Il Terzo Cerchio

Cicerone e la fine della Repubblica Romana

I consigli accademici di alcune facoltà americane, da qualche tempo, stanno rivedendo i programmi di studio nei loro corsi. Alcuni autori sono entrati nel mirino. Tra questi anche Marco Tullio Cicerone che, secondo alcuni sarebbe un autore per suprematisti bianchi. Sicuramente, su molte questioni Cicerone la pensava molto diversamente da noi, uomini del terzo millennio, ma ci sono alcuni aspetti della sua vita e della sua opera che sono molto attuali e importanti per la nostra era.

Marco Tullio Cicerone è stato un avvocato, magistrato e politico romano che ha operato nel periodo della crisi e della fine della Repubblica romana. Nell’anno in cui fu eletto console, il suo rivale politico Catilina tentò un colpo di stato. Cicerone lo scoprì e lo denunciò in Senato. La congiura fu poi repressa nel sangue.

Successivamente, raggiunsero il potere, politici contrari a Cicerone che lo bandirono da Roma, gli confiscarono i beni e lo costrinsero all’esilio. Alcuni anni dopo fu riabilitato e rientrò trionfalmente in Roma, dove riprese in pieno la sua attività politica. Fu un influente senatore in diretto contatto con Giulio Cesare, Pompeo e Licinio Crasso. Dopo la sconfitta di Pompeo, riuscì insieme ad altri senatori e membri di influenti famiglie romane ad ottenere una riconciliazione con Giulio Cesare e i cesariani.

La repubblica era ormai al suo crepuscolo in quanto il potere era detenuto dall’esercito e da Giulio Cesare che governava in modo sempre più dispotico. Questo corso politico fu interrotto da Bruto e Cassio che assassinarono Giulio Cesare in Senato. Bruto sollevando il pugnale gridò il nome di Cicerone. Da quel momento, i cesariani lo considerarono l’ispiratore dell’assassinio. Marco Antonio prese ad attaccarlo pubblicamente in Senato e in ogni occasione pubblica. Cicerone risposte con le Filippiche, una serie di discorsi violentissimi contro Marcantonio, in cui l’ex console dà massima espressione alle sue capacità oratorie. La sua stella cominciò a declinare e finì assassinato da sicari di Ottaviano Augusto.

Cicerone pubblicò moltissime opere filosofiche, politiche e retoriche, un vero e proprio monumento di stile e di cultura. Nel De officiis, suo testamento spirituale, il grande oratore sosteneva che ogni individuo è contemporaneamente membro di varie comunità: la famiglia, il cerchio degli amici, la propria città, lo stato, la kosmopolis. Questa è la famosa teoria dei cerchi concentrici di Ierocle, lo stoico. Per ogni cerchio, Cicerone ha individuato specifici doveri etici a cui ogni uomo non può mai venire meno. Riteneva che la guerra dovesse essere solo l’extrema ratio nella comunità internazionale e che, in ogni caso, ci fossero delle regole di condotta delle azioni belliche.

Dallo stoicismo, Cicerone aveva derivato l’idea che esistesse un diritto naturale universale per tutti i popoli. Tuttavia, era un avvocato e un politico, e in molte parti del De officiis sottolinea come il diritto è imperfetto e vada completato sempre dall’equità e dal comportamento etico del giurista. In definitiva, per Cicerone, uno stato funziona quando le regole del diritto – anche se imperfette – sono un limite all’arbitrio e quando vengono completate dall’equità, dalla passione civile e morale dei giuristi e politici. Questo processo non è il frutto di astratte speculazioni sul diritto naturale, ma dalla pratica quotidiana nei tribunali e nelle istituzioni politiche.

Riprendendo una idea espressa dallo storico Polibio, Cicerone era convinto che non esistesse alcun sistema politico perfetto o perfettibile. Tutti gli ordinamenti sono imperfetti e man mano che vengono a contatto con la realtà tendono a degenerare. La monarchia diviene tirannide, l’aristocrazia diviene oligarchia, la democrazia diviene oclocrazia. E di questa degenerazione, Cicerone aveva fatto esperienza diretta come magistrato e politico della repubblica romana. Nelle Filippiche, Cicerone descrive in modo tremendo la mancanza di cultura e l’incapacità oratoria di Marcantonio, la sua avidità, la sua vita dissoluta con le donne e con i gladiatori dell’epoca. Addirittura arriva ad accusarlo di essersi impadronito dei beni di Pompeo, quando questi era stato sconfitto.

Contro queste forme di degenerazione, una gran parte delle opere di Cicerone sono dedicate soprattutto all’oratoria, o più correttamente alla formazione del giurista e del politico. Tutte queste opere hanno lo scopo di fornire strumenti culturali, giuridici, filosofici e di trasmettere l’esperienza concreta di un politico alle nuove generazioni. Secondo Cicerone, la degenerazione e la crisi di un sistema politico sono quasi regolari e possono essere superate solo con la presenza di un ceto politico dotato di cultura, preparazione tecnica, abilità oratoria, passione civile e morale.

Cicerone stabilisce, quindi, un profondo legame tra pedagogia, cittadinanza e pratica quotidiana del diritto nei tribunali e nelle istituzioni politiche ed economiche. Questo tema è presente in molti grandi opere di pedagogia di John Dewey e di Sergej Hessen. È un tema ricorrente anche nel pensiero di filosofi di diversa estrazione ideologica come il liberale Josè Ortega y Gasset, il cattolico Don Luigi Sturzo e il sovietico Anton Semenovyc Makarenko. Heinrich Pestalozzi ha elaborato addirittura una pedagogia che sembra modellata a partire dalla teoria dei cerchi concentrici di Ierocle e di Cicerone.

In questa prospettiva, le idee di Cicerone sul legame tra pedagogia, cittadinanza e diritto sono validissime anche oggi, nel momento di profonda crisi dell’Italia e dell’Unione europea.

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