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Henry Kissinger e l’ordine mondiale

… le leggi devono tener conto anche dei difetti e delle manchevolezze di un paese… Il sarto che ha da vestire un gobbo, se non tiene conto della gobba, non riesce.”.

Giovanni Giolitti.

A cento anni si è spento Henry Kissinger, uno dei politici più controversi del XX secolo. Gli sono riconosciuti due grandi meriti: 1) l’alleanza tra Cina e Stati Uniti d’America ai tempi di Richard Nixon; 2) la fine della Guerra del Vietnam. È indicato da molti studiosi come uno di coloro che hanno voluto il colpo di stato di Pinochet in Cile (1973) in cui fu ucciso il Presidente Salvador Allende. Inoltre, è sempre stato considerato un politico spregiudicato che ha esercitato una potente e crudele influenza in tutte le parti del mondo.

Kissinger è stato prima diplomatico e poi politico nelle Amministrazioni di Richard Nixon e di Gerarld Ford. Ha pubblicato numerosi saggi da cui emerge la sua notevole ammirazione per il principe Clemente di Metternich e del Congresso di Vienna (vedi Ordine mondiale pag. 60-92, Mondadori, Milano, 2022).

Un aspetto interessante del suo pensiero politico è il rapporto tra legittimazione dell’ordine internazionale ed equilibrio di potere nel XX secolo (pag. 363-368). Questa delicatissima questione ha origine nel XVIII secolo con la pubblicazione del Progetto per la pace perpetua in Europa dell’Abate Saint-Pierre, che proponeva la creazione di un’organizzazione confederale per mantenere la pace in Europa e realizzare un primo embrione di giustizia internazionale. Questa organismo avrebbe costruito anche un mercato unico e dato le basi ad un’alleanza militare. In questo modo, l’Abate voleva spazzare via la politica dell’equilibrio di potenze che caratterizzava la sua epoca. Questo diplomatico inviò una copia del suo libro a G. W. Leibniz (1646-1716), molto più noto come filosofo, scienziato e matematico e non come diplomatico di altissimo livello. Recenti studi hanno gettato maggiori luce sulla sua attività di funzionario e di diplomatico. A differenza dell’Abate, Leibniz riteneva che l’equilibrio di potenze potesse essere utile per favorire la formazione di un ordinamento internazionale più stabile e anche di un’organizzazione internazionale. Con notevole acume, era molto preoccupato dei rapporti di forza interni all’organizzazione delineata dall’Abate, in particolare tra gli stati grandi e gli stati più piccoli. Si poneva seriamente il problema dell’esecuzione delle decisioni dell’organizzazione e di eventuali sentenze emesse da corti internazionali. In altri luoghi di suoi appunti ed opere, Leibniz immaginava una Banca Europea e si era posto il problema di una giustizia penale internazionale. In base alla sua esperienza e alla sua formazione, il diritto internazionale andava pazientemente ricostruito a partire dagli atti, dai trattati e dalle consuetudini internazionali. Per tutta la vita, raccolse atti internazionali, molti dei quali finirono in una monumentale pubblicazione che riguardava gli stati che facevano parte dell’Impero di Germania.

Mutatis mutandis, per Kissinger, l’equilibrio di potenze può favorire lo sviluppo dell’ONU e di tutte le organizzazioni internazionali e del diritto internazionale. Tuttavia questo equilibrio non è mai sempre uguale nel tempo e può cambiare. Le organizzazioni internazionali debbono essere in grado modificare la loro struttura e le loro regole per recepire le variazioni dell’equilibrio di potenze. Nella sua ottica non ci può essere un unilateralismo assoluto da parte delle grandi potenze, né è possibile che l’equilibrio economico, politico e militare tra gli stati sia sempre uguale. Mostra grande attenzione sui vari rapporti di forza e di equilibrio nelle varie regioni del mondo, ipotizzando una certa duttilità sia della regolamentazione internazionale che dell’azione diplomatica. Si pone il problema dell’azione diplomatica in un mondo in cui c’è l’uso e l’abuso dei social e delle reti informatiche.

Probabilmente, Kissinger aspirava ad essere un nuovo Clemente di Metternich e fare delle 5 potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale, una Santa Alleanza all’interno dell’ONU e di tutte le organizzazioni internazionali. Oggi sembra prevalere, invece, un fortissimo unilateralismo da parte degli Stati Uniti d’America che ha determinato la reazione del resto del mondo, in particolare dell’Asia. Il Presidente Barack Obama ha cercato di incarnare un nuovo wilsonismo messianico e globale, ma ha lasciato più problemi di quanto ne volesse risolvere. Il Presidente Xi Jinping ha lanciato i suoi “punti”, ponendosi quasi come novello Wilson che viene dall’Asia in contrapposizione alla durezza del Presidente Joe Biden. Il G20 continua ad essere il principale momento di incontro degli stati più ricchi e potenti del mondo, ma l’ONU non è stata ancora riformata. In particolare, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU rappresenta ancora il mondo uscito dalla Seconda Guerra Mondiale. Dal 2005 sono state formulate precise proposte di riforma, che non sono state attuate. Purtroppo, soprattutto in Occidente e, in particolare, in Europa non si vuole accettare che gli equilibri internazionali sono profondamente cambiati a tutto vantaggio dell’Asia, dell’Africa e dell’America del Sud.

L’approccio di Kissinger ricorda l’azione politica di Giovanni Giolitti che nelle sue memorie scriveva: “… le leggi devono tener conto anche dei difetti e delle manchevolezze di un paese… Il sarto che ha da vestire un gobbo, se non tiene conto della gobba, non riesce.”. Nel suo libro intitolato Ordine mondiale sembra ripercorrere una linea simile. Il mondo è pieno di difetti (la gobba del vecchio), ordinamento internazionale ed equilibrio di potere si richiamano l’uno con l’altro. La struttura delle organizzazioni internazionali, le regole di funzionamento del diritto internazionale vanno sempre costantemente modificate alla luce dei mutamenti di equilibrio di potenza. Quando l’equilibrio funziona l’ordinamento internazionale ha una parziale e precaria stabilità. Per lui la storia non ha un cammino prestabilito e il suo significato si comprende man mano che accadono gli eventi. Sembra molto lontano dall’ottimismo della fine della storia delineata da Francis Fukuyama in un suo celebre saggio.

Nel XX secolo, ci sono stati politici animati da grandi ideologie e utopie. Erano in grado di riscaldare i cuori delle persone. Oggi vediamo politici sempre più lontani dai cittadini. Si hanno moltissimi spazi e forum di discussione, ma l’efficacia delle decisioni è minima o quasi nulla. Dopo la prima Guerra Mondiale c’erano Wilson e Lenin che avevano due visioni del mondo e creavano entusiasmo nelle popolazioni del mondo. I leader attuali, pur aiutati dagli esperti della comunicazione, non ci riescono. Nel secolo passato, Kissinger aspirava ad essere il nuovo Clemente di Metternich, un ruolo che ha cercato di assumere anche negli ultimi anni nei rapporti con la Cina di oggi e nella guerra tra Russia e Ucraina.

E adesso? Il nostro mondo è gobbo, malandato e tremante. Sembra che non ci siano né sarti-politici né sarti-diplomatici in grado di trovare la stoffa, le misure e la forma d’abito giusto per rivestirlo.

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