Agrigento capitale italiana della cultura 2025
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha partecipato alla cerimonia d’inaugurazione di Agrigento capitale italiana della cultura 2025, che si è svolta al Teatro Luigi Pirandello.
L’evento, aperto dall’Inno nazionale eseguito dal coro e dall’orchestra d’archi del Conservatorio “Arturo Toscanini” di Ribera, diretto dal Maestro Alberto maniaci, è stato condotto da Bebbe Convertini e da Incoronata Boccia.
Nel corso della cerimonia hanno preso parola Roberto Albergoni, Direttore Generale della Fondazione Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025; Natalia Re, Presidente Movimento Italiano per la Gentilezza; Giacomo Minio, Presidente della Fondazione Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025; Francesco Miccichè, Sindaco di Agrigento; Renato Schifani, Presidente della Regione Siciliana; Alessandro Giuli, Ministro della cultura.
Agli interventi si sono alternate le esibizioni di Gianfranco Jannuzzo con il monologo “Girgenti amore mio”, del musicista Francesco Buzzurro che ha eseguito il brano “Il quinto elemento Fuego” e di Romina Caruana che ha letto un testo tratto dal suo libro “È solo un gioco di anime”.
Le celebrazioni si sono concluse con l’intervento del Presidente Mattarella.
Il discorso del Presidente Mattarella:
Rivolgo un saluto di grande cordialità a tutti i presenti, al Ministro della Cultura, al Presidente della Regione, al Presidente dell’Assemblea regionale, al Sindaco di Agrigento, al Presidente della Provincia e a tutti i Sindaci presenti, non spettatori, ma partecipi di questo ruolo che si apre con questa occasione, con questa giornata. Un saluto a tutti i presenti, ai giovani, ai ragazzi, per questo anno straordinario che potete vivere e a cui potete partecipare. Un saluto e un augurio particolarmente intensi ai cittadini di Agrigento. Da oggi, protagonisti della Capitale italiana della Cultura per il 2025. Saluti e auguri che si estendono a quanti, sul territorio, saranno impegnati negli eventi in programma. A tutti i Comuni della provincia di Agrigento. Tra di essi, ai lampedusani. Concittadini che le ferite del nostro tempo hanno reso avanguardia della civiltà europea. Espressione di cultura solidale. Agrigento raccoglie questo prezioso testimone da Pesaro, nel centro dell’Italia. Che, a sua volta, lo aveva ricevuto dal nord del nostro Paese: da Brescia e da Bergamo. Una catena di straordinario valore. Che, anno dopo anno, evidenzia il legame fra i diversi centri italiani. Ne mostra radici e progetti per il futuro. Ne pone in evidenza l’amicizia. Mette in rilievo il valore degli scambi tra patrimoni culturali, il valore della conoscenza. L’Italia è colma di luoghi carichi di storia, di arte, di bellezza. Un patrimonio che, accumulato nei secoli, ne ha contrassegnato l’identità. Nel succedersi delle esperienze dei popoli che l’hanno abitata e accresciuta. Nulla, più di questa parte della Sicilia, nulla, più di questa terra, è testimone del valore del succedersi delle civiltà. Natura, storia, cultura, sono elementi del nostro patrimonio genetico. Le metropoli italiane, mete di turismo crescente, non sono i soli centri di gravità. La ricchezza del nostro Paese sta nella sua pluralità. Nella sua bellezza molteplice. A fornire pregio particolare all’Italia sono proprio le sue preziose diversità, le cento capitali che hanno agito, nell’arco di secoli, come luoghi capaci di esprimere comunità. Una grande ricchezza per il nostro percorso nazionale. Eredità ricevuta dai nostri padri. E tesoro da investire per il domani dei nostri figli. Tante realtà, nelle regioni d’Italia, detengono inestimabili risorse che rischiano di deperire senza cura adeguata. I molti tesori della penisola sono strettamente legati alle comunità che li hanno espressi, al loro peculiare sviluppo, e siamo consapevoli che ci sono, oggi, aree in sofferenza, abbandoni necessitati, rischi di spopolamento. Riportare equilibrio nei luoghi dove la natura è stata forzata e in cui risiedono tanti beni della cultura italiana costituisce strada obbligata per favorire una crescita sostenibile, e per rafforzare il Paese nella sua interezza. Uno degli intenti per Agrigento, in questo 2025, è quello di non essere soltanto lo spettacolare palcoscenico della Capitale della Cultura, ma di costituire sollecitazione e spinta per tante altre realtà italiane. È una sfida per accrescere le opportunità dove oggi si sono ridotte. Una voce che afferma che le periferie sono anch’esse motori di cultura e di progettualità. Questa la sfida che il nostro tempo ci presenta. Agrigento intende parlare al resto del Paese e all’Europa di cui è parte. Agrigento, centro irradiatore dell’antica civiltà greca già nel sesto secolo avanti Cristo. L’Akragas di Empedocle, che definì “radici” i quattro elementi che indicava come costitutivi del tutto: il fuoco, l’aria, la terra, l’acqua. Questi quattro elementi sono ora stilizzati nel logo ufficiale di Agrigento Capitale della Cultura: per Empedocle l’unità degli elementi era la scintilla della nascita di ogni cosa, la separazione invece era causa di morte. Un simbolo che ripropone la necessità di ricomporre, di rigenerare coesione, di procedere insieme. Lo chiede il ricordo dei morti delle guerre che