L'Opinione

L’Otto marzo

Secondo il quadro storico tradizionale  a noi pervenuto, non distante da oggi, in Italia, nel secolo scorso, la donna era dedita al lavoro domestico, quella che avrebbe dovuto provvedere esclusivamente alla riproduzione e all’amministrazione della casa,  anche al centro della cosiddetta  “Propaganda” della costruzione del modello  di moglie e madre, la donna era in una posizione subordinata all’uomo, un sistema maschilista che non prevedeva di approfondire gli studi o tanto meno ribellioni al sistema, nel quale le donne vennero spinte, per quanto possibile, entro le mura domestiche anche secondo lo slogan: “la maternità sta alla donna come la guerra sta all’uomo”, scritto sui quaderni delle ”Piccole Italiane”. Le donne prolifiche, quindi, venivano insignite di apposite medaglie.  La maternità si trasformava in un dovere nei confronti della patria. Dagli anni Quaranta fino alla fine del conflitto, la figura femminile comunque ha svolto molte mansioni, tanto che gli studiosi parlano de “i lavori delle donne”, a indicare pluralità e multiformità di aspetti dell’occupazione femminile. Le fabbriche, proprio in quegli anni, aprirono le porte anche alle figure femminili per sostituire gli uomini chiamati a combattere e per sostenere la produzione bellica. Alle donne vennero così affidati ruoli lavorativi nelle industrie tessili e dell’abbigliamento, nelle industrie alimentari, fino a quelle chimiche per la lavorazione dei minerali, della carta, delle pelli, del legno e dei trasporti. I salari delle donne vennero fissati per legge alla metà di quelli corrispondenti degli uomini. Questa strategia cominciò nella scuola, dove fu formalmente vietato alle donne di insegnare lettere e filosofia nei licei e alcune materie negli istituti tecnici e nelle scuole medie, mentre le tasse scolastiche delle studentesse vennero raddoppiate.  Nel pubblico impiego le assunzioni di donne furono fortemente limitate, escludendole dai bandi di concorso e concedendo loro un numero di posti limitato (in genere il 10%). Furono inoltre vietate loro la carriera e tutta una serie di posizioni prestigiose all’interno della pubblica amministrazione…

Il movimento che si è proposto e si propone il preciso scopo di ottenere l’equiparazione della donna all’uomo sia nel campo civile che in quello socio-politico, e il diritto della donna di realizzare liberamente la propria personalità si chiama oggi femminismo. Questo movimento è tipicamente moderno e nasce in Francia durante la rivoluzione francese, quando nel 1792 Olympe de Douges presentò al governo rivoluzionario una “Declaration des Droits des Femmes” nella quale venivano richiesti per le donne tutti i diritti civili e politici “La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo. L’esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti … questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione (dalla dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Francia 1789).

Nel 1910 a Copenaghen, nell’ambito della seconda internazionale socialista, più di 100 donne in rappresentanza di 17 paesi, scelsero di istituire una festa per onorare la lotta femminile e per l’ottenimento dell’uguaglianza sociale, chiamata Giornata internazionale delle Donne. In Italia, nel secondo dopoguerra, la giornata internazionale della donna fu ripresa e rilanciata dall’UDI (Unione Donne Italiane).

Nel 1975,designato “Anno internazionale delle donne”, le Nazioni Unite incominciarono a celebrare la giornata internazionale delle donne il giorno dell’8 marzo.
Nel dicembre 1977, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che proclamava una “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e la pace internazionale” da osservarsi in un qualsiasi giorno dell’anno da parte degli Stati membri, in accordo con le tradizioni storiche e nazionali di ciascuno Stato. Adottando questa risoluzione, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosceva il ruolo svolto dalle donne e ratificava, l’urgenza di porre fine alle discriminazioni e di ampliare la piena ed eguale partecipazione sociale delle donne.

Articoli correlati

Back to top button