Spettacoli

Al Teatro Brancati: “Da giovedì a giovedì” di Aldo De Bedenetti

In scena al Teatro della Città Vitaliano Brancati: “Da giovedì a giovedì” di Aldo De Benedetti. Con: Cosimo Coltraro, Evelyn Famà, Barbara Gallo, Marta Limoli, Emanuele Puglia, Giovanni Rizzuti. Adattamento e regia: Ezio Donato; scene e costumi: Giovanna Giorgianni; musiche: Matteo Musumeci; produzione: Associazione Città Teatro.

La pièce, esempio emblematico di commedia italiana, sembrerebbe a tratti riallacciarsi alla tradizione di Labiche e Feydeau. Riecheggerebbe in qualche modo il vaudeville (in Italia denominato pochade), commedia intrigante, leggera e brillante, tarda filiazione dell’opera buffa nata, quest’ultima, nel Settecento dai brevi intermezzi comici recitati, cantati e improvvisati, conosciuti anche come Pièce en vaudeville, per divertire il pubblico e alleggerire il dramma dell’opera seria. Con la riforma di Apostolo Zeno e Metastasio, e poi di Gluck, si sarebbero stabiliti canoni formali – fino a Goldoni e a Mozart, giungendo ai trionfi di Rossini e Donizetti – per questa commedia giocosa, piena di equivoci, a volte anche noir, ma sempre a lieto fine: Feydeau e Labiche avrebbero segnato la grande fortuna di questo genere teatrale.
Al di là di tali suggestioni, scavalcando il recupero di una trancia di storia dello spettacolo, la pièce in scena si cala pienamente nell’atmosfera della ‘commedia italiana’ che tanti consensi ha avuto in teatro e soprattutto al cinema nel corso del Novecento.
‘Da giovedì a giovedì’ fu scritta da Aldo De Benedetti (1892-1970) nel 1959 e debuttò al Teatro Eliseo di Roma nel 1961; dieci anni dopo l’autore si sarebbe suicidato. Un difficile percorso aveva caratterizza la vita del drammaturgo ebreo, ricca di successi fino al 1938 (indimenticabile: ‘Due dozzine di rose scarlatte’ del 1936) quando le leggi razziali lo costrinsero all’anonimato, affossando la sua memoria fino al dopoguerra e segnando profondamente la sua esistenza.
Arguta e intelligente la scelta del regista e adattatore Ezio Donato, ben noto al pubblico catanese, e non solo, per le sue poliedriche capacità (docente universitario, autore, drammaturgo, attore, regista, ‘maestro’ di recitazione ed esperto di quant’altro ruoti attorno al teatro), di retrodatare l’ambientazione agli anni Trenta.
Egli trasforma, così, quest’ultima commedia di Aldo De Benedetti in un vero e proprio omaggio all’autore che proprio in quegli anni aveva mietuto i suoi maggiori successi.
Nel 1932, in particolare, aveva scoperto un giovane attore di avanspettacolo promuovendolo a protagonista di ‘Uomini, che mascalzoni’ diretto da Mario Camerini su soggetto di Soldati e dello stesso De Benedetti: era Vittorio De Sica all’esordio di una lunga carriera di successi.
La colonna sonora di quel film, ‘Parlami d’amore Mariù, è recuperata da Donato diventando – insieme alle musiche di Matteo Musumeci – uno dei mezzi per operare una vera e propria full immersion nell’Italia di quegli anni insieme alla diffusione dei media (cinema e radio) utili alla propaganda del regime, a canzonette d’epoca, pubblicità, discorsi del duce, ‘Dio, Patria, Famiglia’, treni che partono in anticipo per non arrivare in ritardo, e…musica per sognare.
E sogna il grande amore, proprio al ritorno dal cinema e ispirata dal film, Adriana (Evelyn Famà) l’ingenua, romantica moglie di un serioso avvocato. Paolo (Emanuele Puglia) è troppo impegnato nel proprio lavoro per prestare attenzione alla ‘mogliettina’. Finché…in questo ambiente alto-borghese, ricostruito da Giovanna Giorgianni, animato dalla ‘sempreverde’ e frivola suocera (Barbara Gallo), vera figlia del ‘modernismo’, e dalla cameriera veneta (Marta Limoli) anche lei segno dei tempi, si insinua il tarlo della gelosia con il contorno di sospetti, investigatori privati, indagini e indagatori (Cosimo Coltraro, Giovanni Rizzuti), pedinamenti, equivoci e litigi, fino a giungere allo scontato ‘happy end’.
È quanto ci ha generosamente spiegato Ezio Donato, in una lunga intervista concessa al nostro giornale, entrando nel cuore di una commedia ricca di – sono sue parole – “ironia, verve, capacità di sorridere e ridere, vicende domestiche che portano la moglie ad avere poca stima del marito geloso, riflessioni sulla vita di una coppia che sembra consolidata, dell’uomo e del suo tempo”.
È tutto un mondo quello che ci ha ‘regalato’ il regista Donato, non un semplice riadattamento di una commedia italiana.
C’è l’omaggio a De Benedetti e alla sua travagliata vita, ma soprattutto c’è la ricostruzione ‘filologica’ di una trancia di storia, uno spaccato della società tra politica, psicologia della coppia, girandola degli equivoci e dei travestimenti, furfanteria e dabbenaggine, romanticismo e scaltrezza femminile, ‘modernismo’ e sentimenti antichi, farsa, ironia e critica sociale; tutto magistralmente composto e ottimamente recitato.
Un mondo che sull’onda della leggerezza e dell’ironia ha divertito il pubblico invitandolo alla riflessione.

Foto e video di Lorenzo Davide Sgroi

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