Divorzio da te!
Nella costante banalizzazione dei nostri sentimenti, se il nostro “amato” coniuge, non ci piace più, ci separiamo senza troppi rimorsi e così ci liberiamo della sua ingombrante presenza. Divorziare è ormai una sorta di moderno modus vivendi che ci consente di vivere felici e contenti!
Via il vecchio per far spazio al nuovo!
Emblematico è il divorzio annunciato da Wolfgang Porsche, il ricco imprenditore che ha lasciato la moglie, affetta da demenza, sostenendo con una naturalezza sconcertante di non poter continuare a stare accanto alla donna, che dice di aver amato da più di quindici anni, poiché la malattia ne ha alterato la personalità.
L’uomo, degno figlio di questa nostra società in cui l’edonismo è l’unica esigenza che plasma le nostre coscienze, ha cinicamente trattato la moglie come un qualunque oggetto di sua proprietà, l’ha rottamata, per restare in tema, e ha subito rivolto le sue attenzioni verso un’altra donna o forse sarebbe meglio dire verso un nuovo oggetto di piacere.
Di fronte a una aberrazione simile, non si può rimanere indifferenti e non chiedersi con sgomento che fine abbia fatto l’amore, quello con la A maiuscola. L’amore, così tanto celebrato nei secoli, in versi memorabili, in pagine emozionanti e in note sublimi, sembra essere capitolato. Intrappolato tra gli squarci di una superficialità prevaricante, ha perso ogni profondità e ha smesso di dare un significato alle nostre vite.
Ma non è stato sempre così, pochi oramai ricordano che i greci usavano ben dodici termini per indicare questo sentimento, consapevoli della sua ricchezza e complessità ne definivano ogni sua sfaccettatura. Primo fra tutti Agape, l’amore puro, incondizionato senza alcuna aspettativa di essere ricambiato, esso è trascendente da ogni egoismo e lega per sempre due anime che si amano oppure Philia l’amore che scaturisce da un’amicizia profonda fatta di lealtà e di fiducia e ancora Eros, la definizione che tutti conosciamo e con la quale identifichiamo l’amore passionale, impulsivo che ci fa perdere la ragione.
E come dimenticare l’amore, terreno e divino, dei sensi e dello spirito, del grande poeta Dante che lo indusse a intraprendere il suo mistico viaggio dagli Inferi al cielo. L’amore fu per lui incitamento e spinta per compiere un percorso interiore di rinascita.
Invece oggi l’amore è ridotto a un superficiale rapporto di convenienza reciproca, quando non ci soddisfa più va in avaria come un prodotto da supermercato.
La logica materialistica che ci circonda ci rende innamorati solo di noi stessi e dei nostri egoistici bisogni.
L’egocentrismo è la vera malattia che logora le nostre esistenze riducendole a gusci vuoti e sterili.
L’amore per noi stessi travalica ogni altro sentimento e il soddisfacimento dei nostri bisogni diventa l’unica nostra ossessione. Appagati dal nostro stesso narcisismo non siamo più capaci di aprirci agli altri, nemmeno verso chi sosteniamo di amare.
Ed ecco che non appena insorge una difficoltà, ne siamo infastiditi poiché non è considerata come un momento particolare per unirsi e lottare insieme ma solo come un ostacolo che ci impedisce di perseguire e ottenere la tanto agognata felicità. E non ci accorgiamo che la felicità non è un podio da conquistare ma un percorso da compiere insieme nell’amore che lega due anime.
Ma nella vacuità della nostra epoca, che ha posto sull’altare falsi miti come la ricerca del piacere, la gioventù eterna, il volere tutto senza limiti, l’amore è stato svilito a un bisogno egoistico, legato alla materialità immediata di avere qualcuno accanto, e non è più capace di coinvolgere le profondità del nostro animo.
L’amore non è più quel sentimento intenso che, parafrasando il Dolce Stil Novo, ci spinge a riflettere su noi stessi per renderci uomini migliori. Esso non induce a nessuna nobilitazione spirituale, esso è solo un istinto verso l’altro, un impulso momentaneo che svanisce con la stessa velocità con cui corre il ritmo accelerato delle nostre esistenze.
L’amore si è trasformato nel riflesso patinato della nostra impellente e inderogabile necessità di soddisfazione e compiacimento personale. Arroccati in questa nostra presunzione di reclamare e pretendere solo diritti individualistici a ogni costo, abbiamo perso la capacità e la maturità interiore di donare una parte di noi stessi. E ci siamo dimenticati che l’amore vero va oltre la quotidianità, è un filo indissolubile che non si spezza per una malattia o un impedimento, ma che si rafforza attraverso il dolore perché amore è anche sacrificio, dedizione e rinuncia.
Ma siamo così assuefatti a questa fatuità che non ci accorgiamo più che siamo rimasti soli, chiusi tra le alte pareti di solitudine che ci siamo costruiti, rinnegando noi stessi e la nostra umanità.