso qualcuno minimizza rifacendosi a ciclici periodi di raffreddamento e riscaldamento del pianeta. Ma basta riflettere sull’insolita accelerazione del riscaldamento, sul caldo anomalo dei giorni estivi, sullo straripamento dei fiumi, com’è avvenuto a Torre Archirafi, per capire come sia urgente una visione più ampia, prima che si innescano fenomeni ed eventi da cui non potremmo più tornare indietro. Occorre davvero ripensare al nostro futuro, smettere di voler dominare la natura abusando di essa, dobbiamo rispettare le sue leggi e i suoi delicati equilibri, dobbiamo costringere i “potenti del mondo” a varare leggi per la salvaguardia dell’ambiente, e ognuno di noi deve contribuire ad inquinare meno, riducendo gli sprechi, cambiando le abitudini, effettuando una corretta raccolta differenziata etc.
Temo che avere la primavera a ottobre e l’alluvione a novembre sia frutto purtroppo di responsabilità generali e del disinteresse dei potenti!

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