Trump, Musk e le nuove autocrazie economiche e digitali. La democrazia è in pericolo?
Nel saggio “Autocracy Inc. The Dictators who want to run the world”, la saggista statunitense, naturalizzata polacca e vincitrice del premio Pulitzer, Anne Applebaum, afferma che stiamo andando verso un nuovo tipo di guerra globale: non si tratta di una nuova guerra fredda, ma di un nuovo tipo di autocrazia caratterizzato da un insieme di regimi del tutto eterogenei tra loro per ideologia, geografia e scelte religiose (Stati Uniti, Russia, Corea del nord, radicalismo sciita in Iran, giusto per fare alcuni esempi) che operano come vere e proprie come aziende.
Ciò che unisce questi nuovi dittatori, afferma la Applebaum, non è un’ideologia o un sistema di valori ma la spietata determinazione a preservare il loro potere economico e la loro ricchezza a tutti i costi.
Per raggiungere tale ambizioso obiettivo, però, i nuovi autocrati devono privare i cittadini di ogni influenza reale e della possibilità di far sentire la loro voce, e reprimere all’interno dello stato ogni forma di controllo e trasparenza. Da qui il disprezzo per la giustizia e per la democrazia (quando queste ultime risultano essere d’intralcio ai loro programmi)
I loro veri nemici, continua l’Applebaum, siamo NOI, i paesi democratici, l’ONU, la NATO e l’Unione Europea.
Si è appena insediato il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump, per il suo secondo mandato; mandato che molti, dopo l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio del 2021 e il processo per impeachment (dal quale è stato poi assolto), avrebbero ritenuto fino a qualche tempo fa del tutto inverosimile. Tanto più che da pochi giorni il tribunale di New York ha ritenuto Trump colpevole di una serie di reati. Si tratta quindi del primo presidente USA con la fedina penale sporca.
Se per anni gli USA sono stati visti in Europa, a torto o a ragione, come gendarmi che salvaguardavano gli equilibri dell’Occidente, oggi con la seconda elezione di Trump l’America sembra piuttosto voler diventare una fortezza con tanto di mura. Trump vuole espandersi (territorialmente ed economicamente) e afferma di voler comprare il Canada e la Groenlandia, vuole far saltare le Nazioni Unite e, quasi indisturbato, porta avanti la sua battaglia contro l’immigrazione per preservare, a suo dire, l’identità americana.
Nella sua corsa alla Casa Bianca questa volta è stato aiutato dal magnate di origine sudafricana Elon Musk il quale, nel breve volgere di un paio di anni, è passato dall’essere un fervente democratico a sostenere economicamente la campagna presidenziale di Trump e per questo è stato subito nominato capo del nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa.
Elon Musk è sicuramente un genio (Tesla, Neuralink e Space X sono solo alcune delle sue creazioni), ma anche, come sostiene il suo stesso biografo, Walter Isaacsoon, un “uomo bambino”, una sorta di “Doctor Jekill e Mister Hyde sempre in lotta contro i suoi demoni”; oggetto di bullismo da piccolo e quindi cresciuto con un enorme desiderio di rivalsa è anche un noto consumatore di droghe (come la chetamina); oltre al suo immenso potere economico controlla anche una buona fetta dei social network mondiali da quando nel 2022 ha acquistato Twitter (rinominandola X).
Musk non ha potuto concorrere direttamente alle elezioni americane, essendo sudafricano, ma è chiaro che questa volta Trump non potrà governare da solo. Sembra, per citare Marco Travaglio in una sua recente intervista, che Musk voglia diventare “l’imperatore del mondo”.
Si spiegherebbe così il costante attacco all’Europa sferrato da Musk negli ultimi mesi: su X pubblica quasi ogni giorno frasi razziste o contro l’ideologia WOKE e dichiarazioni provocatorie contro i leader moderati; sostiene apertamente partiti di estrema destra; ha applaudito alla vittoria in Austria di Herbert Kikckl, conservatore ed euroscettico, e in merito alle future elezioni tedesche che si terranno il 24 febbraio e che vedono in corsa per la cancelleria Alice Weidel, co-presidente del partito di estrema destra Alternative fur Deutschland, Musk ha dichiarato: “Solo AfD può salvare la Germania dalla fine della storia”. Ricordiamo che non si sono ancora spente le polemiche relative ad alcune frasi della Weidel che ha sostenuto che “Hitler era un comunista. Ha finanziato tutto con denaro pubblico e nazionalizzato l’industria”.
