Etna Hitech, intervista a Emanuele Spampinato
Nella giornata di chiusura di ECOMED, la prima green expo del Mediterraneo nata per offrire un punto d’incontro tra domanda e offerta di idee e tecnologie in grado di promuovere la sostenibilità, ha partecipato anche Emanuele Spampinato, Presidente e Amministratore Delegato di Etna Hitech S.C.p.A e Vicepresidente ASSINTEL che, alcuni giorni fa, ha rilasciato un’intervista a Tech Economy 2030 nell’ambito della rubrica Sustainability Talk, che prevede la partecipazione dei più importanti manager italiani in una ricerca dedicata a definire il ruolo della sostenibilità digitale nello sviluppo dell’economia e del paese. Di seguito quello che è emerso dall’intervista.
Dalle dichiarazioni alle azioni
Quello del Presidente di EHT, è un pensiero chiaro e deciso: il futuro del Paese e la sua trasformazione, non possono prescindere dall’intraprendere un percorso nel quale la sostenibilità guardi sempre più al digitale come un fondamentale elemento abilitante.
È però chiaro che, per le aziende, un simile percorso deve partire da una precisa consapevolezza dell’importanza del ruolo della sostenibilità e della complessità della sua dimensione sistemica. Una consapevolezza che però non deve rimanere in una dimensione “concettuale”, ma deve tradursi in azioni concrete, volte a raggiungere i relativi obiettivi. Da questo punto di vista, “nonostante spesso il management si dichiari consapevole dell’importanza della sostenibilità rispetto al business, altrettanto spesso questa consapevolezza non si traduce in azioni concrete.Serve una maturità che porti a trasformare le varie dichiarazioni di intenti sull’argomento in fatti, in strategie che diventino obiettivi da raggiungere, possibilmente misurabili. Ecco, ad oggi credo che questa maturità non sia ancora diffusa, e c’è quindi ancora molto da fare nell’orientare i comportamenti delle aziende, nel rapporto con i clienti, con le istituzioni, nel modo in cui si vendono prodotti e servizi, e nel modo con il quale si sviluppano i diversi progetti. Per tutti questi aspetti, al di là dell’aspetto dichiarativo, si dovrebbe aprire un ‘capitolo’ sostenibilità”.
Arrivare ad una piena consapevolezza dell’importanza della sostenibilità significa però avere una chiara concezione della sua dimensione sistemica, nella quale ambiente, economia e società sono inestricabilmente collegate.
Tuttavia, come più volte emerso nei precedenti appuntamenti di questa rubrica, secondo Emanuele Spampinato “la stragrande maggioranza delle persone associa ancora la sostenibilità al solo tema ambientale. Questo, però, non è l’unico aspetto problematico. Infatti, se spesso si nota un utilizzo strumentale delle pratiche di sostenibilità ambientale che si trasforma in vero e proprio greenwashing, altrettanto spesso è possibile vedere che quando si focalizza l’attenzione sulle dimensioni economiche e sociali si finisce per diminuire l’attenzione sul fronte ambientale. Insomma: proprio non si riesce a capire che i tre elementi non possono essere vissuti come alternativi”.
Non lasciare indietro le piccole e medie imprese
Rendere misurabile l’apporto delle attività e degli obiettivi aziendali nell’ottica della sostenibilità è quindi fondamentale, in questo percorso. Tuttavia, proprio da questo punto di vista, secondo il presidente di EHT “è necessario provare a capire come questi modelli possano essere adottati anche dalle piccole e medie imprese. In questo senso, infatti, il rischio è quello di creare dei protocolli che, nonostante risultino facilmente adottabili dalla grande impresa, che magari può anche costituire un dipartimento dedicato per la sostenibilità e fare audit trasversale, vadano a tagliare fuori la piccola impresa. Per questo motivo, per evitare di creare delle distanze troppo profonde, sarà fondamentale il ruolo delle associazioni di categoria, che dovranno fornire delle linee guida affinché anche le imprese di minori dimensioni possano raggiungere almeno un minimo di approccio manageriale ed imprenditoriale nei confronti della sostenibilità”.
