Abolita in Italia la censura cinematografica
“Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”, lo ha reso noto il Ministro della cultura, Dario Franceschini che ha firmato il decreto che istituisce la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura con il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori. Un intervento ai sensi della Legge Cinema che introduce il sistema di classificazione e supera definitivamente la possibilità di censurare le opere cinematografiche: non è più previsto il divieto assoluto di uscita in sala né di uscita condizionata a tagli o modifiche. La Commissione è presieduta dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno, ed è composta da quarantanove componenti che sono stati scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, nonché designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali.
Su www.cinecensura.com la mostra permanente promossa dalla Direzione Generale Cinema del Ministero della cultura realizzata dalla Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia e dalla Cineteca Nazionale che raccoglie i materiali relativi a 300 lungometraggi e a 80 cinegiornali, ma anche 100 tra pubblicità e cortometraggi, 28 manifesti censurati e filmati di tagli.
In Italia fino alla firma dell’attuale decreto, la censura cinematografica era regolata dalla Legge 21 aprile 1962, n. 161 e dal suo regolamento d’attuazione (D.P.R. 11 novembre 1963, n. 2029).
La censura cinematografica nel nostro Paese negli anni del Secondo Dopoguerra ha avuto risvolti drammatici e ridicoli allo stesso tempo. Introdotta nei primi anni del ‘900 la censura venne sostanzialmente mantenuta inalterata durante il periodo fascista. Le leggi 959/1949 e 161/62 non mutano sostanzialmente le cose. L’Italia rimane un paese dove è difficile realizzare liberamente un film. Numerosi censori fascisti durante gli anni 50′ e 60’ assumono la guida delle varie commissioni censorie: Nicola De Pirro, Giani De Tomasi e Annibale Scicluna Sorge. Quest’ultimo diviene addirittura presidente della Prima commissione di revisione censurando diversi film tra i quali “Guardie e ladri” di Mario Monicelli e Steno con Totò e Aldo Fabrizi, “Anni facili” di Luigi Zampa e Vitaliano Brancati con Nino Taranto, “Totò cerca pace”, “Un turco napoletano” di Mario Mattoli con Totò. In quegli stessi anni subirono la censura anche “Nodo alla gola” di Alfred Hitchcock con James Stewart, “Totò e Carolina” di Mario Monicelli, “Totò e i re di Roma” di Steno e Mario Monicelli, “Adamo ed Eva” di Mario Mattoli con Erminio Macario, l’“Onorevole Angelina” di Luigi Zampa con Anna Magnani, “Due soldi di speranza” di Renato Castellani, “Il cammino della speranza” di Pietro Germi. Anche quando gli ex gerarchi fascisti, per questioni meramente anagrafiche andarono via, la censura nostrana colpì film come “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni, “Novecento” di Bernardo Bertolucci, “Il Pap’occhio” di Renzo Arbore con Roberto Benigni, “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick, “L’ultima tentazione di Cristo” di Martin Scorsese, “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci con Marlon Brando e Maria Schneider.