Il miliardario magnate della tecnologia non ha lesinato attacchi neanche al primo ministro inglese laburista, Keir Starmer; in una raffica di post sulla sua piattaforma sociale X, a proposito della polemica su una serie di stupri avvenuti negli anni in Gran Bretagna, il miliardario ha preso di mira il primo ministro accusandolo di essere stato “profondamente complice degli stupri di massa in cambio di voti”. Ha anche definito il ministro della tutela Jess Phillips un “apologeta del genocidio dello stupro” e ne ha chiesto l’incarcerazione.
In Italia i rapporti tra la premier Meloni e Musk sono noti. Qualche tempo fa era uscita la notizia (poi smentita dalla stessa Meloni) che l’Italia fosse pronta a firmare un accordo miliardario con Starlink, mettendo così la sicurezza delle telecomunicazioni italiane nelle mani di Musk. Secondo Bloomberg, una multinazionale operativa nel settore dei mass media con sede a New York, ci sarebbe stato un avanzamento delle trattative dopo la visita a sorpresa di Meloni a Donald Trump, domenica 6 gennaio nella sua villa di Mar-a-Lago, in Florida. Palazzo Chigi ha detto di considerare l’ipotesi di un accordo con Musk semplicemente ridicola, ma la sintonia su diversi fronti tra Meloni, il neoeletto presidente degli Stati Uniti e il magnate sudafricano non sono certo nuove.
“Meloni ora è obbediente a Trump e pure a Musk”, ha detto l’ex premier Romano Prodi a Omnibus su La7, continuando a gettare benzina sul fuoco delle polemiche.
L’Europa democratica a quanto pare è duramente sotto attacco e il mondo sembra ogni giorno spostarsi più a destra.
Anche Mark Zuckerberg sembra essersi allineato con questa tendenza (forse per compiacere Trump?) con l’eliminazione del fact checking (il programma che controllava le fake news su META e bannava i contenuti ritenuti offensivi, come quelli contro la comunità LGTBQ o a favore degli stupri).
“Lavoreremo con il presidente Trump per respingere i governi di tutto il mondo che se la prendono con le società americane e premono per una censura maggiore” ha detto Zuckerberg, ed ha anche accusato l’Europa di avere istituzionalizzato la censura con leggi che rendono impossibile l’innovazione.
Liberalizzare le fake news facendo passare la verità dei fatti per censura, però, è il modo più semplice per creare una società distopica di stampo fascista, dove la verità appartiene a chi ha i soldi e può controllare l’informazione. I rischi per la democrazia mondiale sono molto pesanti.
Resta da chiedersi perché il mondo stia passando, in modo quasi silenzioso, nelle mani di queste nuove forme di autocrazia?
Questa tendenza è stata sicuramente alimentata da un sistema economico mondiale che genera sempre più diseguaglianze e insicurezze. Le persone economicamente fragili e i giovani sono stati i più duramente colpiti e si è creato un clima di smarrimento e sfiducia (mentre la memoria del fascismo e dei totalitarismi si è andata via via affievolendo). In questo quadro la destra radicale ha saputo sfruttare bene il malcontento utilizzando i Media, mentre la sinistra è rimasta a guardare. Lo sbaglio di tutte le sinistre, nel mondo occidentale, è stato quello di accettare senza una seria opposizione che i più giovani crescessero in un contesto in cui pensieri fascisti e omofobi sono la norma e dove corruzione e ingiustizie non vengono mai realmente punite (soprattutto ai piani alti).
Per tornare alla Applebaum dobbiamo ricordare che le autocrazie non sono tratti genetici, ma sistemi politici. Per questo si può lottare per cambiarle e arrestarle. Dobbiamo però uscire da questa passività che ci spinge ad accettare tutto: le guerre, le diseguaglianze, gli insulti contro le minoranze, un sempre minore rispetto delle leggi.
Dobbiamo informarci, indignarci e tornare a lottare per i nostri diritti.
Se non ci svegliamo subito da questo torpore i sistemi democratici potrebbero fare la fine della rana bollita di Chomsky: a furia di essere abituati all’acqua calda non riusciranno più ad uscirne quando questa diverrà bollente.