L’Unione europea esclusa dai negoziati Russia-Ucraina
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L’Unione europea è stata esclusa dai negoziati di pace tra Stati Uniti, Russia e Ucraina. L’esclusione che è stata confermata dall’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Ucraina, Keith Kellog il quale ha espressamente dichiarato che: “L’Europa sarà consultata, ma non farà parte dei colloqui di pace”.
Parole che sostanzialmente sanciscono che la presenza dell’Unione europea non è ritenuta essenziale da parte degli Stati Uniti.
Un sentore già chiaro quando, qualche giorno fa il presidente americano Donald Trump ha annunciato su Truth di aver parlato telefonicamente con il presidente russo Vladimir Putin, dichiarando di “voler lavorare insieme” e confermando di fatto l’apertura dei negoziati tra Washington e Mosca.
Di conseguenza l’Europa si è ritrovata tagliata fuori dai nuovi giochi politici, all’improvviso consapevole della marginalizzazione del proprio ruolo anche se, finora è stata coinvolta in modo diretto sia dal punto di vista politico che economico, fino ad adesso gli aiuti economici all’Ucraina sono costati all’Ue all’incirca 132mld.
Questa chiara esclusione americana dell’Ue, ha destato parecchia preoccupazione e forse anche una sorta di risveglio tardivo da parte dei leader europei.
Così mentre si prepara un vertice a Riad in Arabia Saudita, dove il segretario di Stato americano, Marco Rubio incontrerà i negoziatori russi e ucraini insieme al consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Mike Waltz e l’inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff, il presidente francese Emmanuel Macron ha convocato un vertice con i principali rappresentanti dell’Ue per concordare una possibile strategia comune.
Mark Rutte, Segretario generale della Nato, ha dichiarato che è perfettamente inutile che gli Stati europei si lamentino di questa esclusione e che, invece, se vogliono stare al tavolo delle trattative, devono organizzarsi.
“Discutete di un piano di Difesa, elaborate un piano strategico…Gli europei attualmente non spendono abbastanza nella loro Difesa…l’obiettivo dovrà essere quello di arrivare almeno a un 3,5% del Pil in spese militari…”
Parole che si ricollegano alle affermazioni, di pochi giorni fa, del segretario americano alla Difesa, Pete Hegseth, il quale ha chiarito agli alleati la strategia statunitense.
In un futuro accordo di pace tra Russia e Ucraina, gli Stati Uniti non hanno alcuna intenzione di impegnarsi a garantirlo con le proprie risorse, questo invece sarà un compito esclusivo dell’Ue.
“Salvaguardare la sicurezza europea deve essere una priorità per i membri europei della Nato” ha affermato Hegseth, senza troppi giri di parole.
In sostanza spetterà solo e unicamente all’Europa un apporto militare in modo da garantire la sicurezza dell’Europa stessa, anche perché gli Usa, così come dichiarato, saranno invece impegnati a fronteggiare le minacce provenienti dalla Cina e dall’Indopacifico.
Lo stesso Trump ha chiesto un aumento fino al 5% di spesa per la Difesa, da parte di ogni Stato europeo, e sia la Svezia che la Polonia sono state elogiate per i loro significativi aumenti sulle spese militari che hanno, appunto, raggiunto il 5% del Pil. Pertanto dovrebbero essere considerati degli stati modello, in quanto se l’Europa dovrà garantire da sola la sicurezza al confine orientale, questo significherà inevitabilmente che ogni Stato Ue dovrà sensibilmente aumentare la propria spesa militare.
E Rutte, in perfetta sintonia con le dichiarazioni americane, non ha esitato a spronare tutti i paesi Ue ad attivarsi in questo senso.
Di conseguenza la Commissione europea ha espresso la volontà di sospendere del tutto i vincoli fiscali per la spesa militare, invece attualmente restano in vigore per sanità, ambiente, scuola e spesa sociale.
La stessa Ursula von der Leyen ha dichiarato che, poiché si tratta di spendere per armi “centinaia di miliardi in più” bisognerà attivare per tutti gli Stati membri un margine fiscale extra attivando la “clausola di salvaguardia” così come per il covid, poiché anche adesso ci si trova “in un altro periodo di crisi che giustifica un approccio simile” che consentirà agli Stati membri il potere di aumentare sensibilmente gli investimenti per la difesa.
La direzione che si vuole intraprendere è chiara
L’anno scorso L’Ue ha speso oltre 370 miliardi di euro in difesa, così come dichiarato dalla stessa Von der Leyen. Però anche se la cifra sembra imponente in realtà corrisponde a poco meno del 2% del Pil, pertanto bisognerà aumentarla di oltre il 3% del Pil, e questo significherà investire centinaia di miliardi in un anno che, tradotti, significa che si dovranno spendere quasi 270 miliardi l’anno.
L’Italia che non ha ancora raggiunto nemmeno il 2% del Pil per le spese per la Difesa, per raggiungere questo 3,5% dovrà passare da una spesa annua di 32 miliardi a 75 l’anno.
Tutte queste previsioni future adesso sono solo parole, ma arriverà il momento in cui verranno convertite in spese e il costo da sostenere risulterà enorme non solo per l’Italia ma per tutta l’Europa che dovrà sobbarcarsi di ingenti investimenti, che secondo il Bloomberg Economics ammonteranno a 3.000 miliardi di euro in dieci anni.
Senza considerare i costi per la costituzione di un esercito regolare che garantisca e mantenga la pace.
Ma il pericolo è dietro l’angolo.
In nome di questa “ipotetica” pace, i governi potrebbero sentirsi giustificati a ridurre ulteriormente i finanziamenti nei già sofferenti ambiti sociale, sanitario, culturale e scolastico.