Guerra in Sudan: un conflitto dimenticato con gravi conseguenze umanitarie
Secondo il “Global peace index”, pubblicato a giugno dall’Institute for Economics & Peace, attualmente al mondo ci sono 56 conflitti che ricevono molta meno attenzione mediatica, politica e diplomatica rispetto a ciò che sta accadendo a Gaza e in Ucraina. Tra questi la guerra civile in Sudan, che degenera di giorno in giorno, ha provocato circa 150.000 di morti e costretto milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Questo catastrofico conflitto ha prodotto una delle peggiori emergenze umanitarie al mondo, rendendo il terzo paese più grande del continente africano sull’orlo di un collasso umanitario, con gravi carenze di cibo, acqua e assistenza sanitaria.
Ma come ha avuto origine questo conflitto?
Il Sudan, dall’indipendenza nel 1956, ha vissuto molteplici guerre civili e una profonda frammentazione etnica e religiosa. Questa situazione ha portato al consolidamento, negli ultimi trent’anni, di un governo dittatoriale di forte componente islamica guidato da Omar Al-Bashir. Durante il conflitto in Darfur nei primi anni 2000, al-Bashir sostenne la creazione delle Forze di Supporto Rapido (RSF), una milizia paramilitare che col tempo divenne sempre più potente e autonoma rispetto all’esercito ufficiale.
Nel 2019, RFS e la SAF, Sudanese Armed Forces che rappresenta la forza militare ufficiale dello Stato, sfruttarono le proteste popolari per deporre al-Bashir. Tuttavia, dopo un periodo di transizione democratica, lo scontro tra le forze sopracitate esplose nell’aprile 2023, a seguito del fallimento dei negoziati per la formazione di un governo civile dopo il colpo di Stato militare del 2021.
Sebbene la situazione non desti l’attenzione mondiale che meriterebbe, dimostrando come il disordine stia diventando la normalità, la posizione strategica del Sudan sul mar Rosso rende questo conflitto di grande importanza internazionale. Bisognerebbe esercitare una maggiore pressione sugli attori esterni, guidati da interessi opportunistici, che stanno in questo momento contribuendo ad alimentare la guerra ed è fondamentale che le grandi potenze mondiali intervengano per facilitare un dialogo costruttivo, lavorando per una soluzione duratura per arrestare l’escalation di violenza che si sta consumando.
“No one can easily put Sudan back together again. After more than 500 days of pitiless fighting, the damage will take decades to repair. But it is possible to save millions of lives, and reduce the chance of calamitous geopolitical aftershocks, if the world acts now.”
The Economist