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Al Teatro Ambasciatori il Mattia Pascal di Buio in Sala racconta l’inquietudine di vivere

Quattro sold out consecutivi per le quattro applaudite repliche di “Mattia Pascal” per la stagione “Classici Sguardi” della Compagnia Buio in Sala dedicata alle scuole secondarie.

Sul palco del Teatro Ambasciatori l’ottimo adattamento teatrale di Irene Tetto de “Il Fu Mattia Pascal”, uno dei romanzi più celebri della letteratura italiana che consacrò Luigi Pirandello tra i grandi del Novecento, l’affiatata Compagnia capitanata da Daniele Bruno nel ruolo del protagonista, Mattia Pascal/Adriano Meis, e composta da  Ketty Governali nel doppio ruolo dell’arcigna suocera e della sensitiva Silvia Paleari, insieme a Giuseppe Brancato, Giulia Epaminonda, Giovanna Sesto, Silvana D’Anca e Antonio Costantino racconta la crisi dell’uomo moderno imprigionato dalle numerose maschere sociali che sfociano nella frustrante inquietudine esistenziale dell’uomo moderno che ritrova nell’umorismo pirandelliano la sua massima declinazione.  

L’attenta regia di Giuseppe Bisicchia e Massimo Giustolisi riporta sapientemente alla luce gli equivoci, la falsità, le simulazioni e le menzogne vissute e narrate in prima persona dal protagonista Mattia Pascal/Adriano Meis che per i due atti, arricchiti dalla scenografia virtuale di Andrea Ardizzone sulla scenografia di Laura Lazzaro, si presenta al pubblico in sala, generoso negli applausi, come “Fu” descrivendosi come un morto vivente ormai privo, a causa del fortuito incidente, inizialmente accolto come ghiotta occasione e successivamente come carcere della propria esistenza, di quella vita ricca di maschere e priva di contenuto. L’ottima prova degli attori che interpretano più personaggi con cambi continui di costume dimostrando versatilità nel passare con agilità dal registro comico a quello poetico,  dal drammatico al grottesco rende l’intera pièce ancora più interessante agli occhi degli spettatori di tutte le età.

La condizione di straniero, di escluso viene magistralmente narrata durante tutto lo spettacolo, che vince la prova di rappresentare correttamente l’aggrovigliato pensiero pirandelliano, messa in evidenza sin dall’incipit iniziale  la quale tocca il culmine durante l’incontro con la famiglia abbandonata a causa della presunta morte constatando che la sua presenza assenza nella vita della moglie, del migliore amico Gerolamo Pomino, ormai uniti nel sacro vincolo del matrimonio con tanto di prole, non interessa a nessuno ed è irreale come la tomba che riporta il suo nome che custodisce i resti di un uomo senza identità proprio come Mattia Pascal, poichè non ha più un posto né nella società né nella memoria di chi credeva che fosse legato a lui per amore e amicizia.

Lo strano caso di Mattia Pascal, attorniato da personaggi allegorici e grotteschi nel dare vita ai diversi personaggi del romanzo, descrive una realtà instabile e relativa, così come instabile e relativa è l’identità degli uomini diventati ormai maschere dove al protagonista dopo aver assecondato la notizia della propria morte ed avere inscenato il suicidio di Adriano Meis non resta che essere quello che era e che aveva rifiutato di vivere ovvero il Fu Mattia Pascal.

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