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Dallo scontro alla collaborazione: le mosse di Trump e Putin e l’inazione europea

Trump e Putin di nuovo a braccetto. E no, non è per le terre rare. O meglio, quelle sono il contorno, il pretesto perfetto per giustificare un riavvicinamento che ha un obiettivo molto più ambizioso: riscrivere gli equilibri mondiali, ribaltare l’asse delle alleanze e, se possibile, far fuori l’unico vero nemico degli Stati Uniti: la Cina. Il copione è sempre lo stesso, quello che Trump ha già provato a recitare nel suo primo mandato, con l’isolamento dell’Europa, lo scontro con Pechino e il tentativo (fallito) di una distensione con Mosca. Ora il remake, con un’aggiunta: questa volta non è solo lui a voler cambiare le regole del gioco, ma un intero sistema di potere che si sta spostando dietro le quinte, tra industria della difesa, colossi tecnologici e alleati traballanti.
E qui entra in scena l’altro protagonista della storia: Elon Musk. Perché se c’è uno che in questa partita ha più potere di molti Stati, quello è lui. Non è solo un imprenditore visionario, è un pezzo dello scacchiere geopolitico, un’azienda ambulante che controlla satelliti, auto elettriche, dati, intelligenza artificiale e, soprattutto, il futuro della guerra moderna. Starlink, che ha salvato l’Ucraina dal blackout, è gestito da Musk con una discrezionalità che nemmeno un Capo di Stato: decide dove accenderlo, dove spegnerlo e a chi concederlo. Ha già bloccato l’uso della sua rete per attacchi in Crimea, scatenando il panico tra gli ucraini, e lo farà ancora se gli tornerà utile. Poi c’è Tesla, la sua fabbrica di Shanghai che lo lega mani e piedi a Pechino, e il piccolo dettaglio che ha promesso di eliminare le terre rare dalle sue auto, come se sapesse già che il mercato andrà in quella direzione.
Musk, però, non è un burattino nelle mani di qualcuno, né un agente segreto di potenze oscure. È un imprenditore con interessi globali, che naviga con abilità tra le superpotenze per proteggere le sue aziende. Ha legami con il governo americano, che ha finanziato generosamente SpaceX e Tesla, e con la Cina, dove ha costruito la sua più grande fabbrica di auto elettriche. Se si muove su più fronti, è perché il suo impero dipende dalla capacità di restare in equilibrio tra forze spesso contrapposte. E in questo scenario, un riavvicinamento tra USA e Russia potrebbe aprire nuove opportunità, dai lanci spaziali alle forniture di materie prime strategiche. L’industria della difesa, intanto, guarda con attenzione. Un disgelo tra Washington e Mosca significherebbe meno tensioni e, potenzialmente, meno contratti miliardari per le aziende del settore.
Ma se il vero obiettivo è la Cina, allora il focus potrebbe spostarsi verso un nuovo tipo di guerra: meno carri armati e più cybersicurezza, meno artiglieria e più intelligenza artificiale. Importante è il ruolo delle Big Tech, che si contendono il dominio delle infrastrutture digitali globali e sanno che la partita decisiva non si gioca in Ucraina, ma nel controllo dei dati, delle reti satellitari e delle tecnologie emergenti.
L’Europa, come al solito, guarda e aspetta di capire cosa fare. Ha scommesso tutto sul sostegno all’Ucraina e sull’isolamento della Russia, senza un piano B nel caso in cui gli americani decidano di cambiare idea. Se Trump va fino in fondo, Bruxelles rischia di ritrovarsi sola con le macerie delle sue sanzioni e una Russia che torna a parlare con Washington, ma non con l’UE. E Pechino? Fa la parte di quello che si finge disinteressato mentre cerca disperatamente di tenersi stretto Putin. Se Mosca si sgancia dall’orbita cinese, Xi Jinping perde una pedina fondamentale nel suo piano di espansione globale, e non resterà certo a guardare.
In tutto questo, il punto non è se Trump riuscirà o meno a portare Putin dalla sua parte. Il punto è che il mondo che conoscevamo sta saltando per aria, e mentre tutti guardano le terre rare, il vero gioco si sta spostando altrove. L’equilibrio USA-Europa-Russia-Cina sta per essere ridisegnato, e chi non lo capisce adesso, lo capirà quando sarà troppo tardi.

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