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La Salute globale è davvero a rischio senza una organizzazione sanitaria mondiale?

Il 20 gennaio scorso, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato, tra i primissimi atti, l’ordine esecutivo di fuoriuscita del suo Paese dall’Organizzazione mondiale della sanità. Tra le motivazioni, il fatto che il suo Paese avrebbe “pagato” fin troppo dal 1948 a oggi per la salute globale e avrebbe contribuito assai più della Cina.
Di che cosa è accusata l’Oms? Intanto, e su questo punto a Trump si potrebbe dare una qualche ragione, l’Oms è messa sotto processo “per la cattiva gestione della pandemia e di altre crisi globali, per il suo fallimento nell’adozione di riforme urgenti e per l’inadeguatezza nel mostrarsi indipendente da inopportune politiche di influenza da parte degli Stati membri”. Sotto accusa sono, però, anche le “contribuzioni sproporzionate” richieste agli Stati Uniti: “nel 2022, hanno sborsato 679,6 milioni di euro, un terzo del totale dei fondi diretti degli Stati membri e un quinto delle risorse totali che includono, oltre ai pagamenti dei governi, le donazioni di entità private. Washington è in cima alla lista di entrambi con un miliardo di euro complessivi, secondo i dati della piattaforma dell’Oms, seguito dalla fondazione Bill e Melinda Gates e dall’Alleanza Gavi. Solo nell’ultimo biennio, gli States hanno coperto tre quarti delle spese del programma contro l’Aids e le altre malattie a trasmissione sessuale. Nonché oltre metà di quelle per combattere la tubercolosi”. Secondo Trump, l’organizzazione “continua a chiedere onerose e sproporzionate contribuzioni agli Stati Uniti mentre la Cina, popolata da 1,4 miliardi di persone pari al 300% in più degli Usa, versa un contributo inferiore di circa il 90% al nostro”. Una grande sproporzione che penalizza gli Usa rendendoli ‘defraudati’.
In base a queste considerazioni, Trump ha chiesto ai suoi esperti di “identificare partners internazionali credibili e trasparenti per portare avanti le attività prima svolte dall’Oms” e di “rivedere e sostituire appena possibile” la Strategia di sicurezza sanitaria globale del 2024.

Quali le conseguenze per l’Oms?
A essere minati saranno gli equilibri della salute globale. Grande la preoccupazione dell’Unione Europea (Ue): “se vogliamo essere resistenti – afferma la portavoce Eva Hrncirova – alle minacce alla salute globale, dobbiamo essere resilienti. È fondamentale rafforzare gli impegni per avere finanziamenti prevedibili e flessibili. Con la pandemia abbiamo imparato la lezione: i virus non si fermano ai confini e abbiamo necessità di una cooperazione globale per affrontare le sfide comuni”.
Ma anche negli Stati Uniti la decisione di Trump desta preoccupazione. “La decisione di Trump – sostiene Tom Frieden, esperto di salute e collaboratore dell’Amministrazione Obama – aumenta il rischio di nuove emergenze e rende tutti meno sicuri”. Piuttosto che essere i primi, come nel passato, “a ricevere i vaccini, saremo in fondo alla fila”, aggiunge Lawrence Gostin, docente di Sanità pubblica della Georgetown University.
La collaborazione con l’Oms consente agli Usa di contribuire a determinare la composizione annuale delle vaccinazioni per l’influenza e di avere un accesso rapido ai dati genetici sensibili conservati nelle banche di Ginevra, fondamentali nella produzione di vaccini e medicine.

Chi colmerà il vuoto lasciato dagli Usa quando il ritiro diventerà effettivo l’anno prossimo? “Lo spazio politico aperto dagli Stati Uniti può essere riempito solo dalla Cina.”
Non a caso, la Cina si è candidata immediatamente: “Il ruolo dell’Oms va rafforzato e non indebolito” ha subito ammonito il portavoce della diplomazia Guo Jiakun, aggiungendo che “la Cina, come ha sempre fatto, sosterrà l’Oms nel compimento delle sue missioni” al fine di promuovere “la salute dell’umanità”.
E la salute degli statunitensi? Restare fuori dall’Organizzazione comporterà la perdita dell’ombrello sanitario mondiale. Sempre che Trump faccia sul serio. Allo stato dei fatti, intanto, gli Usa lasceranno ufficialmente l’Oms il 22 gennaio 2026, tra un anno come previsto dal trattato di ingresso. E allora si resta col fiato sospeso, anche nel timore di un effetto domino che porti altri Paesi a defilarsi. La buona notizia – che rappresenta forse uno spiraglio – è che dopo la sollecitazione dell’Oms a non abbandonare questo impegno cruciale, sull’Aids è arrivata la marcia indietro: la deroga appena decisa dagli Usa prevede la continuazione o la ripresa dell’assistenza umanitaria salvavita. L’Oms spera che questo accada anche su altri temi strategici e intanto, per arginare l’effetto-shock, il segretario generale Onu Antonio Guterres ha chiesto agli Usa di procrastinare l’uscita dall’Oms quantomeno di tre mesi e di contribuire alla revisione profonda dell’Organizzazione.

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