La sostenibilità digitale tra consapevolezza e competenze
Parallelamente alla necessità di far comprendere l’importanza del guardare a tutte le dimensioni della sostenibilità, fissando obiettivi misurabili e intraprendendo azioni volte a toccarle tutte in maniera sistemica, per Emanuele Spampinato “sarà necessario un grande lavoro per far capire, allo stesso tempo, come la tecnologia, in particolar modo il digitale, sia uno strumento essenziale e abilitante per attivare processi di sostenibilità diffusa, tanto per le aziende, quanto per i cittadini. Al momento, guardando al dibattito pubblico, vedo ancora posizioni critiche rispetto alla non-sostenibilità delle tecnologie dal punto di vista ambientale. Non solo: spesso vengono alzati ‘muri’ anche sul fronte sociale, da chi critica il fatto che ci sia un gap digitale esistente in diverse aree, e su quello economico, come ben spiegato nel libro ‘Sostenibilità Digitale’ di Stefano Epifani, da chi pensa che il digitale possa garantire importanti ritorni economici soltanto per poche grandi piattaforme nel mondo. Quello che dobbiamo far capire, invece, è che il digitale può permettere un nuovo approccio nei confronti della sostenibilità: tanto per i cittadini, cambiando il modo di consumare, di esprimere il loro ruolo nella società, tanto per le aziende, consentendo la nascita di nuovi meccanismi economici, nei quali vige la condivisione del valore cooperativo. Sarà senza dubbio una lenta e difficile opera di orientamento culturale della società, ma è un percorso necessario nel quale il Paese dovrà avere la capacità di mediazione, accompagnando anche le posizioni più critiche verso una visione comune”.
Affinché un lungo percorso come quello della sostenibilità digitale possa essere affrontato, però, occorre riflettere su quali competenze siano necessarie. In questo senso, “per parlare di competenze, non si può prescindere dal parlare del sistema di formazione scolastica, universitaria e professionale. Da questo punto di vista, negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha lasciato passare un messaggio: quello che dobbiamo essere tutti culturalmente elevati, guardando alla tecnica come a un qualcosa di meno importante, privilegiando gli studi scientifici, classici e l’università a discapito degli istituti tecnici e della formazione professionale. Tuttavia, è impensabile che quello delle competenze sia un ragionamento da fare soltanto per chi esce dall’università. Tutt’altro: è fondamentale un’azione sociale che porti le famiglie a considerare per i propri figli anche l’opzione degli istituti tecnici, che è un lavoro che va fatto e che non dequalifica il Paese, non lo rende culturalmente più povero. In questo senso, questi 5 anni saranno una grande opportunità, perché le risorse messe per gli ITS, l’istruzione classica e quella universitaria sono senza precedenti: la sfida è quella di sfruttarle al meglio, per creare, poi, vera occupazione”.
Una grande opportunità
Le istituzioni, quindi, avranno in questo contesto il compito di indirizzare il cambiamento. Un cambiamento che possa portare verso la sostenibilità digitale, e per il quale raggiungimento “le istituzioni hanno, sulla carta, tutti gli strumenti e le risorse necessarie. Devo dire che leggendo il DL Semplificazioni, in cui i primi articoli sono dedicati alla governance del PNRR, si vede un auspicabile governance di partecipazione collettiva del Paese, dall’organo più alto del governo fino al governo dei territori, che sulla carta funziona molto bene. D’altra parte, il PNRR deve esprimere la propria capacità di creare impatto sulle due dimensioni del digitale e della transizione ecologica, non come variabili indipendenti, ma assolutamente concatenate e traversali su tutta l’azione di ricostruzione del Paese. In questo senso, avere una governance che utilizza queste due leve come leve di sviluppo rappresenta una grandissima opportunità. Sulla carta, quindi, ci sono tutti gli elementi necessari: adesso starà alla qualità e alla capacità delle persone fare in modo che quello che si sta scrivendo venga effettivamente realizzato”.