Sanità

Il mancato rinnovo del contratto per i medici e il personale sanitario

La firma per il rinnovo del contratto del personale medico e sanitario era prevista per gennaio 2025; i sindacati però non hanno trovato un accordo e il tanto atteso rinnovo è sfumato. Il nuovo contratto avrebbe interessato circa 581.148 tra medici ed altre figure che lavorano negli ospedali; a pesare è stata la mancata firma da parte di Fp, Cgil e Uil Fpl, ma a far saltare il banco è stata la decisione contraria del Nursing Up.
“Abbiamo deciso di non firmare la preintesa, perché questo contratto non risponde alle richieste che, da moltissimo tempo, avanzano i lavoratori della sanità” – commenta a caldo Alfonso Guerriero, infermiere e Responsabile coordinamento nazionale infermieri Fp Cgil – “In questo contratto le risorse sono insufficienti, non è possibile che per avere uno stipendio adeguato i lavoratori debbano ricorrere sistematicamente agli straordinari”.
La Fials, invece, pur avendo più volte sottolineato quanto le risorse messe in campo dal governo per il settore ospedaliero fossero insufficienti, si era fortemente battuta per il rinnovo del contratto, che avrebbe dato un po’ di respiro ad un settore che negli ultimi anni sembra essere sempre più agonizzante.
Anche Milena Gabanelli, in un suo recente intervento sul Corriere della Sera, ha dichiarato che la mancata firma del contratto è da considerarsi un’occasione sprecata, visto che ad oggi in Italia mancano circa 60 mila infermieri; per quanto inadeguato a ricoprire i costi dell’inflazione il rinnovo del contratto avrebbe comunque contribuito a rimpinguare una busta paga troppo misera, consentendo in seguito ai sindacati di riprendere a trattare con maggiore forza per il nuovo rinnovo contrattuale previsto a partire dal 2025.
Ci troviamo oggi di fronte ad un vero e proprio paradosso: malgrado da molti anni le lauree in medicina o nelle professioni sanitarie siano tra le più ambite dagli studenti che escono dalle scuole superiori, la tenuta del sistema sanitario nazionale è a rischio di collasso a causa delle ridotte assunzioni e degli stipendi troppo bassi. I nuovi medici e infermieri immessi in ruolo infatti non coprono i pensionamenti e il fenomeno delle dimissioni volontarie per fuggire nel privato è diventato inarrestabile. I turni di lavoro negli ospedali sono massacranti e se a questo si aggiunge uno stipendio inadeguato e una ridotta possibilità di fare carriera è chiaro che il rischio di burn out per medici e infermieri è davvero elevatissimo.
Negli ultimi anni poi è emerso un fenomeno nuovo e allarmante: la violenza contro il personale medico-sanitario è aumentata a dismisura. Le cifre sono altissime: si parla di 25.940 episodi di aggressioni al personale sanitario nel 2024. Lombardia, Campania, Puglia, Lazio e Sicilia hanno fatto registrare i maggiori incrementi nell’anno appena concluso. Si tratta di un aumento di circa il 33 per cento rispetto all’anno precedente. Il questionario ONSEPS contro violenza medici e odontoiatri 2024 ha inoltre evidenziato in queste violenze un problema di genere: individuando “nell’infermiere donna e nell’altro personale ricompreso tra gli esercenti le professioni sanitarie sempre di genere femminile, le categorie che costituiscono la tipologia di operatore sanitario su cui si concentrano maggiormente in numero assoluto gli eventi di aggressione e violenza, evidenziando la possibilità di definire l’inquadramento di questo specifico fenomeno nel più ampio contesto della violenza contro le donne. Inoltre, è importante sottolineare come il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario assuma una particolare rilevanza nell’ambito della medicina veterinaria”.
Sempre la relazione ONSEPS ha suggerito alcune tra le possibili cause di questi fenomeni di violenza: i tempi di attesa troppo lunghi (soprattutto nei pronto soccorsi), le condizioni connesse al setting ospedaliero (mancanza di posti a sedere, di letti, di riscaldamento/aria condizionata), le aspettative irrealistiche da parte dei pazienti e la mancanza di competenze nella comunicazione tra gli erogatori delle prestazioni; se gli operatori infatti lavorano in contesti altamente stressanti ed emotivi, anche i pazienti e i loro familiari sono fortemente vulnerabili e spesso emotivamente instabili: si trovano di fronte alla malattia dei loro cari e alla sua possibile evoluzione che spesso non comprendono e non accettano. Tra le strategie di mitigazione del fenomeno della violenza l’ONSEPS suggerisce quindi di “potenziare il personale di sicurezza” ma anche “la formazione”. Pertanto, è fondamentale che il personale ospedaliero tutto, e quello che lavora al pronto soccorso ancor di più, adotti delle strategie di comunicazioni efficaci in grado di tranquillizzare sia i pazienti che i parenti in attesa. Sarebbe necessaria una formazione del personale ospedaliero in tal senso, che adesso o manca del tutto o è insufficiente e inefficace.
A causa della complessità della situazione è facile capire perché, “dal 1 gennaio 2023 al 31 agosto 2024, più di 10.320 tra medici e professionisti sanitari italiani hanno chiesto di lasciare il nostro Paese”. È il dato che emerge da un’indagine realizzata da Amsi e Umem. Molte borse di studio per gli specializzandi vanno addirittura deserte.
I nostri medici lasciano gli ospedali per la professione privata, molto più gratificante e remunerativa, e spesso cercano lavoro all’estero.
Eppure, soprattutto dopo la pandemia covid, moltissimi sono i giovani che hanno scelto di studiare medicina o professioni sanitarie. Per alcuni indossare il camice bianco e poter aiutare le persone è il sogno della vita; quello che li porta ogni anno ad accalcarsi per superare test d’ingresso difficilissimi e un percorso di studio lunghissimo e pieno di sacrifici. Talenti che poi il SSN spreca o che vanno a lavorare in altri paesi europei o all’estero.
C’è una storia, che oscilla tra fatto e leggenda, che i libri di medicina attribuiscono all’antropologa Margaret Mead. “Uno studente chiese all’antropologa Margaret Mead quale riteneva fosse il primo segno di civiltà in una cultura. Lo studente si aspettava che Mead parlasse di ami, pentole di terracotta o macine di pietra. Ma non fu così.
Mead disse che il primo segno di civiltà in una cultura antica era un femore rotto e poi guarito. Spiegò che nel regno animale, se ti rompi una gamba, muori. Non puoi scappare dal pericolo, andare al fiume a bere qualcosa o cercare cibo. Sei carne per bestie predatrici che si aggirano intorno a te. Nessun animale sopravvive a una gamba rotta abbastanza a lungo perché l’osso guarisca.
Un femore rotto che è guarito è la prova che qualcuno si è preso il tempo di stare con colui che è caduto, ne ha bendato la ferita, lo ha portato in un luogo sicuro e lo ha aiutato a riprendersi.
Mead disse che aiutare qualcun altro nelle difficoltà è il punto preciso in cui la civiltà inizia”
Ormai è giunto il momento che il nostro governo, da un lato, e le diverse sigle sindacali dall’altro, tornino a dare il giusto peso ai medici e agli infermieri, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda il rispetto che tale professione merita, perché, come disse la Mead “Noi siamo al nostro meglio quando serviamo gli altri. Essere civili è questo”.

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