Elezioni Stati Uniti, arrivano i vicepresidenti
È stato il 7 agosto, a Philadelphia, il giorno in cui Kamala Harris e il vicepresidente Tim Walz sono stati per la prima volta insieme in un comizio pubblico. Accerchiata da un forte entusiasmo, la candidata presidente ha rimarcato le quattro libertà fondamentali per cui è disposta a combattere: la fine della violenza armata, il voto, l’amore libero e: «la libertà delle donne di decidere cosa fare del proprio corpo e non lasciare che lo faccia il governo». Quest’ultimo passaggio ha scatenato l’ovazione dell’arena.
Per come stanno adesso le cose, entrambi i candidati sono accompagnati da due vicepresidenti che hanno l’obiettivo di bilanciare il ticket e convogliare un elettorato più ampio: è una strategia standard e molto usata in campo democratico; basti pensare a Biden come vice di Obama e la stessa Harris come vice di Biden.
Adesso è il turno di Tim Walz, 60enne e governatore del Minnesota (la Harris è Californiana), ha servito nel congresso per 12 anni e oltre a essere presidente dell’Associazione nazionale dei governatori Democratici, è stato anche rappresentante alla camera di un distretto conservatore.
Per quanto riguarda invece il vice di Trump, J. D. Vance, più che per la biografia è diventato virale per alcune sue dichiarazioni passate. Ad esempio, nel 2016 ha scritto che non avrebbe mai potuto sostenere Trump perché: «È semplicemente una brutta persona. Un essere umano moralmente riprovevole» ma anche: «Più i bianchi pensano di votare per Trump, più i neri soffriranno». Ma non c’è da temere, perché nonostante abbia idee progressiste che possono fare antipatia all’elettorato medio Trumpiano, è noto anche per un tradizionalismo repubblicano legato alla famiglia. Riferito ai democratici senza figli (quindi automaticamente anti-famiglia), alle “gattare senza figli” (come la Harris) e a gran parte dell’America media di oggi, ha detto che: «Queste persone si rendono conto di essere infelici. Vivono in appartamenti con una sola camera da letto a New York e odiano gli americani normali per aver preferito la famiglia a questi ridicoli giochi di status a New York» e ha aggiunto che, secondo lui, il voto di chi non ha figli dovrebbe valere di meno.
Walz, in vista dello “scontro” che non vede l’ora di fare, ha commentato le dichiarazioni di Vance: «Ha parlato male della comunità da cui proveniva. Non è così l’America media». A quanto pare sarà proprio la classe media uno dei temi focali del dibattito tra i due.
Nel frattempo, Trump tenta di disinnescare l’entusiasmo – ferisce anche Vance, che sta scendendo nei sondaggi – e afferma che: «Il Vicepresidente non ha mai contato nulla». Per quanto estreme, le sue parole hanno un fondo di verità: il ruolo di vicepresidente serve principalmente in caso di decesso o dimissioni del presidente. I poteri e il campo di azione varia in base a ciò che il presidente decide di delegargli e storicamente, sono sempre stati pochi.
Celebre è il caso di Harry Truman che, da vicepresidente di Roosevelt, assunse la presidenza nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e solo allora venne a conoscenza del Progetto Manhattan e della bomba atomica.
Pertanto, se Trump vuole sostenere che il vero scontro sarà tra lui e la Harris, è importante ricordare che, se dopo l’attentato appariva come il candidato ‘forte e giovane’ nonostante l’età, adesso servirà una nuova strategia: ora è lui ad essere l’anziano.