Noto Antica: viaggio tra le pietre che raccontano una Sicilia dimenticata

Il sentiero che conduce a Noto Antica si snoda tra i profumi della macchia mediterranea, dove la salvia selvatica (Phlomis fruticosa L.) cresce rigogliosa tra le fessure delle rocce calcaree. Ad un tratto, la vegetazione si dirada e appaiono le prime pietre lavorate – quelle che furono le mura perimetrali della città medievale. I documenti angioini conservati a Napoli ci raccontano che qui, nel XII secolo, i normanni edificarono un castello la cui imponenza ancora oggi stupisce: le torri cilindriche, alte originariamente oltre 15 metri, presentano una particolare disposizione delle feritoie che permetteva il tiro incrociato degli arcieri. Camminando tra i ruderi, si notano immediatamente le diverse tecniche costruttive: dai blocchi squadrati dell’epoca sveva alle rifiniture più curate del periodo aragonese. Nella zona che fu il cuore pulsante della città, gli archeologi hanno identificato i resti della Chiesa Madre attraverso un meticoloso studio dei documenti vescovili del 1572, che descrivevano minuziosamente l’edificio con la sua navata unica e l’abside orientata verso est secondo la tradizione paleocristiana. Poco distante, i frammenti di affreschi ancora visibili sul muro del monastero benedettino mostrano tracce di pigmenti blu ottenuti dalla preziosa lapislazzuli, testimoniando quanto questa comunità fosse inserita nelle rotte commerciali mediterranee. Scendendo verso la Cava del Carosello, il rumore dell’acqua che scorre nel torrente Asinaro guida alla scoperta delle antiche concerie: i 17 vasconi scavati nella roccia, studiati dal professor G. Voza, rivelano una perfezione tecnica sorprendente, con un sistema di canalizzazione che permetteva il riciclo continuo dell’acqua. Ogni dettaglio, dalle soglie delle case consumate dal tempo alle ceramiche invetriate esposte al Museo Civico di Noto, racconta una storia precisa e documentata. Il terremoto del 1693, di cui esistono relazioni dettagliate nell’Archivio della Curia Vescovile, non cancellò completamente la città: le recenti scansioni 3D della Scuola Normale Superiore hanno rivelato come l’impianto urbano medievale si sia conservato in modo straordinario sotto gli strati di crollo. Oggi, mentre il vento accarezza queste pietre antiche, possiamo ancora immaginare il vociare del mercato nella piazza principale, il rumore dei martelli nelle botteghe artigiane, il suono delle campane che chiamavano alla preghiera – storie concrete che emergono da ogni pietra, da ogni frammento, da ogni documento d’archivio studiato con cura dagli esperti. Per visitare Noto Antica occorre munirsi di scarpe comode, una buona scorta d’acqua e soprattutto quel senso di rispetto che si deve ai luoghi dove la storia ha lasciato il suo segno più autentico. Un consiglio? Venite al tramonto, quando la luce radente trasforma le rovine in un libro aperto dove ogni ombra racconta una nuova storia.