Covid-19, anche i benestanti hanno paura
«Investire nel futuro dell’Italia oltre il Covid-19», è il terzo Rapporto che il Censis ha realizzato per Aipb (Associazione Italiana Private Banking). Il dettagliato resoconto conduce attraverso una fitta analisi utile a comprendere come il Private Banking possa incentivare la ripresa post-epidemia e contribuire al benessere collettivo. Ci dice, tra l’altro, chi siano i benestanti e come vogliano investire il proprio danaro.
Presentato, a Milano, nel corso della XVI edizione del Forum del Private Banking «Wealth for the Future», è stato esposto da Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis. Nel resoconto, svetta la tendenza contemporanea: NO ai Bot e al via ai contanti. Tra gli altri dati in emersione, ve n’è uno che aiuta ad inquadrare le attuali difficoltà in ambito economico. La gran parte della ricchezza discende dal passato, a differenza dei patrimoni di recente acquisizione, che, a paragone, risultano meno ingenti.
Di ordine diverso, ma non meno significativa, la considerazione per cui la classe agiata può potenzialmente contribuire al rilancio economico dell’Italia. Saranno, cioè, gli investimenti a fare la differenza. Sarà il private banking, nelle cui “mani” vengono affidati risparmi per 850 miliardi di euro, ad orientare i benestanti a compiere la giusta mossa. Giusto per quantificare, sono 500.000 le famiglie italiane detentrici di patrimoni finanziari che superano il mezzo milione di euro, ossia il 2,5 per cento circa dei nuclei familiari.
Molto rischioso, ma strategico per l’Italia l’investimento in infrastrutture che, a detta dell’89 per cento degli italiani, costituiscono una priorità. Quanto agli investimenti relativi alla messa in sicurezza del territorio atti a contrastare il pericolo di inondazioni, frane e terremoti, è il 50,7 per cento dei connazionali a contare su questo tipo di investimenti. È, invece, il 39,3 per cento a credere nelle energie alternative; il 33,2 per cento confida, invece, nella ristrutturazione di monumenti, siti archeologici, chiese, opere d’arte; mentre è il 22,5 per cento a valutare l’impiego di somme di danaro nelle ferrovie e nei treni locali. Scende di poco la percentuale, e si stabilizza al 22 per cento, per chi ritiene preferibili i collegamenti stradali e ferroviari tra il mar Adriatico e il Tirreno. Giungendo alla fetta di popolazione statistica, che ammonta al 20,8 per cento, assistiamo ad una inclinazione verso la connessione Internet veloce ovunque. Infine, il 20 per cento ritiene necessario puntare ai trasporti pubblici delle grandi città.
Ma chi sono i benestanti? Il Rapporto Censis-Aipb ci toglie la curiosità e traccia il profilo del benestante-tipo. Si tratta di possessori di un patrimonio finanziario che supera l’ammontare di 500.000 euro (valore medio: 760.000 euro). Di questi abbienti, il 75% foraggerebbe investimenti di lungo periodo per la rinascita economica dell’Italia dopo l’emergenza pandemica da Covid-19, mente per un 71 per cento sarebbero prodighi di consigli circa una capitalizzazione in aziende made in Italy. A temere una patrimoniale sarebbe il 18 per cento dei ricchi. È opinione comune alla metà degli italiani l’introduzione di vantaggi fiscali per chi decide di attuare investimenti.
In un clima di incertezze nel futuro, tra migliaia di difficoltà economiche comuni ai più, neanche i facoltosi riescono a star tranquilli. Più della metà dei benestanti (62,6%) teme che il peggioramento dei tempi possa incidere negativamente sulle proprie vite. Nell’immaginario dei detentori di ricchezza, non è soltanto il rischio economico a costituire un peso (che ammonta alla percentuale del 39,7), a preoccupare ancor più sono le malattie (46%). Gestire il patrimonio renderebbe incline il 66,7 per cento degli abbienti ad investire nelle imprese dell’economia reale. Puntare sulle coperture assicurative per la salute, l’educazione dei figli e la vecchiaia è, invece, prerogativa dell’87,5 per cento di chi vive una vita nello sfarzo. È, inoltre, la fetta del 53 per cento a sperare in garanzie che il sistema di welfare pubblico dovrebbe garantire in futuro attraverso l’elargizione di servizi essenziali; per il resto, chi è nella possibilità di farlo, dovrà corrispondere il costo delle prestazioni ricevute. Per correre ai ripari, alcuni (il 41,8%) componenti della classe agiata hanno fatto ricorso ad assicurazioni, mentre il 24,9 per cento trova utile il ricorso alla sanità integrativa.
È investendo risorse utili nell’economia reale che si concretizzerebbero molti progetti indispensabili alla ripartenza economica dell’Italia. Il must e “investire italiano“. In tal modo, si potrebbero edificare strutture fondamentali e dal notevole peso sociale e sanitario quali ospedali, asili, residence per anziani e infrastrutture vitali, ad oggi, eterne incompiute. A tal fine, si confida nel risparmio privato della classe agiata, che secondo il 46,6 per cento degli italiani è una vera risorsa per il futuro.