L'Intervista

Alfio Patti, la devozione controcorrente per la Sicilia

Alfio Patti, giornalista pubblicista, laureato in Pedagogia, è autore di diversi testi di poesia, saggistica e narrativa che celebrano, promuovono e valorizzano la tradizione, la lingua e la storia della Sicilia. Il cantastorie che nel 2021 è stato inserito nel Reis (Registro delle eredità immateriali siciliane), racconta la devozione controcorrente per la sua amata terra.

Poeta-cantore, Aedo dell’Etna, Ambasciatore della Sicilianità. Chi è Alfio Patti e qual è la sua mission?

Mosso da una naturale tendenza alla poesia, ho fatto uso della parola come strumento per esprimere l’amore, la rabbia, l’ironia, la lotta contro l’ingiustizie della vita: qui la parola si è fatta poesia e la poesia canto e con entrambe le discipline artistiche diffondo, nel mio piccolo, lingua, cultura e storia di Sicilia.

È appena rientrato dal convegno di Bruxelles dedicato alla valorizzazione del patrimonio linguistico siciliano. Ci vuole parlare di questa esperienza?

È stata un’esperienza bellissima e soprattutto interessante. La volontà dell’europarlamentare Ignazio Corrao, che ha voluto 150 siciliani al Parlamento europeo tra accademici, studiosi, esperti, poeti e artisti è stata quella di sottoporre all’UE un “Manifesto della Lingua siciliana” affinché al Siciliano venga riconosciuto il rango di Lingua e non di riduttivo dialetto. Il “qui pro quo” nasce proprio nel definire la Lingua siciliana come “patrimonio linguistico” depistando, così, gli originari dettami espressi nel manifesto originario sostenuto anche dal dott. Aurelio La Torre.

In quell’occasione ho conosciuto persone che hanno fatto, come me, dello studio e della divulgazione del Siciliano una missione. Con loro cercheremo di fare “rete” per far sentire meglio la nostra voce impegnata ogni giorno nella trincea della diffusione e della valorizzazione.

Quali argomenti ha affrontato e quali quesiti gli sono stati rivolti?

A Bruxelles siamo andati, su invito, soprattutto per ascoltare i relatori al tavolo, i professori dell’emiciclo, alcuni esperti e gli studiosi che anche “fuori onda” hanno relazionato le proprie attività culturali, intellettuali e letterarie. È necessario trovare un accordo tra il mondo accademico e quello “non accademico”. Quest’ultimo fuori dalle Università ma non meno valido e non meno attendibile. È proprio il secondo a promuovere ogni giorno e direttamente tra la gente la lingua siciliana. Certo, a noi siciliani manca una “Crusca”, (l’istituzione accademica italiana con personalità giuridica pubblica che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana). Una istituzione del genere anche per noi siciliani farebbe ordine su alcune libertà linguistiche ma soprattutto grammaticali e ortografiche che al momento non sono suggellate in un regolamento ufficiale.

Altri inviti lo hanno portato in contesti internazionali…

Questo non è il primo, e spero nemmeno l’ultimo. Iniziai nel 1990 quando fui invitato per il 160° anniversario de l’Ecole de Barbizon, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi. Nel 2004 fui accreditato dall’Università di Catania, Cattedra di Dialettologia del prof. Gulino, all’Università messicana (Unam), Cátedra Extraordinaria Italo Calvino – per il Convegno: Petrarca y el petrarquismo en Europa y AméricaJornadas Internacionales México) – Città del Messico. Nel 2011 ho partecipato alle conferenze annuali dell’A.A.T.I. (American associaton teachers of italian) tenutesi ad Erice (TP). La partecipazione più importante, però, che mi ha visto protagonista assoluto, è avvenuta nel 2012 all’Unam di Città del Messico dove ho tenuto un seminario di 10 giorni dal titolo: “Allakatalla, cuando la palabra se hace poesía y la poesía canto”) sulla poesia siciliana dal Regale Solium di Federico II ad oggi per 23 studenti iscritti in Italianistica. Nel 2014 mi sono esibito durante una conferenza spettacolo a Catania durante il “Mediterranean Studies Symposium. Mare nostrum: Simposio sul multiculturalismo del Mediterraneo” tenutosi nei locali del Dipartimento di Scienze Politiche, organizzato dall’Università di Catania, quella di Auburn (Usa) e Paris 10, Nanterre, che ha riunito ricercatori, studiosi e studenti di varie discipline inerenti agli studi mediterranei. Nel 2016 è stata la volta di Johannesburg (Sud Africa), presso la sede della Dante Alighieri, Conferenza dal titolo “La solidarietà tra i popoli nella diversità” con l’intervento “Il rivale, l’abitante della riva opposta” insieme a docenti dell’Università di Pretoria. In questa occasione la Sicilia è stata riconosciuta “campione di solidarietà nel mondo”.

Cosa significa per lei amare la sua terra?

Sembra facile ma è difficile rispondere a questa domanda. L’uomo quando nasce instaura con il luogo in cui vede la luce un legame eterno anche se eterni non siamo. Aria, latte, sangue sono gli ingredienti che ti legano indissolubilmente alla tua terra. Chi emigra lo fa per lavoro e perché in Sicilia si vive “con difficoltà” per dirla con Leonardo Sciascia. Qui, nella mia terra, io mi sento un “salmone” perché nuoto controcorrente e con fatica. Ciò non mi impedisce di amarla e di rimanere per dare il mio modesto contributo artistico che poi, in fondo, è anche politico, se intendiamo la politica come “pòlis”, città, assieme di individui, “ecclesia” insomma una fratellanza che non disconosco e nella quale mi identifico.

Progetti per il futuro?

Non sono nato per stare fermo. Progetti ce ne sono sempre e non so se da fare qui o all’estero. Intanto io scrivo e canto. In questi tempi di guerra, vicina e lontana, io combatto pure imbracciando il mio fucile che è la mia chitarra e sparando le mie pallottole che sono le mie parole convinto ancora che il buon senso e la giustizia possano trionfare. Senza giustizia non vi sarà pace.

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