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Fipe-Confcommercio: sforzi del Governo non sufficienti per salvare il settore

“Apprezziamo la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti, ma purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto Ristori bis non sono sufficienti o supportare i pubblici esercizi costretti o interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta. Questo nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto o quanto predisposto per ii precedente decreto ristori”. Così si legge in una nota di Fipe-Confcommercio. “La catastrofe che ha colpito ii nostro settore avrebbe purtroppo bisogno di cifre diverse. – continua la nota -. Basti pensare che le risorse stanziate od oggi solo per i ristori per i mesi di lockdown e per il mese di novembre, dal Dl. Rilancio e dal DL. Ristori e Ristori bis messi insieme, esclusi gli interventi sugli ammortizzatori sociali, arrivano o poco più di 1,6 miliardi di euro. Uno cifro importante ma che non riesce o coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione (affitti, utenze, tfr; servizi, ecc.) che da soli si attestano o 2,4 miliardi”.
“Appare dunque evidente – conclude la nota – che gli sforzi fatti dal Governo, seppur apprezzando per le intenzioni, non sono sufficienti o sostenere un comparto in profondissimo crisi che non riesce a vedere alcune luce in fondo al tunnel. Ricordiamo che solo per effetto delle ultime restrizioni che vedranno la chiusura forzata dei pubblici esercizi per ii prossimo mese nelle regioni rosse e arancioni (il 38% del totale nozionale) andranno in fumo ancora tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro. Confidiamo nella prossima legge di bilancio per scelte ancor più coraggiose per salvare quante più imprese e posti di lavoro possibili”.

Sulla questione, ecco l’intervista a Dario Pistorio, presidente regionale della Sicilia di Fipe-Confcommercio.

D. Qual è la situazione in Sicilia nel comparto dei pubblici esercizi alla luce del provvedimento Ristori del Governo?

R: Quando c’è stata la prima chiusura nella zona Giallo, quando noi potevano restare aperti fino alle ore 18 con la somministrazione da asporto, già c’è stato un primo “rallentamento” nei nostri esercizi, con una notevole perdita di introiti per i nostri ristoranti, perché sappiamo benissimo che alle ore 18 si inizia a lavorare. Questa è stata la prima batosta sui ristoranti. Poi passando alla zona Arancione, secondo step, dove se anche i ristoranti potevano cominciare a lavorare da asporto o da delivery, non ha funzionato tanto e anche i bar hanno avuto un “rallentamento” totale. Ma i ristoranti che ieri hanno iniziato ad avere un “rallentamento” pari a due mesi, prevedo si prolungherà a dicembre. E se arriveremo ad aprire a dicembre in zona Gialla non arriveranno a coprire i costi di affitti, spese generali, degli investimenti dei fornitori dai quali abbiamo acquisito merce e che purtroppo non abbiamo potuto smaltire e né pagare.

D: Per voi, a differenza di altri comparti, si tratta di merce deperibile.

R: Esattamente. Le nostre problematiche sono le più disparate e siamo colpiti in primis perché l’abbigliamento come un’altra attività si può vendere anche nel tempo. Noi non abbiamo questa possibilità. Il bar, la pasticceria avranno un danno non solo per mancato guadagno, ma anche per il giro dell’indotto che subisce un “rallentamento”. In questo momento abbiamo una totale perdita di tutto il settore, il bar per l’asporto, ad esempio dalla perdita del caffè che non ti viene di prendere il caffè e berlo fuori, ma te lo fai a casa o in ufficio. Il delivery viene tagliato fuori perché qui nessuno ordina la cena per uno-due persone, per cui il numero delle richieste è stato ristretto anche perché una pasta consegnata a casa non è la stessa servita al tavolo. Quelli che lavorano per il delivery sono rimasti le pizzerie e il sushi, per tutto il resto siamo ai limiti di impoverimento delle attività. Solo questi due settori nel nostro ambito della ristorazione stanno funzionando.

D: E gli altri costi di gestione?

R: Ribadisco anche che ci sono costi che non sono stati abbattuti, quali gli affitti, i costi di energia elettrica, ecc… Poi i nostri indipendenti pur essendo in cassa integrazione, bussano alla porta del titolare, e ci sono aziende dove lavorano da 20-30 anni. Insomma è una situazione veramente disastrosa e si parla addirittura che il 30% dei pubblici esercizi da qui a gennaio non riuscirà più a riaprire al pubblico in tutta la Sicilia. Noi abbiamo circa 28 mila pubblici esercizi in tutta la Sicilia, e il 30% non ce la farà a riaprire.

D: Ma la cassa integrazione in che termini è stata elargita ai dipendenti?

R: Con questo nuovo semi lockdown vorremmo capire come i nostri dipendenti riceveranno questa cassa integrazione, perché purtroppo ci avviciniamo anche alle feste natalizie e le persone sono senza soldi. Il nostro presidente nazionale FIPE Lino Stoppani, in sede di concertazione con in Governo nazionale, ha fatto capire che le nostre aziende sono in estrema difficoltà, confrontando anche i semi o totali lockdown dove le altre nazioni europee, vedi la Germania hanno avuto ristori anche al 60 % del fatturato. Noi invece abbiamo avuto un ristoro pari alla perdita del mese di aprile dell’anno scorso e il mese di aprile di quest’anno ed era il base al fatturato il 20% della differenza.

D: Presidente, cosa si auspica nel futuro prossimo per salvare il Natale?

R: Ci chiediamo fortemente quale sarà il nostro futuro, perché anche se ritorniamo alla zona Gialla, per chi riuscirà a lavorare, e quale sarà lo spiraglio per marzo, e quali saranno le azioni reali del Governo, che in qualche modo dovrà un aiuto per tutto il nostro settore che è in forte perdita. Che ben venga la zona Rossa ora adesso che ci permetterà di tornare a lavorare per il periodo natalizio, che è quello in cui si incassa di più.

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