insanguinano l’Europa, il Mediterraneo e altre numerose, purtroppo, regioni del pianeta. Lo impongono le tragiche violazioni dei diritti umani che cancellano la dignità e la stessa vita. Lo esigono le diseguaglianze crescenti. Le povertà estreme, le marginalità. Lo richiede il lamento della terra, violata dallo sfruttamento estremo delle risorse, con le sue catastrofiche conseguenze, a partire dal cambiamento climatico. La cultura è una sorgente di umanità cui attingere per dotarci di un nuovo, indispensabile, dinamismo. “Il sé, l’altro, la natura” recita il tema scelto da Agrigento. La connessione tra cultura e natura – che avete posto al centro del vostro programma – è quanto mai attuale, incalzante. La Valle dei Templi, meravigliosa scenografia vivente che domina queste terre da oltre duemila anni, diventa così l’icona più affascinante di quel binomio cultura-natura che si pone davanti al nostro tempo come una prova decisiva. La nostra Costituzione è stata lungimirante, affiancando, nell’articolo 9, la promozione della cultura alla tutela del paesaggio. Mai come adesso comprendiamo l’urgenza di un riequilibrio, di un nuovo sviluppo che potrà essere veramente tale solo se sarà sostenibile sul piano ambientale e sociale. Mai come adesso abbiamo coscienza del fatto che l’opera delle istituzioni e le politiche pubbliche sono importantissime, e tuttavia non basteranno se non verranno sostenute da una corale responsabilità dei cittadini. La percezione del bene comune è cultura. È cultura il sapere di chi è aperto alla conoscenza del mondo, di chi ha sete di conoscere altri uomini, di chi sa che la vita è frutto dell’incontro. La cultura, cioè, è la vita. Un sentiero in cui l’uomo è in perenne movimento, a contatto con la propria storia, con quella degli altri. Le scoperte e la loro condivisione accrescono le opportunità. Non è una condizione statica, l’inerzia che nutre la storia, bensì la crescita del sapere che si trasmette e si diffonde. La crescita dell’incontro, del dialogo. Il cammino di Agrigento nei secoli ne dà testimonianza. L’Akragas dei greci. L’Agrigentum dei romani. La Kerkent degli arabi. La Girgenti siciliana di secoli addietro. Italiani da ogni regione saranno richiamati dal vostro patrimonio culturale, dalle proposte che saprete avanzare. Concittadini di ogni Paese d’Europa, turisti da ogni provenienza. Una frequenza di incontri, di volti, di lingue, di esperienze, di curiosità, destinati a lasciare il segno, ad arricchire le reciproche capacità di comprensione, l’identità di ciascuno. In questo stesso anno l’Italia condividerà con la Slovenia la responsabilità di essere Capitale europea della Cultura con Gorizia e Nova Gorica. Una scelta di altissimo valore in un’area storicamente gravata da conflitti che oggi hanno saputo tradursi in collaborazione e amicizia nell’Unione europea. Dove frontiere contrapposte avevano separato, oggi l’Europa unisce. In un luogo, come Agrigento, ove il patrimonio monumentale è dominante, potrebbe prevalere la convinzione che cultura sia ammirazione delle vestigia del passato. Ma la cultura non ha lo sguardo volto all’indietro. Piuttosto ha sempre sollecitato ad alzarlo verso il domani. Diceva Thomas Eliot: “Se smettiamo di credere al futuro, il passato cesserà di essere il nostro passato: diventerà il passato di una civilizzazione estinta”. Ricordare, tener conto delle lezioni del passato, è fondamentale, ma la storia è levatrice dell’avvenire. Essere fedeli alla propria storia significa, appunto, costruire il futuro. Nel nostro caso l’Italia, con i giacimenti culturali che ovunque la contraddistinguono, è essa stessa lezione di dialogo, di pace, di dignità, per l’oggi e per il domani. Ne parlerete in questo anno. Sapendo che il tema decisivo che investe la cultura è come farne perno di comunità. Come far diventare la conoscenza, l’arte, la cultura, un bene comune, un patrimonio davvero condiviso. Una risorsa sociale che fa crescere e protegge i beni più preziosi: la libertà, l’eguaglianza dei diritti, il primato della persona, di ogni persona, la solidarietà. Luigi Pirandello – cui questo teatro è dedicato – avrà un posto d’onore in quest’anno. Con la sua sagacia, con la sua ironia, con le sue maschere, con la sua capacità di scavare nell’animo umano. Nel ricordare Pirandello, ci accompagna e ci aiuta Andrea Camilleri, anch’egli figlio di queste terre. “Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? – domandava Pirandello attraverso uno dei personaggi in cerca d’autore – Eppure vivono eterni, perché ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l’eternità”. Viviamo un tempo in cui tutto sembra comprimersi ed esaurirsi sull’istante del presente. In cui la tecnologia pretende, talvolta, di monopolizzare il pensiero piuttosto che porsi al servizio della conoscenza. La cultura, al contrario, è rivolgersi a un orizzonte ampio, ribellarsi a ogni compressione del nostro umanesimo, quello che ha reso grande la nostra civiltà. Ad Agrigento, in Sicilia, in tutto il nostro Paese, nella nostra amata Italia. Guardiamo con speranza a questo anno da vivere insieme con la voglia di accogliere, di conoscere, di dialogare, di compiere un percorso affascinante, in compagnia gli uni degli altri. Buon anno da Capitale della cultura!
