Cultura

È ufficialmente iniziata la quinta edizione del Catania Book Festival

È ufficialmente iniziata la quinta edizione del Catania Book Festival, stavolta con una nuova forma: quella del Nü Doganæ. Il cambio di struttura però non ha segnato anche un cambio di atmosfera: l’irrefrenabile fermento degli spettatori e la dedizione dei gestori degli stand e degli ospiti, è rimasta la stessa; tutti uniti dal piacere di trovarsi in un luogo in cui poter nuotare nella stessa materia di cui è fatta la cultura (e di cui sono fatti i sogni).

La precisa organizzazione ha offerto un ventaglio di eventi per ogni gusto: da un’analisi sociologica dei media, a uno spettacolo di poesia e musica; da un quadro geografico e storico sulla complessa situazione geopolitica contemporanea, alla strutturazione di un giallo giudiziario e, potrei continuare ancora, ma mi fermo qui.

L’emozione – visibile o accennata – dei vari ospiti ha quindi lasciato un’impressione certa: il Catania Book Festival è una stupenda eccezione, dove le possibilità espressive e culturali si amplificano rispetto alla routine quotidiana, offrendo uno spazio di condivisione che ci ricorda quanto sia benefico stare insieme.

L’ideatore e organizzatore della manifestazione, Simone Dei Pieri, ha risposto alle nostre domande.

Com’è iniziata questa quinta edizione, considerando anche il cambio di location?

«Il cambio di struttura è sempre una cosa complicata e destabilizzante perché devi immaginare la nuova forma del Festival. Ha le stesse dinamiche di un trasloco, ma appena ti trasferisci capisci subito perché hai cambiato. Ovviamente rimane una prova quella che stiamo facendo: se quest’anno vediamo che il Festival piace e abbiamo gli spazi che ci interessano con cui possiamo crescere è perfetto, altrimenti cambieremo ancora. D’altronde il Festival ha una lunga tradizione di cambiamenti, ma la grande sicurezza viene sempre dal pubblico. Fare un Festival di libri in Sicilia è complicato, sia perché la Sicilia è una regione in cui – dati alla mano – si legge poco, ma anche perché fino a qualche anno fa Catania nella fattispecie era in vetta alle classifiche per percentuale di analfabetismo. C’è anche però una grande speranza nei giovani che, contrariamente alla narrazione in voga che li vede solo con il cellulare in mano, sono anche quelli che leggono di più.»

Il tema dell’anno scorso era “La Scoperta”, quello di quest’anno?

«Quello di quest’anno è: “L’approdo” per due motivi: il primo è per il luogo in cui siamo, il porto è per antonomasia il luogo di approdo, ma è anche un approdo culturale, non in termini dottrinali e dogmatici, ma sociali ed affettivi; la condivisione di un tema, un dibattito, un momento di incontro. Noi siamo riusciti a farlo in cinque anni con tantissimi ospiti, quest’anno ne contiamo più di duecento da tutte le parti d’Italia e non solo. Approdare su nuovi temi per noi è un’abitudine e quest’anno l’abbiamo voluto consacrare, visto che era un tema che abbiamo sempre rimandato, ma farlo quest’anno dentro il porto era la proverbiale ciliegina sulla torta.»

Come si organizza una differenziazione così grande in un Festival del libro?

«Quando abbiamo iniziato avevamo venticinque anni e l’idea era fare un evento in cui si potessero divertire tutti: più una grande festa che un grande Festival. Creare un posto per chiunque, a prescindere dai gusti culturali, dagli interessi, dall’età, dall’etnia e dal profilo economico che è un grande ostacolo per l’accesso alla cultura. Considera che nella nostra città, su sette biblioteche, soltanto due sono aperte in maniera regolare. È devastante soprattutto per chi ha la biblioteca come unico punto di accesso alla cultura. Mettere insieme queste anime è la chiave del Festival, in modo che nessuno si senta tagliato fuori. Inoltre ci divertiamo a farlo. Dopo questi tre giorni ne usciamo sempre sfiniti ma soddisfatti. E poi, nonostante la logistica, gli aerei, i viaggi e i libri da spedire, gli ospiti tornano ogni anno; segno che il Festival funziona.»

Un aneddoto o una curiosità sul Festival?

«C’è sempre l’imprevisto del Festival, però una cosa che torna ciclicamente è la pioggia. Alla fine di ogni Festival, appena puntualmente chiudiamo il cancello, inizia a piovere. L’abbiamo fatto in tutte le stagioni e ogni volta siamo riusciti a scamparla per tanto così; questa cosa non si dice, lo so, però finora ci è andata bene e speriamo ce la mandi buona anche quest’anno.»

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