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I massacri delle Foibe. Ricordare per non dimenticare

Oggi, 10 febbraio, è il giorno del Ricordo, istituito il 30 marzo del 2004.
Per tutti noi è doveroso ricordare questa profonda cicatrice che ancora sanguina nel ricordo di tutte le vittime dei massacri delle Foibe e del conseguente esodo dalle loro terre di migliaia di italiani istriani, fiumani e dalmati.
I massacri delle Foibe, cavità carsiche dell’Istria in cui alla fine della seconda guerra mondiale furono gettati migliaia di civili dopo esecuzioni sommarie, non possono essere sepolti dalla polvere degli anni, ma devono rimanere impressi nelle coscienze delle generazioni attuali affinché vedano l’orrore passato e non lo ripetano più.
Storicamente gli eccidi delle Foibe e il successivo esodo costituiscono l’epilogo di una situazione conflittuale che ebbe inizio quando, nel 1918, nacque e si diffuse il Movimento dei Fasci di Mussolini che perseguiva intenti nazionalistici e mirava ad affermare il predominio della razza italiana su ogni altro popolo.
Fino a quel momento queste comunità multietniche composte da italiani, sloveni e croati avevano convissuto pacificamente le une accanto alle altre.
Ma 1922, non appena il Fascismo conquistò il potere e divenne regime, accentuò il suo programma nazionalistico vietando l’uso di lingue diverse dall’italiano negli uffici pubblici, sopprimendo tutte le organizzazioni culturali slovene e croate. In questa opera di pulizia etnica, italianizzò la toponomastica e tutti i cognomi e discriminò gli slavi nell’accesso alle professioni.
Però, quando nel 1943, il regime fascista di Mussolini decretò il proprio fallimento con la storica riunione del Gran Consiglio del Fascismo e il partito Fascista si sciolse seguito dalla resa dell’8 settembre, nelle due capitali, Zagabria in Croazia e Lubiana in Slovenia, presero il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia “Tito”.
Queste sconfissero i famigerati “Ustascia” cioè i fascisti croati agli ordini del dittatore Ante Pavelic che si erano macchiati di orrendi crimini. E i “Domobranzi” che non erano fascisti, ma non per questo meno odiati, ma ragazzi di leva sloveni chiamati alle armi da Lubiana in quanto la Slovenia era stata incorporata all’Italia come regione autoctona.
Una prima ondata di violenza si verificò subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre. In Istria e in Dalmazia i partigiani iugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che avevano amministrato con particolare durezza con la loro opera di italianizzazione.
I fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, vennero torturati e poi gettati nelle Foibe.
Ne furono uccisi circa un migliaio e furono le prime vittime di una lunga scia di sangue.
Tito e i suoi uomini miravano a riconquistare la Slovenia e la Croazia, di fatto annesse al Terzo Reich, ma anche la Dalmazia, l’Istria, tutto il Veneto fino all’Isonzo, secondo un preciso piano politico.
Ma furono tenuti a freno dai tedeschi con una dura repressione, con stragi di civili, rappresaglie e paesi incendiati e distrutti.
Però poi,quando nel 1945 il Terzo Reich venne sconfitto definitivamente, gli uomini di Tito, irreggimentati del IX Korpus e la loro polizia segreta l’OZNA, non ebbero più ostacoli.
L’Esercito iugoslavo occupò l’Istria e puntò direttamente a Trieste, ma gli alleati, con la Divisione Neozelandese del generale Freyberg, che avanzavano dal sud della nostra penisola, riuscirono a contrastarli e a liberare prima Venezia e poi Trieste che ancora formalmente era in mano ai tedeschi che, asserragliati nella Fortezza di San Giusto, si arresero subito.
In questo modo impedirono a Tito di prendere Trieste.
Allora la rabbia degli uomini di Tito si riversò sugli abitanti inermi in una catena di sangue e di orrore che tra il maggio e il giugno del 1945 portò alla morte tra 4.000 e 6.000 civili innocenti. E costrinse circa 250.000 di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia a lasciare la propria terra.
I primi a finire nelle Foibe furono carabinieri, poliziotti e i pochi militari fascisti rimasti e i collaborazionisti che non erano riusciti a scappare, al loro posto furono catturati anche mogli e figli per vendetta.
Le uccisioni furono spaventosamente crudeli.
I prigionieri venivano legati l’uno all’altro con un lungo filo di ferro stretto ai polsi e poi disposti lungo i bordi delle Foibe.
I partigiani iugoslavi sparavano non a tutti ma solo ai primi tre o quattro in modo che questi cadendo in fondo alle Foibe trascinassero anche gli altri che venivano così condannati a sopravvivere per giorni sui cadaveri, fino alla loro morte.
Si calcola che a Trieste 3.000 innocenti furono gettati nelle Foibe.
A Fiume le uccisioni furono così tante che la città si spopolò.
Il dramma delle terre italiane si concluse solo nel 1947 con la firma del trattato di pace a Parigi in cui si decise il confine tra Iugoslavia e Italia che dovette cedere numerose città a maggioranza italiana come Zara, Dalmazia, isole del Quarnaro, Fiume, Istria e parte della provincia di Gorizia.
Questo trattato concesse alla Iugoslavia di confiscare tutti i beni dei cittadini italiani con l’accordo che poi sarebbero stati indennizzati dal governo di Roma.
Ma questo causò due ingiustizie, la prima fu l’esodo di massa di intere famiglie senza più alcun bene e la seconda è che questi cittadini italiani non sono mai stati indennizzati dallo Stato Italiano.
I massacri delle Foibe sono una delle pagine più tristi e vergognose della nostra storia che però meritano di rimanere vive e di non perdersi nell’oblio, per restituire giustizia e dignità a tutte le vittime.
Oggi non è il momento di fare polemiche sterili e inutili, che ingigantiscono o diminuiscono l’importanza degli eventi a seconda della convenienza ideologica, ma è il giorno per ricordare una tragedia assurda e immane: la tragedia che hanno vissuto le terre orientali dell’Italia e i suoi abitanti, privati della libertà e della vita in modo brutale.

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