Selezionata dal Ministero della cultura, tra una rosa di 10 città finaliste, Agrigento è risultata vincitrice per il 2025 con il dossier dal titolo “Il sé, l’altro e la natura. Relazioni e trasformazioni culturali”, incentrato sullo scambio culturale tra i diversi popoli del Mediterraneo.
«Agrigento, con l’isola di Lampedusa e i comuni della provincia, ha assunto come ispirazione, riferimento tematico e obiettivo di questo anno la relazione fra l’individuo, il prossimo e la natura, ponendo come fulcro l’accoglienza e la mobilità. Il programma delle iniziative presentato a un pubblico nazionale e internazionale è di grande interesse. Partendo dalla straordinaria eredità culturale del territorio, infatti, valorizza una variegata offerta culturale, nella quale tradizione, intersezioni e contaminazioni culturali consentono di definire una dimensione innovativa che guarda con fiducia allo sviluppo socio-economico che, con fatica ma con determinazione, la Sicilia ha già avviato». È questo uno dei passaggi centrali del saluto del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani.
«Di assoluto rilievo – ha aggiunto il presidente Schifani – è il coinvolgimento attivo delle giovani generazioni, in una terra che troppe energie perde ancora a causa dell’emigrazione, affinché la cultura possa rappresentare un caposaldo della crescita personale e dell’intera comunità. Il titolo di Capitale della Cultura, che si è ormai consolidato dopo tante edizioni, offrirà ad Agrigento e all’intera Sicilia l’opportunità di rinsaldare e far conoscere le proprie radici, mostrandole agli italiani e agli stranieri che, siamo certi numerosi, verranno a visitarla».
«Da Agrigento, mentre nel Mediterraneo inizia a spirare un flebile vento di pace, la Capitale italiana della Cultura darà l’opportunità di far conoscere quell’incrocio di civiltà che è stato e che è – ha sottolineato – grazie alla capacità di comporre le differenze, di metterle a sistema, di ricondurre le antitesi a sintesi proprio attraverso la cultura e la sua bellezza senza tempo».
«Il governo della Regione – ha continuato il governatore – ha avviato un’azione preparatoria di questo anno particolare promuovendo il concerto natalizio trasmesso dalla Valle dei templi in televisione. Un evento che ha avuto un significativo successo a livello nazionale. Il rilevante sostegno finanziario offerto dalla Regione è giustificato dalla convinzione che questo importante investimento culturale sia una straordinaria opportunità per tutta la Sicilia, così come lo sarà Gibellina prima Capitale italiana dell’Arte contemporanea nel 2026».
«Ad Agrigento, di fronte a questo suggestivo “mare africano, immenso e geloso”, inizia oggi un nuovo cammino. E sarà intersecato da opportunità che occorre cogliere, da sogni operosi da trasformare in nuove iniziative culturali ed imprenditoriali, sorrette dall’impegno per realizzazioni concrete. Questa antica Città – ha proseguito Schifani – come la Sicilia intera, è culla della cultura, della civiltà, della filosofia, della letteratura, del diritto, pur se tra le tremende contraddizioni delle difficoltà economiche e del peso della criminalità mafiosa, i due angeli neri dai quali ci stiamo progressivamente affrancando con una scelta di popolo che si è alimentata col sacrificio di eroi che hanno offerto la loro vita. Pirandello diceva di esser nato in Sicilia e che qui “l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte”».
«Proprio partendo dalla consapevolezza di sé, del proprio retaggio storico, dell’immensa eredità culturale ricevuta, del prezioso ecosistema da preservare e tramandare alle future generazioni – ha concluso il presidente Schifani – ci si deve aprire all’altro, alla comunità, alla natura, al confronto, spesso misterioso, con la diversità (culturale, religiosa, etnica), alla natura. Una visione relazionale, di accoglienza, di dialogo che è l’antico retaggio di un’identità plurale condivisa. Noi in Sicilia facciamo così da secoli. Ed Agrigento potrà essere ancora una volta testimonianza ed emblema dalla cultura siciliana ed italiana».